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giovedì 15 luglio 2021

Ne è INVALSa la pena?

I risultati dei test INVALSI 2021 appena pubblicati mostrano come quasi la metà dei maturati di quest’anno non abbia sufficienti competenze in lingua italiana, simili drammatici risultati anche nelle materie scientifiche, con situazioni tragiche nel sud Italia.

Siccome ogni anno scrivo almeno un post antipatico, stavolta la voglia mi arriva da questa notizia che completa il dato, sempre sottotraccia, che a leggere almeno 1 libro all’anno è solo il 42% degli italiani.


Il tema mi appassiona per una serie di ragioni che vanno dal mio interessamento per le dinamiche del mercato del lavoro, l’essere docente a molti corsi per adulti, essere genitore, essere preoccupato per la tenuta democratica del Paese, al voler raccogliere per mesi i segnali che arrivano dalle mie reti.

Ammetto di avere un rapporto difficile con i docenti sul tema dell’INVALSI. Gli insegnanti dei miei figli hanno spesso ‘obiettato’ ai test non facendoglieli proprio fare (come se si trattasse di una scelta di coscienza come l’aborto), coperti in questo da presidi che certo non li hanno bacchettati. Negli anni, ho raccolto ogni tipo di obiezione al valutare la formazione, come se si trattasse di un’attività esoterica incomprensibile a chi non entra in classe. Da incontri con sindacalisti della scuola ho poi capito che l’obiezione non è all’INVALSI ma all’idea stessa che la valutazione sia lecita e possibile.

Sarà che come docente ad adulti sono costantemente valutato sia in maniera formale che informale, ma ho sempre trovato puerili queste argomentazioni, veri alibi che indeboliscono molto la credibilità dell’intera categoria. Viaggiando in Europa come esperto Cedefop ho visto come in altri Paesi siano normali: la valutazione esterna, quella tra pari e quella fatta dall’ispettore che entra in classe a sorpresa una volta l’anno, si siede in ultima fila e per un’ora valuta COME insegni. Perché la valutazione non ha nulla a che vedere con la libertà di insegnamento, non si tratta di COSA insegnino i docenti ma interviene nel COME questo avviene. (Per il PERCHE’ lascio la valutazione alla coscienza di chi sale in cattedra)

Come risposta a questa tragedia, la ministra annuncia che assumerà 140.000 insegnanti in 2 anni, senza il dubbio che – visto l’impressionante numero di bocciati agli esami di abilitazione - forse neppure ci siano oggi così tanti docenti non ancora di ruolo in grado di fare bene quel lavoro. Non accenna purtroppo a come diminuire gli alunni per classe, neppure a come formare gli insegnanti che già ci sono, magari con schemi di formazione tra ‘pari’. Non parliamo della formazione dei dirigenti, nati spesso formati per investitura divina. 

Se poi vogliamo volare più alti ecco come la divisione Licei/ Istituti tecnici/ Professionali sia sempre meno adatta al reale, come oggi le competenze digitali siano abilitanti al pari della matematica, italiano e inglese e i ragazzi sono lontanissimi dal possederle.  (certo, ci stupiscono per come sanno usare le app, ma è lo stesso tipo di competenze che stupiva i nostri genitori quando sapevamo usare il videoregistratore: cioè competenze operative che rispondono a mere necessità). Rari sono i presidi preparati per il ruolo, nulli sono gli incentivi ai docenti migliori. Nel dibattito ci si perde nella visione profetica degli ITS, che sono pochi, poco conosciuti, poco finanziati, vere chimere, e non si parla mai (ad es.) del vero buco nero rappresentato dalle scuole medie, dai loro programmi, dalle classi-pollaio, dall’inadatta didattica frontale a oltranza su quell’età.

Non si evidenzia da nessuna parte delle grandi, sterminate, responsabilità che ha l’Università in merito a questa vera tragedia sociale. Il dramma è che l’Accademia non ha niente da dire: è afona, senza temi, lontana dalla società e dall’economia, incapace anche solo di pensare di quali insegnanti e insegnamenti ci sia bisogno. Ci sono, certo, alcune eccezioni ma ininfluenti per ruolo e capacità politiche. Se ne è accorto il mercato della consulenza (‘se vuoi perdere tempo chiama un professore universitario…’) e quello dei convegni dove sono sempre meno i prof invitati a parlare (specie ora con i webinar dove le persone ci mettono un attimo a ‘cambiare canale’ se il relatore pesta acqua nel mortaio). Il paradosso è che il mondo ha enorme necessità di bravi docenti in grado di abilitare al XXI secolo, con programmi interdisciplinari sempre più diffusi, avvalendosi con intelligenza delle tecnologie digitali disponibili, in contesti che premino le competenze e i risultati (dei ragazzi, dei docenti, dei dirigenti).

Nuove richieste di competenze si rivolgono soprattutto alle facoltà umanistiche, artistiche, sociali, che oggi creano migliaia di figure irrisolte che non riescono a concretizzare i loro talenti e passioni a meno che non si lancino in master costosissimi e classisti o percorsi di apprendistato che li portano al prima stipendio non prima dei 30 anni. Con la mortificazione, il calo di motivazione, lo spreco di cellule neuronali diffuso tra chi non può permetterseli o non vuole lasciare il Paese.

Lo so, vi ho portato a spasso in un post che pone molti problemi e propone quasi zero. Mi scuso. Perché da soli, senza la politica attenta al tema, con resistenze pazzesche dello status quo, senza coraggio amministrativo e organizzativo, non ce la si può fare.

Se volete aggiungere riflessioni, scrivete qui sul blog, su FB o su Linkedin dove posterò il testo.


lunedì 28 giugno 2021

La fioritura a Castelluccio di Norcia: una cosa bellissima da ripensare completamente.

Da tempo desideravo vedere la fioritura della lenticchia nella Piana Grande a Castelluccio di Norcia.


Ci sono andato sabato scorso ed è stato bellissimo. Siamo arrivati sul posto alle 9 del mattino, c’erano 17 gradi e un cielo blu. Era un piacere per tutti i sensi. Parcheggiata l'auto, ci siamo incamminati tra i campi seguendo i sentieri e i segni dei trattori. Dopo un’ora già le persone aumentavano. Noi eravamo un po’ rialzati sul pendio che sale a Castelluccio. Da lassù abbiamo potuto fare foto spettacolari e, soprattutto, riempirci gli occhi di quella vista unica che - vi assicuro - batte in varietà, imponenza e colori quella della lavanda provenzale.

