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giovedì 7 giugno 2012

Se gli ebook non bruciano sono veri libri? (Omaggio a Ray Bradbury)


E quando ci domanderemo cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.

“Fahrenheit 451”- Ray Bradbury (1920-2012)

Non sono certo all’altezza di poter commentare il genio e la forza delle opere di Ray Bradbury, la sua straordinaria capacità di creare mondi e ospitarti all’interno per darti nuovi punti di vista sull’uomo e sulla storia.
Ho però un aneddoto che riguarda una delle sue opere e che oggi, in memoria della sua scomparsa, e desidero metterlo lì, nel mare magnum delle cose scritte.

Sei anni fa aspettavamo ospiti dall’Austria. Si trattava di una coppia con due bambini di 6 e 4 anni. Dovevano arrivare a Roma in treno, per visitarla e visitarci. Durante il viaggio, il più piccolo ha cominciato a stare male, a vomitare. La diagnosi telefonica del pediatra austriaco interpellato nella notte a distanza dai genitori fu di appendicite. Allertato, caricai la famigliola abbacchiata e spaesata alla Stazione Termini per scaricarla dopo venti minuti al Bambin Gesù. La diagnosi era esatta. Il pupo fu trattenuto e in breve operato.
La mamma e il papà si alternavano preoccupati al capezzale in quell’ambiente nuovo, un po’ ostile, dove tutto avveniva in una lingua sconosciuta.
A me appiopparono il fratellino grande, parlante solo tedesco, diffidente nei miei confronti come una recluta verso un sergente sovrappeso di un esercito con coscrizione obbligatoria. Comunicando poco e solo a gesti visitammo il Colosseo, lo lusingai con un gelatone, e poi venne il tempo di portarlo a casa.
Dall’ospedale nessuna notizia e la tv era l’unica risorsa a disposizione per allentare la tensione ma anche lì, guarda il caso, era tutto in italiano.
Frugai tra i DVD e gli unici due doppiati anche in tedesco erano “Eyes wide shout” e “Fahrenheit 451”; senza esitazioni scelsi il secondo.
Il bimbo, accortosi che non si trattava di cartoon americano o di favoletta scandinava con renne volanti, storse il naso ma almeno ebbe fin dall’inizio il conforto della lingua madre.
Rimasi accanto a lui per tutta la prima visione, per skippare eventuali scene forti e comunque assumermi ogni responsabilità per i danni eventuali alla sua psiche. Venne la seconda visione immediatamente dopo, la terza col papà al suo rientro dall’ospedale (la prima commentata, arricchita da domande e risposte). Il giorno successivo i pompieri incendiari andavano ancora e ancora per lo schermo e quando il fratellino appendictomato fu rilasciato dall’ospedale venne accolto sulla porta dall’incitazione a correre in soggiorno, davanti alla tv a vedere questa storia incredibile dove gli uomini cattivi  bruciavano i libri, e gli uomini buoni imparandoli a memoria li difendevano, i libri, gli uomini, forse anche quelli cattivi (da se stessi).
L’ho rivisto recentemente quel bambino immerso nella storia come un anatroccolo nello stagno, sta bene e si ricorda tutto. Me lo ha detto accennando al fatto che quella solitudine intrecciata a forza nella trama di una storia così potente è stata per lui una cosa importante.

Forse i libri vanno bruciati per essere salvati.

Grazie a Bradbury e Truffaut