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sabato 24 agosto 2013

L’uomo in sala parto: Complementi di educazione per genitori (caso 10)

È arrivato il momento di parlarne. Si tratta di un argomento attuale ma non di certo alla moda. Verrebbe quasi da dire “L’uomo in sala parto? Siamo nel ventunesimo secolo e stiamo ancora a parlare di una cosa così ovvia?”
Poi ti capita di origliare i discorsi delle amiche e delle neomamme e capisci che il tema è lontano dall’essere dibattuto, ma forse solo affrontato, meno che mai capito nella sua importanza. Sento di donne che in sala parto ci hanno portato la madre, la sorella, la miglior amica, perché il ‘lui’ non era gradito, era indisposto, indisponibile, indisponente. Poi conosco uomini che affermano con certezza che l’uomo deve stare fuori a passeggiare nervoso e limitarsi a sollevare il neonato davanti alle folle come fa Simba nel “Re Leone” e null’altro. Ci sono poi quelli della Via di Mezzo: “il travaglio lo seguo ma in sala parto non ci entro”.
Io la penso così. Quando ciò è possibile sul piano medico:
  • L’uomo DEVE esserci dall’inizio alla fine: il parto è di solito l’esperienza più forte, magica, emozionante che possa capitare a una coppia. Lo so, può essere anche la più tragica, dolorosa (e non intendo sul piano fisico), shoccante. In entrambe i casi va vissuta in due perché il figlio sia di tutti e due, perché la gioia o il dolore siano patrimonio di entrambi e tutto venga così con-diviso, raddoppiando i sorrisi o dividendo le pene.
  • L’uomo in sala parto non serve a nulla e dunque serve tanto: l’uomo lì non serve, questo è certo. Lei vi dirà “La tua presenza è stata importante” e non saprete mai quanto sia stato vero, specie se siete svenuti al taglio del cordone ombelicale. Ogni tanto, se lei si accorgerà se ci siete, vi chiederà cose in apparenza insulse come un bicchier d’acqua, un massaggio alla schiena, eseguite e vi sarete guadagnati il gettone di presenza.
  • Non fatevi venire delle idee: anche se abbiamo letto qualche libro, noi uomini di parto non possiamo fiatare. Non suggerite mai nulla, non proponete e, soprattutto, non raccontate dei suggerimenti della mamma, sorella, cugina, blogger o esperti di settore. La cosa migliore è tacere. Zitti e basta. Le donne sono concentrate su cose già abbastanza complicate da stare a sentire la vostra opinione su quale posizione assumere o sul tasso di epidurali nell’Africa sub-sahariana.
  • Imparate da Lei: assistere a un parto non può che far aumentare il rispetto e la conoscenza per quella donna. Ne sarete orgogliosi, ne coglierete la forza, l’istinto, la potenza direi. La guarderete con occhi diversi. Aver visto come sia stata capace di fare un figlio ve la farà sentire più vicina e se mai avete avuto dubbi sulla sua forza, ecco che lì verranno spazzati via da un paio di urla come si deve.
  • Godetevi lo spettacolo: eccolo, ammettiamolo uomini, assistere a un parto è anche bellissimo. Quindi, osservate più che potete. È meccanico e magico assieme. Guardate le mani dell’ostetrica. Fatevi spiegare la forma della placenta. Chiedete di esser voi a fare il primo bagno, di esserci mentre gli fanno la puntura sul tallone, mentre il pediatra fa la prima visita. Potrete vederlo da vicino, per la prima volta.
  • Non fatevi prendere la mano: tale è la forza e la bellezza dell’evento che in alcuni scatta la sindrome da Evento Premium e la voglia di filmare o fotografare tutto anche in sala parto. Non fatelo. Vi prego. Anche se lei acconsente. Non mi vengono in mente momenti più intimi di questo: tenetelo per voi.
  • Fate muro: l’unica cosa davvero utile che l’uomo può fare è ‘fare muro’. L’aspetto peggiore del parto può essere la processione di parenti, consuocere, amici e tifosi in ossequio al bambinello che riempiono la stanza di fiori e ancora peggiori chiacchiere e contumelie. Fate muro, filtrate, rimbalzate, lasciate dormire la mamma, fatela stare da sola il più possibile col bambino. È l’unica cosa importante. Soprattutto se il figlio è il primo.       


Per chi volesse approfondire alcuni casi precedenti:                    

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