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martedì 25 giugno 2013

Un mondo diverso è possibile (con i soldi Europei?)

Evito solitamente di parlarvi del mio lavoro, perché è molto tecnico e piuttosto noioso per chi non abbia un'ora di tempo per ascoltare e una malsana passione per la complessità. Può bastarvi sapere che da venti anni lavoro con le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione nel costruire servizi per il lavoro e dello sviluppo economico attraverso Fondi e Politiche Europee. Nonostante ciò, penso valga la pena continuare a leggere :-)

Fin dall'inizio mi sono scontrato con il fatto che le Istituzioni in media non desiderano né idee né novità. Con le mie orecchie ho sentito funzionari strapagati dire in pubblico e senza pudore  "E' 20 anni che finanzio l'innovazione e non ho ancora capito di cosa si tratti."
In fondo, ci sono stati anni (almeno fino al 2008) in cui gli sprechi di soldi pubblici facevano notizia per pochi minuti perché il sistema economico funzionava nonostante le inefficienze, in parte addirittura le alimentava ad arte per falsare il funzionamento dei mercati e l'ingresso di concorrenti non graditi.

Vi informo ufficialmente che sta succedendo qualcosa di finora impensabile. Per la prima volta le torri d'avorio della politica e della burocrazia hanno calato i ponti levatoi e stanno chiedendo di portare a loro idee e soluzioni. Cercasi anche strategie e tattiche. Magari anche spiegazioni e pacche sulle spalle. E' un fiorire di Concorsi di Idee, Tavoli di Partenariato, Coprogettazione, Coinvolgimento. Non sanno che pesci prendere, hanno capito che qualcosa deve cambiare, che almeno occorre dare questa sensazione, che gli unici soldi veri sono quelli Europei. Il problema che in Europa si sono stufati di considerare l'Italia tra i paesi in cui il denaro  si usa come foraggio e non come seme. Da Bruxelles hanno detto chiaramente che qui da noi ci sarebbe bisogno di un modello di sviluppo differente, magari più equo e efficace.
Bello, vero? Abbiano annuito. Purtroppo ormai però il sistema stesso a cui si rivolgono è disabituato a pensare, risolvere, lavorare per obiettivi, affrontare questioni reali. C'è un analfabetismo dei fondamenti  della coesione sociale, dello sviluppo del territorio, della felicità, del mercato del lavoro, che lascia sgomenti prima ancora che preoccupati.
Le rappresentanze delle Imprese e dei Lavoratori, disabituate a questa apertura nel merito dei contenuti, non sanno cosa dire e chiedere tranne che ammortizzatori sociali, incentivi, aiuti a fondo perduto. Sono consapevoli di un mondo che affonda e al massimo riescono a immaginare salvagenti, ma mai rotte da seguire per raggiungere porti sicuri e terre sognate. Frequentando i tavoli e i luoghi dove si dovrebbe sviluppare questa rinnovata partecipazione capisci subito come il 'sistema delle rappresentanze' non rappresenti più nulla: le aziende non si iscrivono più alle associazioni di categoria così come i sindacati sono polmoni senz'aria. Ma i riti prevedono che chi decide consulti loro per deliberare i propri interventi. Ai tavoli di discussione vengono sbandierate ingenue utopie che alternativamente si possono chiamare "Reddito minimo garantito" o "Privatizzazioni", che stanno all'uscita dalla crisi come una caramella balsamica sta a una polmonite.
Nessuno che parli mai di mercati che cambiano, di giovani talenti da valorizzare, di come i consumatori si comportino differentemente, di specializzazione dei territori, di economia della condivisione, di internazionalizzazione del pensiero e dei mercati. Nessuno che applichi il realismo al futuro per renderlo sostenibile in tutti i sensi.
Ascolti le università proporsi come risolutrici di problemi: fate fare a noi l'analisi del contesto economico, la rilevazione dei fabbisogni formativi delle imprese, la progettazione degli interventi, la programmazione della formazione, la valutazione exante, expost, come se una qualsiasi di queste funzioni fossero state capaci di svilupparla per se stessi, per i propri corsi di laurea che generano illusioni e vedono il mercato del lavoro da un altro sistema solare.

C'è bisogno di idee. Qualcuno le ha, alcuni li vedo e li conosco, ma qui nessuno si fida di nessuno. Poi, manca la fiducia che in questa ricerca di idee e soluzioni ci sia vera voglia di fare e cambiare, da parte di un sistema facilmente incapace pure di capire le proposte che gli fai e senza il coraggio di realizzarle.
Sappiatelo: le idee e i progetti costano fatica, sforzo, rinunce. Chi ha idee di valore vorrebbe magari avere qualcosa in cambio e non metterle lì per un generico "bene della società", per  qualcuno che quasi certamente si farà bello senza neanche un "grazie". Altrimenti le porta altrove, le rivende o le insabbia nell'accidia fino a farle diventare rimpianti per la collettività. 
Come stiamo diventando brutti. Lo so. Non me lo dite che me o dico già da solo.

giovedì 13 giugno 2013

I Saggi di fine anno: Complementi di educazione per genitori (caso 9).