Da lassù abbiamo anche visto le folle che vagavano disorientate nei campi, i maleducati che per una foto tra i petali si sdraiavano nei fiori, l’agricoltore infuriato che è urlava minacciando tutti quelli che stavano alla sua portata, auto parcheggiate ovunque, droni fotografi che svolazzavano senza regole, le 5 camionette dei Carabinieri che avrebbero dovuto far qualcosa per mantenere l’ordine ma preferivano fare MamaNonMama con le margherite, impotenti davanti a bus gran turismo che scaricavano folle e non avevano lo spazio per girare e rimanevano lì, bloccati come plantigradi in una fossa.

Siamo venuti via alle 11, per paura che la situazione degenerasse, come infatti è stato. Abbiamo notizia 

di famiglie bloccate per ore nei tornanti, dei vigili sul versante umbro che hanno bloccato le auto a Norcia, e di quelli sul versante marchigiano che hanno fatto passare chiunque. Follia organizzativa e incomprensione del presente, che mi dicono si ripeta ogni finesettimana del periodo di fioritura.

Insomma: si tratta di una opportunità economica, turistica, occupazionale, ambientale, gestita in modo approssimativo senza nessuna strategia o visione.

Sono stupito da come non sia ancora chiaro come il turismo sia diventato prima di tutto un’esperienza. E tra le esperienze, le più gettonate sono quelle instagrammabili, e la Fioritura a Castelluccio è in classifica mondiale. (Se avete dei dubbi fate una scappata in Francia per la lavanda, in Olanda per i tulipani o in Giappone per i ciliegi.)

Si tratta solo di lenticchia? Assolutamente no. E' un legume insulso ma lì tornerei ogni anno, come molti altri, e passerei giorni in quella zona bellissima dell'Italia, creando legami e spendendo soldi. A fronte di un minimo di servizio, in molti sarebbero disposti a pagare anche per vedere i campi, avere il parcheggio, magari una guida, un cesso, una storia.

Potrei scriverne a lungo,  chi vuole ragionarci può scrivermi qui o in privato. È evidente che serva:

  1. una visione etica e collaborativa dello sviluppo del territorio che consideri: la necessità di dare nuove ragioni di sviluppo alle aree terremotate, attivi energie, apra gli occhi su una zona dell’Italia che sta morendo nell’indifferenza di tutti, metta al tavolo chi porta interessi, chi porta valore e chi può investire;
  2. un accordo tra i soggetti responsabili dei terreni per disporre di: regole (inesistenti), percorsi (oggi non chiari), segnaletica (scarsa), informazioni, punti di osservazione, selfie point, bagni pubblici, aree di parcheggio, spazi per pittori;
  3. un accordo tra i soggetti responsabili della viabilità per disporre: controllo dei flussi, navette, percorsi di accesso per ciclisti, per camminatori (slow turism)
  4. un accordo per l'ospitalità, oggi scarsissima, anche con i paesi vicini
  5. un approccio imprenditoriale per (ad es.): fornire visite guidate di carattere naturalistico e botanico, corsi di pittura o di yoga, merchandising e vendita di prodotti del territorio, servizi in più lingue.
  6. Probabilmente, almeno per i weekend di giugno/luglio si dovrà ammettere solo chi è dotato di prenotazione. Ciò per mantenere l’equilibrio ambientale e consentire una giusta fruizione del luogo.

 


Questo solo per dare uno spunto, per attivare progettulità e non continuare a gestire così malamente il nostro paesaggio e il nostro Paese.

domenica 7 marzo 2021

Se la pandemia fosse un film.

Non si può continuare a dire che l’emergenza giustifica la disattenzione al Fattore Umano in questa pandemia. Si riconduce la perdita di lavoro, le morti, l'anafettività, la mancanza di libertà personali a fattori tecnici. Da mesi, tutti gli interventi si concentrano su fondi, ristori, vaccini, mascherine, sussidi, banchi: tutte dimensioni economiche, logistiche e sanitarie legittime ma insufficienti a sostenere la coesione sociale.


Già, la coesione sociale è la forza  che ci unisce nelle avversità, che mantiene i più sfortunati in relazione con la comunità e con le opportunità, che non spegne la speranza, che alimenta sogni e motivazioni. È il motore che muove a risolvere i problemi e non solo a competere per il proprio pezzo di pane.

Occorre una politica che riconsideri il ruolo della compassione, dell'empatia, il sostegno morale e psicologico, il corpo inteso non solo come oggetto da salvare dal virus ma patrimonio, protagonista, luogo della psiche.

Mi pare di vivere in un brutto film tutto muscoli e scazzottate, dove la regia non presta nessuna attenzione alle emozioni, e se non cambia la trama non prevedo lieti fine. Nella migliore delle ipotesi: saremo tutti vaccinati e arrabbiati perchè impauriti e soli.  

A volte mi sembra un film dove ciascuno decide quale genere debba avere la trama.

