Pagine

martedì 24 aprile 2012

W il 25 Aprile

La crisi si vive, si tocca, ti avvolge, ti fa la festa.
Ho decine di amici cassintegrati e preoccupati, altri che il lavoro lo perderanno o lo hanno già perso, e c’è chi ancora ne ha uno che però non gli consente però di vivere in autonomia e a 40 anni torna a casa dei genitori. I clienti migliori mi chiedono di accettare una riduzione del compenso del 20-30%, scusandosi per la loro mancanza di risorse, con lo sguardo greve di chi sa che dopo aver tagliato a me dovranno autotagliarsi; un mio editore è fallito; un ente pubblico che mi doveva un botto di soldi è stato chiuso da Tremonti da un giorno all’altro.
Puoi però andare a teatro senza prenotazione pagando prezzi da cinema, al cinema invece ci si portano ormai solo i bambini per il loro compleanno, e per scaricare un video pirata con eMule ti devi mettere in fila come al botteghino.
Poi ci sono le auto… a Genova e a Milano tutti dicono stupiti che il traffico è dimezzato, che la mattina ci mettono 20 minuti in meno per andare al lavoro. A Roma poi la scusa principe di ogni ritardo “C’era traffico sul Raccordo Anulare” non regge più, e ciò manda nello sconforto una platea geneticamente ritardataria che negli effetti collaterali della crisi trova pure emendamenti ai propri vizi.
C’è tensione nell’aria perché le risposte e le proposte sono poche, confuse, in ritardo, vecchie già sul nascere, nate per semplificare e non risolvere. Un governo tecnico che perlomeno sa usare le tabelline ha bollato una classe politica, industriale e sindacale autoreferenziale e autistica, che per decenni ha rimestato l’aria per bersi tutta l’acqua e spegnere ogni fuoco. Adesso il Paese deve reimparare a pensare, a creare, a lottare, a indignarsi e anche a sorridere e godere. Sarà duro ma necessario.
La crisi non è un’opportunità, basta retorica, ma è una condizione drammatica che abbiamo in gran parte generato rinunciando a pensare, agire e a far di conto. Alcuni sono più responsabili di altri, sicuro, vanno messi all’angolo e gli va impedito di perseverare. Ne usciremo però solo se sapremo collettivamente esprimere l'idea di un diverso modello di vita, e lottare per ottenerlo. Un po' come partigiani.

Nessun commento:

Posta un commento