Tratterò qui di quella serie inevitabili di eventi paraeducativi che con la scusa di rendere visibile al genitore le fasi della crescita dei suoi bambini, servono nei fatti a giustificare come mai il corso di musica per un infante di 6 anni costa come le rate dell’utilitaria, il corso di teatro per un salamotto di 4 come un palco stagionale all’opera, la danza per una goffa pupottola come l'intera caldaia di cui stai rimandando da 3 anni la sostituzione.
Sono eventi importanti che si svolgono in gran parte nelle scuole, poi nelle palestre, centri sportivi e altri luoghi solitamente inadatti a umani alti più di 110 centimetri.
Le indicazioni principali che l’esperienza consiglia  sono:

Bisogna esserci: gli/le insegnanti mettono così tanta enfasi nell’evento che il trauma nel bambino per una vostra assenza è ogni volta paragonabile a quello che voi provereste se vostra madre fosse dalla parrucchiera invece che davanti alla tv nel momento del vostro atterraggio su Marte.  

Occhio all’effetto ‘scarrafone’: il/la vostro erede farà più o meno quello che ci si aspetta da un minore della sua età, inclusa una certa propensione a dimenticare tutto, smoccolarsi, andare fuori tempo, annoiarsi almeno quanto voi. Ma non lo noterete, sarà invece tutto bellissimo. L’evento sarà di una banalità prevedibile come i superlativi che poi userete descrivendolo ai nonni e parenti. (“Devi vedere come balla!”, “E’ un attore nato!”, “Un talento naturale!”, “La migliore del suo corso”)

Foto e video: il comportamento dei genitori (specie dei padri) dotati di smartphone, video, fotocamere, nell’epoca della riproducibilità dell’immagine segna questi eventi come veri set. A essi l’oblio non è consentito. Alla memoria non è concesso il dono di rendere tutto memorabile davvero. Il mezzo diventa il messaggio. Senza  la foto il travestimento da antico romano non vale nulla, l'investimento nel tutù non viene ammortizzato, il balletto non è esistito. Le immagini sfocate e mosse della banalità infantile saranno poi la base dei vostri racconti densi di superlativi e esclamativi.   

I Bambini: non vedranno l’ora che sia finita, non vorranno rivedere le foto, né fare le foche quando chiederete di ripetere il saggio in presenza di estranei. Il fatto che dobbiate esserci non vi autorizza però a considerare l’evento più importante di un qualsiasi altro giorno, per loro ugualmente importante. Mi raccomando, fate in loro presenza complimenti anche agli altri bambini affinché quello che coltiviate in tutti sia autostima e non narcisismo.



Per chi volesse approfondire i casi precedenti: 

mercoledì 12 giugno 2013

Non di soli spremiagrumi vive il design.

Alessi, noto marchio del design italiano, ha lanciato in questi giorni il progetto “Buon Lavoro – La Fabbrica per la Città”, un’iniziativa promossa in collaborazione con il Comune di Omegna, che prevede la destinazione di un significativo numero di ore di lavoro dei dipendenti ad attività di utilità sociale sul territorio, da oggi fino a novembre 2013. La scelta strategica di mantenere una parte rilevante della produzione in Italia, che la Alessi ha fatto nonostante la crisi, comporta anche la necessità di gestire il difficile equilibrio tra domanda e offerta produttiva.
Ci sono stati i periodi di vacche grasse e ora l'azienda vive un certo rallentamento del mercato. 
Licenziare? Mettere in Cassa Integrazione? No, affatto.
In una reale ottica di condivisione del valore creato col territorio di appartenenza,  286 i dipendenti – operai, impiegati e dirigenti - hanno volontariamente deciso di aderire all’iniziativa, quasi l’85% del totale. Ognuno di loro ha destinato al progetto da 1 a 8 giornate di lavoro normalmente retribuito, per un totale di circa 9.000 ore al servizio della comunità locale, da realizzarsi tra giugno e novembre.
Le principali attività che vedranno coinvolti i volontari Alessi riguardano l’intervento di tinteggiatura e riordino degli oltre 3.000 mq della scuola De Amicis; la manutenzione ordinaria degli spazi pubblici, dei giardini e dei parchi del lungolago; l’affiancamento degli operatori sociali nell’accompagnamento a bambini, anziani e disabili.
Proprio in quest’ultimo ambito nasce, inoltre, un progetto nel progetto: la creazione all’interno degli spazi della fabbrica di un laboratorio artigianale per utenti disabili, un’iniziativa a lungo termine, gestita da educatori e coadiuvata dai volontari della Alessi.

Ok, lo ammetto, il mio feticismo è assai limitato e lo spremiagrumi di Philippe Starck è in questa breve lista, ma l’iniziativa della Alessi a mio avviso apre nuovi scenari in materia di Responsabilità Sociale di impresa e di integrazione tra i contesti sociali e produttivi. Qualcosa di vero dopo la tanta fuffa destinata solo al marketing vista in questi anni.
E non c'è solo il valore che il territorio riceve ma anche quello che dà: immagino operai, artigiani, manager, designer, che di queste attività outdoor e outfirm fanno tesoro e colgono stimoli per fare meglio il proprio lavoro. Potrebbero nascere anche nuovi progetti e prodotti.  

Questo tipo di iniziative andrebbe incentivato e in qualche modo incluso nei requisiti di accesso a strumenti quali la  Cassa Integrazione in Deroga, ad esempio. 
Qualcuno dirà che in Italia certe cose non si possono fare... io dico che occorre iniziare e farsi illuminare dai risultati.