  1. Se amate il film d’Azione, vi consiglio di trovarvi a Roma ogni sabato verso le 18. In Piazza del Popolo va in scena la rissa tra bande adolescenti ben vestite e gioiosamente desiderose di far qualcosa di fisico, fico, instagrammabile e raccontabile nei fuori onda della didattica a distanza. Sono ragazzi isolati, impauriti, assenti dal discorso politico. Sembra quasi che nei talk show vi sia un dictat che imponga di non parlare mai di loro, del fallimento del sistema educativo, della solitudine. L’intero fondo Next Generation EU da noi è stato ribattezzato Recovery Fund, perché la parola ‘Generazione Futura’ suona forse scandalosa. Sono lì, senza scuola, palestre, serate, spazi propri, scoperte, sessualità. Stanno cambiando, come noi adulti ma senza la memoria sul passato: alcuni si interrogano sul futuro e attivano strategie di resilienza; altri scelgono l’isolamento, alcolico e virtuale; c’è chi viola le regole; chi si organizza per dire no; chi vuole solo essere ascoltato.
  2. Se amate il genere Paradossale invece fate finta di essere un alieno messo di fronte alla DAD in una scuola impreparata, abbandonata, non formata, non tecnologica, isolata da anni di politiche scellerate, corporazioni antistoriche, dove tutto è scaricato su alcuni professori volenterosi avviluppati da regole folli. Un mondo incapace di organizzarsi, che ha buttato l’estate a comprare banchi monoposto invece di dotarsi di infrastrutture e competenze digitali, che ha blaterato di uso di musei, parchi, cinema e teatri per far lezione e poi si è arresa e lascia cadere gli ultimi nel baratro dell’abbandono scolastico.
  3. Se comprendete il Surrealismo osservate da vicino quei musei e teatri e cinema che sono stati chiusi nonostante si fossero ben attrezzati per garantire servizi in maniera conforme, a differenza di autobus, negozi e centri commerciali insicuri e affollati. In Canada e in Inghilterra i medici possono prescrivere arte e musei per curare ansia e solitudine con la bellezza; da noi è stato avvilente sentire che senza turisti non serve tenerli aperti, offendendo la Storia dell’Arte, le migliaia di persone che lavorano nel settore e i milioni di italiani che credono che la cultura serva a trovare risposte, a godere, e non solo a fatturare tramezzini e cartoline made in China.
  4. Se sbavate per l’Horror invece provate a pensare cosa potrà succedere alla fine del blocco dei licenziamenti e alla fine della cassa integrazione: misure di certo doverose che hanno sospeso in una bolla centinaia di migliaia di persone e non si sono poste il problema di mantenerne accesi i cervelli, formarli alla transizione digitale, ai temi della sostenibilità. Migliaia di negozi chiudono e noi vediamo solo le merci spostarsi su Amazon, perdendo di vista chi le vendeva, chi presidiava il territorio, chi ha ceduto il progetto di una vita alle offerte delle mafie e degli usurai.
  5. Se amate la Distopia, buttate un occhio critico alla diffusione dello smart working senza regole. Con la fine dell’orario di lavoro, il controllo a distanza, la distanza dal senso delle proprie attività, l’assenza dello scambio, la mortificazione dell’innovazione, la ricerca delle scuse per andare ogni tanto in ufficio. Un mondo muore e mille micromondi cercano di trovare un equilibrio. Il sindacato boccheggia perché la perdita della relazione annulla la corporazione, e l’immaginazione è stata anestetizzata da decenni. 
  6. Se non disdegnate il genere Romantico, infine, immaginate come la fine del contatto stia influendo sulle nostre capacità affettive. Ovviamente è l’ambito in cui le regole sono meno rispettate e quello di cui non si parla, per pudore e ipocrisia. In Austria e Francia il governo ha proprio detto: se siete soli individuate due persone che decidete di frequentare, la vostra ‘bolla’. In tre per parlare, sostenersi, ridere, litigare e fare l’amore: perché siamo umani e non bisogna dimenticarlo.
Tanto è impossibile cambiare canale.

sabato 22 agosto 2020

Evidenze utili dal pianeta Austria

Le mie vacanze in Austria, all’apparenza pigre e paciose, portano sempre a considerazioni che sono utili per capire l’Italia. 

Gli highlight del 2020 sono stati:

  • Ricchezza: la vedi, la percepisci, traspare da gesti, abbigliamento, negozi, status simbol, superfluo che diventa necessario. È diffusa, al punto che qui la sinistra non esiste quasi perché non saprebbe davvero cosa rivendicare di più; il massimo che si possono permettere sono i Verdi. Il welfare è incredibile, così come i contributi alle famiglie. L’occupazione è quasi piena e la povertà la vedi quasi solo in relazione al disagio esistenziale (solitudine, separazioni, alcool e simili). La corsa al bio, all’organic, al tofu, al naturale è spasmodica e quasi ridicola; circolano bici elettriche da 4000 euro ovunque; Porche e Tesla come taxi in città; sensazione massima di sicurezza e tranquillità sempre. Nessuno però metterebbe un vestito di seconda mano, accetterebbe un prodotto usato (a meno che non sia una borsa fighissima, fatta con teloni di camion riusati e costi almeno 250 euro). L’evasione fiscale è quasi inesistente.  Certo, hanno i loro scandali finanziari, sessuali, aziendali ma ancora se ne vergognano se vengono beccati, come accadeva da noi prima di Berlusconi.   
  • Arredo urbano: le città sono facili, comode. Le persone sono rispettose del bene comune e questo consente arredi urbani bellissimi, panchine in legno, fontane di acqua fredda, nebulizzatori dall’alto nelle piazze più frequentate e più calde, un’infinità di spazi pubblici per il gioco e lo sport ad ogni età. Ci sono talmente tante ciclabili che immagini che qui Cappuccetto Rosso avrebbe attraversato il bosco in monopattino.
  • Croci: a bordo strada, sulle statali, ogni tanto trovi piantata una smagliante croce bianca. Ho pensato fosse qualcosa di analogo a quanto (abusivamente) si fa in Italia per ricordare qualcuno che in quel tratto è morto. No. È invece una nuova campagna per la sicurezza stradale che parla visivamente e sembra dirti “Ricordati che devi morire… e se non rallenti potrebbe capitare proprio qui”. Creatività e potere di condizionamento.
  • Semafori LGBT: a Vienna, in centro, alcune decine di semafori pedonali sono stati modificati e al posto dell’omino stilizzato abituale in questi casi si trovano: donne, coppie etero, coppie omo nelle versioni uomo-uomo e donna-donna. Mi è stato detto che fu fatto in occasione della finale Eurovision di alcuni anni fa. Poi, gradito dalla popolazione, è rimasto. Simpatico e simbolico.
  • Comunicazione:  vivono abbastanza in una bolla a cui sono stati abituati negli anni della Cortina di Ferro e che gli viene ancora bene per tenere fuori ogni elemento sgradito e dialogare solo con chi vogliono, con chi reputano pari o con chi pagano per i suoi servizi. L’altro giorno tra le 3 notizie date da un canale radio nazionale c’era “La famiglia Fritz ha trovato in cantina un serpente non velenoso lungo 20 centimetri”. Credo si colleghi direttamente al loro benessere: stanno benissimo e non vogliono sapere perché.
  • Covid19: sono disinteressati al tema. È quasi imbarazzante. Annunci roboanti su esercito alla frontiera col mondo e poi i loro numeri sono peggiori degli altri. La cosa interessante è che (a differenza dell’Italia) la comunicazione è tutta schierata a sottovalutare la cosa. Ad esempio: il numero dei casi oggi a Vienna è il triplo di Milano ma non li mettono mai in relazione; sono molto meno attenti a mascherine e simili appena si esce dalle città; da noi ogni giorno si pubblicano i dati per regione, per ASL, per tipologia… qui niente, solo un dato generale in un occhiello a pagina 6 senza confronti.
  • Psicofarmaci e Mastiti: le statistiche ufficiali legate al Covid19 riportano che nelle case di riposo è stato ridotto del 30% l’uso degli psicofarmaci da quando sono vietate le visite dei parenti; le stesse statistiche dicono che è andato a 0 il numero delle mastiti nei reparti ospedalieri da quando è stato vietato la visita alle donne che hanno appena partorito da parte di parenti e amici. Dati su cui riflettere.
  • Red Bull: cosa c’entra? Vi dico una cosa che non sapete: Mateschitz, il padrone della Red Bull è anche padrone di mezza Stiria e di tanta Austria e Germania. Un personaggio da profilo basso. Oltre all’azienda del toro rosso possiede montagne, laghi, autodromi, riviste nazionali, squadre di calcio in mezzo mondo, isole ai Caraibi, ristoranti di lusso. Un plurimiliardario ritenuto illuminato che proietta su un paio di generazioni austriache l’immagine Red Bull di una vita energizzata, edonsta, spensierata e facile.  Se glielo faccio notare, dai loro sguardi capisci che non si rendono conto di come i Mateschitz siano pericolosi, in un paese così piccolo hai la sensazione che possa diventare un vero ‘governo-ombra’.
  • Italia: ci vogliono bene, molti imparano la nostra lingua. È sempre un calore bello che mi fa anche sentire un po’ in colpa perché dopo tanti anni il mio tedesco è ancora piuttosto basico. In questi giorni, sono passati da “Vacanza in Croazia!” a “Tutti in Italia perché la Croazia ci ha raccontato bugie sul virus!”.
  • Alpeggi: anche qui però in molti sono rimasti a far vacanza in zona. Cosa c'è di meglio che andare in montagna e dormire in alpeggio? Uno dei temi caldissimi è stato quello delel famigliole con i completi firmati da 2000 euro, le bici da 4000 e i bastoncini da passeggio in carbonio che hanno invaso le valli sfraccicanden i cabbasisen a malgari e montanari che si sono assai arrabbiati: le mucche non gradiscono, i cani di città fanno casino nei pascoli, ... tornate a casa vostra insomma! 
  • Qualità della vita altissima: oltre la metà delle persone incontrate a Vienna non possiede auto di proprietà perchè in città non serve; una coppia di amici che si è trasferita lì 3 anni fa dopo 27 anni a Roma conferma “La qualità della vita è altissima, tutto funziona, tutto è semplice.” Passo e chiudo.

