Qualche mese fa un editore amico mi chiese se fossi
disponibile per un progetto particolare: scrivere un libro che raccogliesse
l’eredità spirituale di un uomo, destinato a figli e i nipoti. Si trattava di una persona che aveva avuto alte cariche
pubbliche e voleva fissare le ragioni e i pensieri che avevano guidato la sua
vita e le sue scelte
Sfide del genere mi stuzzicano: per l'editore anni fa ho realizzato la mission impossible
di riscrivere completamente un romanzo devastato da una traduzione sciagurata,
soddisfacendo sia l’autore orientale che il traduttore incapace. Nel passato ho
poi la scrittura di alcune biografie aziendali.
Insomma, ho accettato la sfida e
poche settimane dopo mi sono ritrovato seduto davanti a lui, con la testa
libera da idee e preconcetti e il registratore acceso.
Lui ha quasi ottant’anni. Da alcuni mesi ci vediamo per
lunghe e tranquille interviste in cui fluisce il suo senso della vita, del
dovere. L’amore per la sua terra, i pensieri per chi non c’è più, le
preoccupazioni per chi gli vuole bene. Ha l’età di mio padre, dei miei zii,
della nonna con cui sono cresciuto, di tante persone silenziose che sfioro ogni
giorno sulla metropolitana o al mercato.
Quando ci vediamo apre una porta sul passato e un
pezzo alla volta ne sfila quello che merita la luce del ricordo. Spesso
ridiamo, altre volte l’aria tra di noi si ferma perché le sue parole devono
scolpire trame dolorose, dense di vita e responsabilità, abitate da voci che
sono ancora in lui come nel momento in cui sono nate anni fa.
Rimango attonito di come dopo cinquant’anni dai fatti si
emoziona ancora a raccontarli. Io lì per lì faccio l’empatico, accolgo senza
ostacoli o domande e faccio fluire in rivoli di senso che diventeranno laghi
quando li organizzerò sulla pagina. Poi, a casa, con le cuffiette davanti al
computer, sgancio lacrimoni trattenuti che mi allagano la tastiera.
Ha un senso del dovere raro in questo millennio. Parlando
delle sue origini contadine mi ha detto “La
differenza di classe ti pesa se la vivi male: se mi fossi sentito inferiore
loro si sarebbero sentiti superiori. Io l’ho sempre messa così: voi in partenza
siete stati più fortunati di me, la vita è lunga e le cose possono cambiare.”
Lo rivedrò tra un paio di settimane per gli ultimi ritocchi
al testo e so già che tra un piatto di pecora stufata e una mozzarella in
carrozza sarà ancora generosissimo di sé. Poi talvolta capita che tra noi ci
siano dialoghi del genere:
“Andrea, questo che ho detto magari non lo mettiamo nel
libro.”
“È interessante però, spiega tante cose…” ribatto, “Poi a
togliere c’è sempre tempo.”
“Sì, però non la sa neppure mio figlio.”
“Allora recuperi senza tanti giri di parole.”
“Non l’ho mai raccontato a nessuno…”
“E' una
occasione in più per dare senso a quello che hai fatto finora nella vita.”