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giovedì 19 maggio 2016

Spunti e sensazioni dopo una giornata al Salone del Libro di Torino

Ho passato la giornata di lunedì 16 al Salone del Libro a Torino. 

Erano 4 anni che non ci andavo. Ho speso con allegria un mucchio di soldi, mi sono divertito. Ho notato come tante cose siano cambiate. 
Alcune credo utile socializzarle per chi è interessato almeno un poco alla cultura, e dunque al futuro del Paese.

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Inizio dalla fine: una mutazione antropologica è in atto. Si legge sempre meno e - quando lo si fa - per ragioni diverse. La percezione è che la lettura sia considerata un'attività inutile socialmente e culturalmente e dunque legata alla sfera del 'possibile' ma non del 'necessario'. La parola scritta è forse di per sé troppo impegnativa come concetto in un mondo liquido come il nostro. Quando una cosa è considerata inutile, finisce tra gli hobby, allo stesso livello che collezionare sabbia o bambole di porcellana.
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Gli editori piangono, lacrime e sangue. E ci mettono l'anima, come sempre. Sarà che molti sono amici ma lo scenario raccontato è stato a tratti devastante: vendite in calo, visitatori del Salone in picchiata (tante scuole che si portano la merenda e fanno volume senza comprare un volume), librerie stremate. Quasi tutti, sapendo che sono un lettore accanito, mi hanno regalato libri, e mentre li accettavo vedevo il piacere nei loro occhi.
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Senza cercarle ho fatto due consulenze al volo per progetti di crowdfunding letterario a editori che mentre prendevano appunti si chiedevano come fosse possibile ridursi così. (Tutti mi hanno ringraziato con “Prenditi un libro, sceglitelo dal banco”)
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Tante le scuole elementari, un po' meno le medie e le superiori. Il comportamento di queste ultime mi ha colpito: zero curiosità, tutti negli stand dei grandi e riconoscibili editori a sfogliare i libri che hanno già a casa, scritti da blogger o zeppi di riferimenti scopaioli senza ragione (o tutte e due le cose assieme).
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Se c'è salvezza, arriverà dalla generazione che ora fa le elementari: leggono, toccano, creano, sono a loro agio, fanno domande, basta lasciarli fare.
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Però il numero dei libri improbabili cresce ogni anno. Ho visto con i miei occhi “Il Complotto sulla morte di Rino Gaetano”, “Guarire dal tumore concentrandosi sul lavoro”, “Paleggiare con le tette”, questi e altri invocavano a gran voce l'introduzione del reato di Apologia del Cretinismo. Temo in crescita anche il numero dei lettori improbabili.
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Scorgo lo stand di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura. E' un progetto fantastico e innovativo, voglio saperne di più: sono circa le 13, allo stand non c’è nessuno, ipotizzo siano in pausa pranzo, peccato che alla Fiera non ci siano saracinesche da tirare giù. Butto un’occhiata agli scaffali dove sono esposti esclusivamente alcuni volantini sulla città,  un libro sulla visita di Papa Wojtyla in Basilicata e un semestrale protoletterario di scarso interesse denominato l’Appennino
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Approfitto con slancio della copia-omaggio allo stand de Il Fatto Quotidiano: non lo leggevo da tre anni circa e l’ho trovato imbarazzante, sciatto e con una profondità di analisi da rimestio nella fuffa. Impostato secondo scelte editoriali e di priorità tematiche che seguono logiche a me incomprendibili. Di certo sono fuori target...
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Scovo un libro simpatico per ragazzi: una parodie a strisce disegnate al computer de La Divina Commedia. Sto per comprarlo. “Fanno 25 euro,” dice l’editore. “Cosa?” strabuzzo io, immaginandolo già coperto di macchie di gelato e caccole (il libro, non l’editore). E glielo lascio lì.
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Interessante l’ampia zona bianca dedicata alle start up volte all’innovazione in campo editoriale. Sbirciamo nel futuro, mi dico. Molte app, servizi web per georeferenziare libri, addendum a ebook. Quasi tutte proposte sbilenche, senza un business model plausibile, rivolte a soddisfare bisogni inesistenti, preincubate in un luogo dal nome figocriptico e che ha tanto bisogno di loro per giustificare la propria esistenza.
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In chiusura sua maestà il Cibo. Un mezzo padiglione era dedicato a libri sul tema. Ovunque ritornava prepotente, alimentato dalle mode televisive e dai caratteri macchiettistici dei Cuochi trasformati tutti in Chef. I libri hanno copertine e foto di stampo pornografico, con la libidine del dettaglio superiore al piacere del tutto. La parola Vegan troneggia qua e là sdoganata da Crozza, finchè Crozza non decide di prendere in giro i possessori di cani dal pelo corto.
Io, se guardo al mondo degli adulti che frequento, vedo ben pochi che cucinano, sempre meno, e i supermercati invece zeppi di monoporzioni precotte. Però - ammettetelo - un bel libro di 3 chili su “Come cucinare nelle cocotte” non si nega a nessuno, fa tanto chic.