lunedì 10 agosto 2020

Potevo essere un guru

Sono tempi difficili dove non mancano le domande importanti: che lavoro faremo tra sei mesi? Come riusciremo a studiare? Come si comporteranno i miei clienti? Come superare la  paura? Come posso ottenere il successo che merito se devo rimanere chiuso nella mia cameretta inflebato in una fibra ottica? Quali sono le chiavi di accesso ai pensieri di mio figlio teenager? Come faccio a pubblicare il mio nuovo successo? Cosa manca al mio CV? E così via…

Quando il mercato è saturo di domande quello che non manca mai sono i risponditori. Non tutti sono allo stesso livello. Tra loro, per selezione naturale emergono i nuovi guru.

Operano via Zoom, via ebook, su Youtube. Alcuni esistono da tempo, facevano conferenze costosissime a manager e disorientati vari, altri sfornavano libri sulle aquile che non vogliono essere polli, sul pensiero divergente, sulla seduzione comportamentale, sulla pranoterapesi neurostilistica applicata al team building, sull’intelligenza emotiva della danza sufi. Tra di loro monta una coorte sempre più affollata di personaggi sorridenti che si assegnano etichette di motivatori, mentori, coach, spinn doctor, evangelisti digitali, montemagni, ispiratori, tutti con le risposte giuste.

Meno male che esistono. Alcuni di questi guru sono bravissimi, li ammiro e li osservo in azione per ore come faccio con gli stand up comedians, i predicatori e i fenicotteri rosa. Danno risposte chiare e confortanti. Puoi quasi sceglierle da un catalogo: eccoti serviti “5 modi per chiedere un aumento”,  “4 cose da fare per affrontare il lunedì”, “Fare un superbusiness plan in 10 passi”, “I 3 segreti del funnel marketing che ti cambieranno la vita”, “Lo Yoga della risata per dare il meglio di te”, “Il vero te che è in te anche se”, “Vendere è come respirare”. Sono ansiolitici per vocazione e già per questo fanno un grande servizio all’umanità.

Eccoli in azione: prendono la scena con un bel “Sarà capitato anche a voi…”, ci ficcano un aneddoto che riguarda la loro vita passata “…anche io quando ero ancora un pirla…” che li avvicina a tutti  noi, poi ecco “però quella volta è stato diverso perché …” e arriva la folgorazione di come hanno superato l’ostacolo, “e dunque…” sono lì per rendervi edotti dell’illuminazione toccata proprio a loro e che cambierà la vostra vita perché ha cambiato anche la loro. “Perché voi valete”. Grazie. Applausi.

Non si può fare troppa ironia sui guru. Loro hanno il senso dell’umorismo, meno però i loro seguaci. Senti subito il gelo, come capita a volte quando tocchi in pubblico stravaganze come la religione o gli oroscopi. Quando ci ho provato in aula ho capito che metà dei presenti aveva sborsato il prezzo di un volo aereo per Parigi solo per ascoltarli in una grande sala sulla Via Nomentana e senza buffet all’uscita.

Questi guru moderni sanno dare le risposte giuste per lunghezza e complessità, genericamente vere e comode, motivanti e poco responsabilizzanti, che suonano come perle di saggezza e pregne di vision, ponendoti nel giusto e non lontano dalla meta.

Sono dei fuoriclasse nell’elencare Cosa fare e Come farlo, e svicolare dai Perché.

