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domenica 22 giugno 2014

Ho visto il Peggio (e ancora mi mette i brividi)

Il Peggio è un politico navigato, oscurato per pudore, riesumato, impomatato e riciclato nel consiglio di amministrazione di un ente inutile inventato per lui che si presenta a un convegno per pochi intimi in una provincia ex-ricca del nord Italia. Il suo partito? Irrilevante per scelta programmatica.
Lui stesso non credo abbia coscenza dell'essere al governo o all'opposizione, esiste e dunque esige e questo gli basta. Con mestiere sopraffino stringere più mani di quelle poche presenti in sala e con leggerezza concede il suo interesse e chiede a ciascuno di noi qualcosa di irrilevante e personale al tempo stesso: “Come è andato il viaggio?” a me, “Interessante il titolo, vero?” a te, “Come va?” a uno che ha la faccia di chi è appena uscito da un’influenza o è entrato nella cassa integrazione. Ti guarda il Peggio, è interessato a te, cerca di memorizzare il tuo voto e il tuo volto. Gli stringi la mano anche se non ci tieni, per saggiarne la consistenza tridimensionale, gli rispondi perché ti pare capace di usare armi di distruzioni di massa contro te e la tua famiglia se non lo farai.

È il Peggio a dare un senso al prestigioso consesso orfano di dotti, medici e sapienti. E' suo l'intervento di apertura, e di chiusura e dirifinitura. L'opaco discorso è subito impalmato dai riconoscimenti alla “vocazione splendida di questa regione”, e poi all“incredibile” qualcosa tipico dei cittadini di questa città padana sonnolenta e razzista più per noia che per convinzione. Appena nel lessico del Peggio confluiscono le attese “Sinergie”, “Integrazione”, “Responsabilità – futuro –occupazione per i giovani” dette più volte in tutte le combinazioni possibili ci sentiamo a nostro agio per aver supposto la prevedibilità del Peggio.

Il Peggio sono poi, per induzione, tutti i relatori che seguono, reattivi nel citare e sottolineare i passi del discorso inconcludente e vuoto che il politico ha fatto sull’argomento del convegno, un tema di tendenza, obbligatorio per entrare nella modernità, su cui l’Unione Europea ci invita a riflettere ma che nessuno si degna di studiare, di cui il Peggio non ha la minima cognizione e quel che è peggio è che sa che è inutile averla. Sa però che quel tema gemmerà progettazioni ardite e innovative in risposta a domande sbagliate e necessità inesistenti, finanziamenti opportuni, investimenti opportunistici, di cui al Peggio e ai suoi peggiori amici devono tornarne in mano una cifra importante e degna della responsabilità che lui , per il bene della comunità, si è assunto.

Il Peggio include noi, pubblico sonnolento che partecipa al rito, me compreso, controllando la posta, twittando, sognando un coffee break che non arriverà mai perchè la spending review socializza i tagli e evita le socializzazioni. in 140 caratteri ironizziamo con cinismo sperando che tutto passi, sapendo che nulla davvero terminerà.

Parte del Peggio è anche l’assistente del politico, un’ex avvenente, forse laureata, di certo chirurgicamente modificata, abituata a molto peggio degli sguardi anatomopatologici scoccati dai presenti, più stupiti che affascinati dal vedere in tre dimensioni in lei un'icona di ciò che fino a quel momento avevano solo sbirciato nelle cronache dal Palazzo.

Il Peggio conclamato sono i tre giovani in giacca e cravatta, arrivati con lui e che pendono dalle labbra del politico. Lo guardano come fosse un punto di arrivo, molto più pornografici dell’assistente curvilinea, più intimamente modificati di lei perché quello che si sono venduti lo hanno dentro e non ne sono rivestiti.

Il Peggio è il gigantesco fermo immagine che pare aver colpito tutto in quella sala dove le parole della nostra bella lingua suonano vuote, senza opposizione, semplificate ad arte per dimostrare come il Peggio stesso sia l'unica possibilità: e dunque il meno peggio. 
Tutto pare semplice da capire, faticoso da spiegare, inevitabile, e rende inutile pensare a un'alternativa al Peggio.

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