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martedì 16 luglio 2013

Ho incontrato una Snowden all'amatriciana.

Aveva delle tette così esplosive che avrebbero da sole meritato un posto al Louvre degno delle 'O' di Giotto ma presto le dimenticai, travolto dall’interesse per il suo lavoro, per me, ai limiti dell’incredibile e della legalità.
La chiamerò Laura. L’ho conosciuta in un pub qualche anno fa. Quella calda sera d’estate la mia attenzione oscillò per un po’ tra le sue tette e quello che diceva, e ero incredulo per entrambe. Per inquadrare simpaticamente il suo lavoro usò dapprima parole vuote ma suggestive tipo “Mi occupo di business intelligence”, “Cose da web semantico”, “Analizzo big data” poi incalzata, e forse lusingata, dalla mia conoscenza del ramo – e da qualche birra di troppo - svelò via via maggiori dettagli.
“Ad esempio”, mi disse. “Lavoriamo molto in periodo elettorale, nelle zone in cui il risultato è incerto, dove magari 1000 o 100 voti fanno la differenza per un seggio.” Si prese una seconda birra bianca, “Noi sappiamo tutto  di ogni elettore.”
“Di chi?” dissi, ingenuo.
“Anche di te”, rise. “Sappiamo che auto hai, se l’hai pagata e come, che ristoranti frequenti, gli hotel. Ogni cosa sulla tua casa, le tue multe, i tuoi debiti. Seguiamo e incrociamo le informazioni dei tuoi conti, del tuo gps, della carta di credito, il bancomat, gli acquisti on line, le donazioni a Emergency, musica scaricata, ebook letti.”
“Ma è legale?” balbettai.
Laura oscillò tutta sullo sgabellino del bancone prima di parlare. “Le singole basi di dati sono acquisite in modo abbastanza legale. Sono in vendita e noi li usiamo. Niente lo vieta, a oggi. La qualità dei risultati dipende solo dalla capacità dell’analista nell’incrociare i numeri. La potenza di calcolo non è più un problema.” Lo sguardo di Laura scintillava: quello era il suo campo.
“Sono un matematico” le dissi per farle capire che potevo apprezzare le sue confidenze per il valore che avevano. Lei sorrise.
“E cosa potete fare con questi dati?”
“Tutto”, era molto sicura di sé. “Prevedere comportamenti di acquisto o di voto, che poi sono la stessa cosa, e simulare gli effetti di azioni di condizionamento. Possiamo sapere se sei interessato a un corso di inglese, un massaggio, un viaggio a Bali con sessioni di yoga.”
“Quindi più uno e poveraccio e più voi siete disinteressati a lui?” provai a sdrammatizzare.
“Non noi. I nostri clienti. Comunque anche i poveracci votano…” e la sua anima sociale, si vedeva, non era legata alla difesa delle garanzie democratiche ma alla forza del mercato. “E poi”, aggiunse Laura illuminando gli occhi color miele, “i poveracci sono quelli che interessano di più alle polizie. Sono quelli che fanno casino e disturbano i mercati. Sono utilissimi anche loro.”

È come del porco: dei dati personali non si butta via niente. 

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