(Quasi ogni anno mi capita di scrivere un pezzo 'intimo' in agosto. Una valvola di sfogo. Lo vorrei evitare ma ecco che arriva da qui in poi.)

Confesso che il perché è l’unica cosa che mi interessa davvero in quello che faccio (e in quello che fanno o non fanno gli altri). E mi stupisco ancora l’interesse di pochi sui perché.  I Perché sono scomodi e spesso non pagano. Però avere chiarezza sui Perché azzera i rimpianti; non averne, genera i rimorsi.

Potevo essere un guro. Io lo so. Ho una buona favella, una vasta cultura generale, se lo desidero so pure ascoltare, riesco a produrre una visione laterale di qualsiasi cosa, so stupire con poco, avrei anche i giusti tempi scenici. Però.

Però mi annoierei a morte a dare risposte di buon senso. Preferisco stare dalla parte delle domande. Rinuncio ai consigli per vite che non comprenderei mai a fondo perché non ho i loro occhi e quello che coglierei non è dunque reale.

Saprei dire a 1000 persone cosa dovrebbero fare per avere successo e per 800 almeno suonerà sensato e applicabile, però mi vergognerei per aver servito una pietanza da fast food; se tentassi di sciogliere per loro il nodo del perché debbano aver successo servirebbero ore per ciascuno, prenderei molti vaffa’ e mi mancherebbe almeno una laurea in Psicologia.

Lo ammetto, quando insegno per alleggerire la pressione e prendere fiato a volte ci infilo anche io i “7 passi per…” e mentre li elenco mi annoio come se contassi le formiche in fila sul muro. Però quello su cui mi incaponisco è dare spazio a “Perché qualcuno dovrebbe sceglierti? Farti lavorare? Passare del tempo con te? Acquistare un tuo servizio?” Domande che pongo anche a me stesso, diverse volte la settimana, e le cui risposte, sempre approssimative, si formano costruendo la strada da percorrere.

La guraggine funziona se riesci a spacciare per vero belle parole come “Tutti ce la possono fare”, “Se ti impegni, i risultati verranno”, “E’ ovvio che ti meriti l’aumento!”, “Gli ostacoli sono grandi opportunità” e altre sciocchezze simili che agli occhi di una persona razionale cessano di essere vere già durante le scuole elementari. Però è bello ascoltarle da anche adulti, circondati da altri adulti e poter così credere ancora alle favole. Per il guru è facile dirle specchiandosi nelle aspettative di chi ha davanti, serve solo un po’ di esercizio, preparazione, un grande ego e la capacità di non dire nulla di indigesto.

Io li riconosco subito quelli che non si meritano nessun aumento, che stanno per andare a sbattere perché neppure vedono gli ostacoli, o quelli che della vita vorrebbero solo la panna e che tu manovrassi pure il loro cucchiaino, quelli che sono finiti sul binario sbagliato, quelli che non hanno avuto fortuna, e non ho né la forza né la capacità per influire davvero nelle loro vite, soprattutto se non si chiedono perché questo dovrebbero farlo accadere.

Io li vedo come li vede qualsiasi guru. A dare però rispostine ansiolitiche non ci sto. A dirgli che va tutto bene lascio che siano i film americani e gli hashtag pandemici.

 

lunedì 15 giugno 2020

7 Consigli ai formatori ‘tradizionali’ che vanno online


L’anno scorso ho fatto almeno 60 giornate d’aula con adulti in presenza. A febbraio ero già a quota 15. Poi ecco il Covid e la mia agenda si svuota da marzo a settembre in un colpo solo. Quelli sono stati i giorni più difficili da interpretare, stratificati di paure e incertezze.
Ecco che alcuni corsi si piantano dove sono. Molti sono cancellati. Alcuni - i primi - osano lo sbarco online. Mi si propone da subito lo IED di Venezia, il Master della Link, il Living Lab del Comune di Sassari, ad esempio.

Poi, in aprile, la pressione dell’utenza e degli enti di formazione fa saltare la regola che obbliga la formazione finanziata dal Fondo Sociale Europeo alla presenza. Tutto riparte in pochi giorni solo in webinar. È urgente formare storyteller digitali, progettisti, agenti di sviluppo, manager. Ovunque. Le telefonate tipiche che ricevo sono “Vorremmo chiederle uno dei suoi moduli formativi sul tema XY. Mi spiace dirlo ma senza il virus non avremmo mai potuto permetterci un docente da Roma.

Di colpo ecco Bolzano, Udine, Perugia, Cagliari, Reggio Calabria, Trieste. Un ottovolante in una stanza. Per settimane è stato un intenso mettere a punto, argomentare, tentare, sbagliare, ascoltare, ritentare, raccogliere. Dopo due mesi mi lancio nel razionalizzare quello che ho fin qui imparato:

