Questa serena freddezza mi ha sempre difeso dalle suggestioni
facili e dalle infatuazioni di una sera. Per impressionarmi occorre forare
strati di scetticismo. Ovviamente, bucata la corazza mi lascio completamente
andare e la deriva della ragione diventa totale.
Nonostante molti altri amori mi abbiano accarezzato il cuore,
sono stato soggiogato in tenera età dalla seduzione del Cornetto Algida.
Lei era la ragazzina che pubblicizzava il cuore di panna che il Cornetto raccoglie.
Capelli castani, occhi neri. La conobbi in un spot e ciò mi bastò. Per trenta
secondi fummo io e lei, lei e me, io sul divano e lei nel monoscopio, e furono
i tormenti, le gioie e la passione.
Era sdraiata sulla spiaggia. Morbida, con indosso un costume
scuro. Improvvisamente qualcosa attirava la sua attenzione. La ricordo
voltarsi, con la canzone di sottofondo che sussurrava: «Se quello che cerchi, è
un cuore da amare» (Sì, sì, lo cerco. Oh, come lo cerco!). I suoi occhioni
scuri e le lentiggini. «Un piccolo cuore per farti sognare» (Che piccolo cuore
e che belle piccole tette, e all’uso neanche troppo piccole!). Veniva poi lo
sguardo stupito e innamorato di lei verso di lui (uno sfigato qualsiasi che
avrei potuto essere io). La musica in crescendo «un sogno d’estate. Un cuore di
panna troveraiiiiiii».
E i due correvano uno verso l’altro e poi si abbracciavano (e io
sorridevo ogni volta come uno scemo). Finiva sempre che mangiavano il Cornetto
e io in quel trionfo di gelato non riuscivo più a distinguere quali fossero i
preliminari, quale il climax, quale il messaggio. Allora, appena potevo, lo
compravo e lo mordevo: era strabuono, più imitato della Settimana Enigmistica
e del ciuffo di Elvis Presley.
Ancora oggi, quando la corona di cioccolato e
nocciole o quel culo appuntito ripieno di fondente mi scrocchiano tra i denti,
mi chiedo come possa ogni volta ripetersi quell’emozione. Allora chiudo gli
occhi, penso alla moretta con le lentiggini, e mi sazio della certezza che
l’esistenza del Cornetto sia la sua prova di fedeltà eterna.
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