  1. Ripensare l’obiettivo formativo: è stata la mia bussola. Mi sono chiesto ogni giorno “Perché qualcuno deve rinunciare a ore della sua vita per seguirmi davanti a uno schermo nella sua camera mentre intorno il mondo cade a pezzi?”. Che le prime studentesse, a marzo, mi perdonino, gli insegnavo a progettare la promozione di un territorio quando – impauriti - neppure potevamo uscire di casa. Imparavo facendo, evadevo insegnando. “Mi seguiranno solo  se gli servo, nel breve, oggi”, ho deciso che dovesse essere. L’utilità è la motivazione più forte on line, la teoria viene dopo, la suspense lì è difficile da creare, la teatralità vacilla. Occorrono praticità, esempi, scorciatoie sinaptiche che spazzino come fulmini nel buio. E dunque tante storie che spingano all’azione, smontino pregiudizi, attivino e educhino.
  2. Progettare l'Empatia: il primo mese è stata una prova per docenti e studenti. Dopo un po’ è stato chiaro a tutti che non poter stare assieme portava a dover costruire empatia dentro il webinar però nessuno è a suo agio a dichiarare il propri obiettivi a una webcam, quasi tutti lo fanno volentieri al coffe break. Ecco allora come il fare domande, raccontare e dar spazio a racconti, talvolta alla battuta, serviva a tutti. Anche se i presenti erano tanti, chiedere e stimolare risposte in chat diventava il filo che ci rendeva reali. Ho notato poi un cambiamento anche nei corsisti e da inizio maggio qualsiasi cosa chiedessi, in breve la ricevevo. “Mandatemi un progetto per la prossima volta”, “Girate un video di un minuto” o altro tutto era fatto con slancio nel minore del tempo. I ‘compiti’ diventavano necessari testimoni del contatto.
  3. Sincrono e asincrono: siamo partiti col sincrono. È la cosa che noi vecchi formatori sappiamo fare meglio e  quella che presuppone meno preparazione, anche perché c’era fretta e nessuno ci pagava il ripensamento dei modelli. Piano piano abbiamo adattato le slide. Poi creato i quiz. Girato piccoli video. Poi gestito piccoli word café in sottogruppi. Oggi la video chiamata comincia ad andarmi stretta. Voglio dare di più perché gli studenti vogliono di più. Dobbiamo studiare (indovina cosa sperimenterò quest’estate?) perché – ad esempio- la vera FAD con l’integrazione a Moodle o simili diventi la regola.  
  4. Organizzare un Backoffice: è importantissimo quando vi rivolgere a tante persone. Diciamo se sono più di una dozzina non puoi avere il polso del gruppo tramite un video. Serve un assistente attento che raccolga le domande, lanci i quiz, suggerisca dei link, ti faccia presente se le slide non si vedono o l’audio saltella. Un buon backoffice consente al docente di rimanere concentrato e diventa il suo sesto senso. È l’equivalente funzionale del tutor d’aula (che però nelle aule vere è spesso inesistente)
  5. Curare la posizione. Non voglio parlare di sfondi e scenografie, ciascuno la pensa differentemente e penso solo che devono 'vestirti' come desideri. Mi fa piacere però raccontare come con i webinar di Digital Generation abbia iniziato a intervenire da in piedi. All’inizio non ero sicuro poi l’ho trovato ovvio! Il pc posizionato in cima al portaCD e tutta  la libertà di muovermi, usare al meglio il diaframma, far cadere le spalle per liberare il respiro, ossigenare tutto e moltiplicare le sinapsi accese. D’altronde in aula sto sempre in piedi. Ormai quando devo insegnare per non più di 2-3 ore on line, sto in piedi. Tutto (soprattutto il cervello) funziona meglio.
  6. Battere il tempo: Ogni 15-20 minuti occorre cercare e creare il contatto. (anche solo per verificare che la linea non sia caduta ). Sono pochi quelli che si lanciano e interrompono, spesso anche le chat sono poco frequentate per cui occorre tirare fuori le osservazioni, anche col gioco.
  7. To be continued…: il momento peggiore per me è la fine, quando ritorni nella tua cameretta con la funzione inversa al teletrasporto che interrompe il collegamento. Mai come online mi viene naturale dire “ritroviamoci su Linkedin, scrivetemi nel gruppo, questa è la mia mail,” diventano tutti prolungamenti basati sulla conoscenza e la fiducia che nascono in lezione e misurano la tua capacità di essere stato utile e dunque la reputazione di cui potrai godere. Non vedo l’ora di incontravi di persona.


venerdì 8 maggio 2020

Le ragioni (degli altri) per tornare presto in Italia


 Il giornalista Tim Jepson su The Telegraph ci ha dedicato pochi giorni fa un lungo articolo su: “20 Ragioni per tornare in Italia quando sarà finalmente finita”.
L’articolo è molto ricco di spunti, con sprazzi di humor, e interessantissima è la classifica del giornalista che – a mio avviso – stravolge molti dei luoghi comuni sull’idea che abbiamo di noi stessi e su quella che hanno gli altri, gli inglesi nel caso, ma si potrebbe estendere per cuginanza anche a americani e scandinavi).

Alcune testate italiane lo hanno ripreso e, per classica pigrizia, si sono fermate alle prime posizioni. Senza commento. Io penso che le ultime siano anche più importanti.
Va preso come il punto di vista di un attento osservatore che ha vissuto a lungo in Italia. Un utile confronto, anche sfacciato, per chi si occupa di sviluppo e cerca di capire in quale direzione andare.

Mi permetto dunque di ribaltare l’articolo partendo dal 20-esimo posto in classifica. 
Dopo ogni ragione, riporto tradotte alcune parole di accompagnamento dall’articolo originale. Segue poi un mio breve commento in corsivo:

20. Toscana
Tutto ciò che serve a fare una bella vita è qui: città eleganti  e città piene di arte e cultura - Firenze, Siena e Lucca e gemme più piccole come Pienza, Sovana e Cortona; cibo delizioso; ottimo vino; e panorami incantevoli.
Sì, la Toscana rimane un cliché che ricorda il fiasco di vimini i filari di cipressi, la bellezza e l’eleganza. L'inglese Chiantishire. È l’unica regione italiana con un vero Brand internazionale costruito in un altro secolo su bisogni però evidentemente ancora attuali come l'eleganza, il silenzio, il panorama. Altre ci provano molto  distanziate, gettando soldi, perché si muovono con strategie  alla rinfusa con progetti deboli e campanilistici.

19. Le antichità
Altri paesi possono rivendicare rovine romane - un anfiteatro qui, le mura di Adriano lì - e la Grecia non ha carenza di monumenti per il suo antico passato. Ma l'Italia ha le rovine greche - in particolare i templi e i teatri siciliani di 2000 anni fa – e i resti di 1.000 anni di storia romana.
Niente da dire, tranne che il mondo antico finito è al 19-esimo posto… forse non siamo tanto bravi a renderle più interessanti?

18. Arte diffusa
In Italia, più di qualsiasi altro paese europeo, l'arte straordinaria si trova ancora nei suoi luoghi originali. La Cappella Sistina e l'Ultima Cena di Leonardo sono gli esempi più famosi, ma che dire della Basilica di San Francesco ad Assisi, dove Giotto, Cimabue e Simone Martini hanno cambiato la direzione dell'arte occidentale?
Niente da dire anche qui, le città d’arte sono al 18-esimo posto tra le ragioni… Non diciamo sempre che gli stranieri amano le città d’arte? O forse lì ci vanno perché nelle città d’arte c’è altro di interessante, come spazi alla qualità della vita, al sogno? Si parla di Turismo Culturale a scatola chiusa, cosa c'è dentro? Forse poca cultura classicamente intesa e tanta voglia di essere protagonisti della propria fiaba a cui trovare scenografie ideali e iconiche. 

17. Molti Musei
L'Italia ha molte gallerie d'arte di livello mondiale - Uffizi a Firenze, Accademia a Venezia, Brera a Milano e collezioni Vaticane a Roma. In città apparentemente modeste ci sono opere che sarebbero delle stelle altrove. La Galleria Nazionale di Perugia, ad esempio, è ricca di opere umbre; o Carrara a Bergamo; Palazzo Ducale di Urbino; Galleria Regionale di Palermo, Pinacoteca di Siena; Museo Civico di Vicenza e altro.
Finiti sono al 17-esimo posto… questo ultimi tre suonano come campanelli d’allarme nella mia testa. Arte, musei, belli sì, ma sullo sfondo delle vere ragioni per venire in Italia. Perché il signore inglese è ignorante? O disattento? O perché è solo umano e contemporaneo e non si vergogna a scrivere quello che gli italiani si vergognano a dire? Negli ultimi due anni, a Roma, ho sempre camminato in musei vuoti ad ogni giorno (tolti Colosseo e Vaticani dove ti tocca andare per timbrare il cartellino di turista)

16. Gemme costiere
L'Italia non è ovunque superlativa. Le spiagge, ad esempio - tranne in Sardegna - non sono tra le migliori. Ma c'è una bellissima costa. Amalfi e le Cinque Terre sono le più conosciute ma ci sono alternative più tranquille ma quasi altrettanto belle, specialmente al sud. In Puglia, fai del Gargano e del Salento, e in Campania, nel Cilento, sacchi selvaggi e rocciosi disseminati di splendidi villaggi.
Un’altra discreta freccia all’italico orgoglio. Mentre tra di noi ci beiamo piantando ovunque tronfie bandiere blu come a Risiko non capiamo che la competizione è internazionale, le nostre offerte sono spesso mediocri per pulizia, acqua, servizi. Surclassate da Grecia, Turchia e Croazia – solo per star vicini. Portogallo, Tunisia, per dire altri. Che le Canarie straccino la Sicilia non è un gran onore.    

15. Le isole minori
La terraferma italiana è un mosaico di paesaggi che rende facile trascurare le isole. Non ovvie come Capri, più come le Isole Tremiti della Puglia, poco note. E Ponza, o Capraia ed Elba; e le isole Eolie ed Egadi - Lipari e Marettimo in particolare - al largo della costa siciliana.
Un patrimonio da valorizzare, misconosciuto anche agli italiani, che gli stranieri apprezzano. Più dei Musei e l'arte, per dire…

14. Venezia
Il mondo sarebbe un posto molto più povero senza Roma o Firenze, ma un mondo senza Venezia? È  una città problematica, ma puoi sfuggire agli elementi più disturbanti. Venezia usa incantesimi tutto l'anno, visitala in inverno; cammina fino alla periferia, lontano da San Marco, e trascorri qui una settimana, più se puoi, per scoprire la sensazione di una città che vive al di là delle cartoline.
Una Venezia luci e ombre. Vi dico già che è l’unica città citata in classifica, no Roma, né Firenze. Che occorra forse puntare più sulle risposte che un luogo è in grado di dare invece che sul catalogo di monumenti, palazzi e musei?
Quello che cerchiamo a venezia è il silenzio, spesso incubatore dell'amore, il resto è turismo di massa.

13. Architettura
Hai bisogno di più vite per godere lo straordinario patrimonio dell'architettura italiana. Ogni città in Italia ha tesori: chiese romane, gotiche o barocche; un monastero; Monumenti romani o etruschi; piazze medievali; un palazzo rinascimentale.
Grazie, verrebbe da dire. Architettura in quanto tale. Una parola chiara e semplice. Potremmo magari provare a raccontarla come luogo del lavoro, della vita, dell’anima, dei ricordi. Ci aiuterebbe forse anche a migliorarla e a sentirla come uno strumento che genera felicità.

12. La Moda
Come tutti, gli italiani indossano  abbigliamento per il tempo libero a buon mercato e gli standard di moda non sono come quelli di Armani, Valentino, Prada, Versace, Schiaparelli, Pucci, Gucci, Fendi, Ferragamo e molti altri. Puoi acquistare i grandi nomi a Milano, Firenze e altre grandi città, senza  trascurare i centri più piccoli come Como per la seta, Biella per il cashmere e Cogne per il pizzo.
Bello che il Made in Italy irrompa, quasi come arte pop contemporanea tra le ragioni per venire da noi. Valorizziamolo portandolo a sistema! Un buon esempio è la Motor Valley dell’Emilia Romagna


11. Le Montagne
Molti paesi hanno montagne, ma solo l'Italia ha le Dolomiti, le più incredibili  d'Europa. E solo l'Italia ha l'Etna, il vulcano più alto e più attivo d'Europa, e non una ma due grandi catene montuose: le Alpi e la lunga spina dorsale centrale dell'Appennino, con lupi e orsi e vedute che spaziano dalle Alpi Apuane seghettate in Toscana nella vasta regione selvaggia dell'Abruzzo.
Quindi montagne citate, mare e spiagge no. Forse l’autore è la classica mozzarella che preferisce le vette però, in tempo di postCovid la solitudine dei sentieri batte la caciara delle spiagge tre a zero. Facciamoci magari una pensata su…

10. La setta del caffè
Oggi possiamo comprare lattes, caffè espresso, macchiato e cappuccino ovunque nel mondo. Sono parole e bevande che vengono dall'Italia. In ogni bar italiano trovi un caffè incredibile, da sempre, da molto prima dell'arrivo di Starbucks. Lasciati coccolare dal rituale dell’esperienza italiana - in piedi al bar, non seduto, per esempio; o al vetro; e non bere mai il cappuccino dopo mezzogiorno ...
Bologna è da poco entrata in alcuni itinerari sull’asse Venezia-Firenze-Roma. Quando chiedo ai turisti americani che città abbiano preferito si illuminano “Bologna! It’s the best. You can walk easily, sit for a coffe watching people and having a wonderful aperitivo in the evening”. Ecco, giusto per dare un’occhiata più vicino alla piramide dei bisogni di Maslow.

9. Buon bere
Nessuno pretende che il vino italiano sia il migliore al mondo, anche se negli ultimi anni sono emersi nuovi produttori e numerosi vini innovativi. I vecchi nomi sono stati rivitalizzati (Chianti, Valpolicella, Soave) e si sono uniti a vino molto rispettati (Barolo, Barbaresco, Brunello). La Sicilia è una potenza emergente, così come la Franciacorte in Lombardia e Bolgheri sulla costa toscana. Se il vino non è piacevole, ci sono bevande alcoliche come grappa, Cinzano, Campari, limoncello, Sambuca - e alcuni famosi cocktail (Negroni, Bellini).
Equilibrato quadro che evita stupidi confronti con i fantastici francesi e i magnifici cileni o australiani ma va dritto alla nostra infinita varietà. Poi, rispetto a casa loro, qui da noi il rapporto qualità/prezzo non ha eguali.

8. Cucina di classe mondiale
Non francese, non elegante, ma in qualche modo perfetto: il cibo italiano è salutare; gli ingredienti - carne, pesce, frutta, verdura - freschi; la qualità è di prima classe; ci sono grandi variazioni regionali e la cottura è veloce e semplice.
Chiaro? Anche qui lasciamo perdere panzane non misurabili come “La migliore del mondo”. Piacciamo per salubrità, ingredienti, facilità. Siamo grandi, un ottomila, assieme a una manciata di altri.

7. Opera
L’Opera è italiana, così come la maggior parte dei grandi compositori: Verdi, Rossini, Puccini, Monteverdi, Bellini, Donizetti. L'Italia ha anche due dei teatri lirici più famosi al mondo - La Scala e La Fenice - e bellissimi teatri si trovano anche a Bologna, Palermo, Treviso, Prato e Ferrara.
Settima ragione per tornare da noi, magari una ragione in più per farla ripartire e portarci pure gli italiani in questa estate post-Covid

6. Attrazione sui laghi
Poeti e pittori hanno celebrato il Lago italiano per secoli, e non c'è da meravigliarsi, perché rappresentano alcuni dei panorami più belli d'Europa. Giardini lussuosi e splendidi villaggi adornano le loro spiagge con clima mite, con pendii boscosi e Alpi innevate sullo sfondo. Maggiore e Garda sono i più visitati, i più belli di Como; Iseo e Orta sono i più calmi.
Gli inglesi amano molto i laghi, non dimentichiamolo. Forse noi li amiamo ancora troppo poco.

5. Una bellissima lingua
Tutto suona meglio in Italiano. È  il linguaggio dell'amore, della musica e nulla si avvicina se vuoi sapere qualcosa. Anche se capisci a malapena una parola, le chiacchiere in qualsiasi contesto sono un altro promemoria che ti trovi in ​​un paese piacevole. E a differenza di altri paesi – come la Francia - gli italiani sono contenti che tu abbia provato, per quanto in modo terribile, a parlare la loro lingua.
Un asset fantastico e polveroso. Poche iniziative davvero contemporanee che escano dal coro e diano valore (e creino fatturato) a partire da cosa abbiamo sulla punta della lingua.

4. Attività all'aperto
Comprensori sciistici di livello mondiale. Puoi andare in canoa, vela, kayak e immersioni. O coccolarsi a piedi, e andare in bicicletta in Toscana e in Umbria o trekking e circuiti di più giorni su percorsi a lunga distanza nelle Alpi e nelle aree circostanti. E che dire del parapendio in Umbria, del rafting in Calabria o del monitoraggio dei lupi in Abruzzo?
Eccoci con le Esperienze. Ben piazzate. Non tradizionali. All'aperto e dunque perfette per il distanziamento e per l'ossigenazione. Da sviluppare ORA e vendere per un turismo destagionalizzato, lento e sostenibile.

3. Borghi storici
La Toscana e l'Umbria ce l'hanno in abbondanza, ma ogni regione ha le sue: i miei favoriti includono Sulmona in Italia Abruzzo; Enna, Erice e Noto in Sicilia; Matera in Basilicata; Tropea di Calabria; Ostuni in Puglia; Ascoli Piceni nelle Marche; Ravenna di Emilia-Romagna; Camogli in Liguria. L'elenco è lungo ...
Siamo al podio! E con una bella carta da giocare. Moltissimo potenziale per soddisfare i bisogni dei clienti e dei territori. Far rivivere i borghi significa sviluppo, stop all’emigrazione, attrazione di talenti (soprattutto se anche lì fai arrivare la fibra ottica)  

2. Giardini gloriosi
I giardini sono ovunque in Italia, dalle ville venete e del lago Italia a nord agli uliveti ombreggiati in Toscana e al cortile siciliano profumato al limone a sud. I favoriti personali includono Ninf, a sud di Roma; Hanbury vicino a Ventimiglia; Villa Carlotta sul lago di Como; La Mortella ad Ischia; e i pittoreschi e bellissimi Giardini dei Tarocchi nel nord del Lazio.
Con un bel colpo di scena i giardini prendono l'argento! E' una scelta molto british e poco considerata quando ci immaginiamo attrattivi e memorabili. I giardini storici hanno un gran potenziale dopo 3 mesi di lockdown con la vista ridotta ai gerani sul davanzale.
Giardini da agire dunque, per imparare, per godere di spazi e luce. Per piacere.

1. Gli Italiani
Non puoi amare un paese se non ami la sua gente. Sappiamo anche che gli italiani spesso si vedono principalmente come toscani o siciliani, diciamo, o veneziani o napoletani, piuttosto che italiani. Ma sono sempre gli stessi: realisti, cinici; passionali e rumorosi, ma anche formali e conservatori; pragmatici e indipendenti; spontanei e socievoli, e con sensuale apprezzamento per le cose migliori nella vita - e non c'è da meravigliarsi in un paese in cui le cose sono migliori nella vita in modo così ampio.
“Le Persone sono la destinazione” lo sottolineo sempre nei miei corsi di progettazione culturale. Prendo in prestito spesso il piano strategico Wondeful Copenaghen che ha scalato il concetto a politica per la città. Non siamo meglio degli altri. Siamo diversi. E piacciamo così. A partire da questo possiamo candidarci a essere la destinazione preferita di chiunque. Perché chiunque è umano qui può trovare quello che cerca.
Occorre esserne consapevoli e far diventare un dono di natura la principale leva della nostra relazione col mercato