Lo inseguivo da un po’ e ieri sera ho finalmente visto “La
Mafia Uccide Solo d’Estate” in un’arena estiva.
Film carino e molto didascalico, ottimo per chi in quegli
anni non c’era o era troppo giovane per ricordare le troppe stragi di mafia a
Palermo. Credo possa avvicinare i più giovani a temi che diamo molto per
scontati ma non lo sono affatto.
La forza del film sono le storie di sconfitta per
lo Stato presentate con filmati di repertorio e miscelate con la vita ordinaria
di un ragazzino che a Palermo cresce e diventa uomo. Per me sono state un colpo
di vento su una catena di ricordi che hanno segnato la mia educazione etica e,
anche un po’, sentimentale.
In generale, i fenomeni incomprensibili mi segnano. Ricordo lo
sbarco sulla Luna anche se avevo solo 3 anni, poi i colpi di mitra della strage
dei carabinieri Tosa e Battaglin sotto casa mia sentiti andando a scuola, il rapimento Moro, la morte del procuratore
Coco, la strage di Bologna, le morti di Falcone e Borsellino, quelle di D’Antona
e Biagi. Quando scrivo ‘ricordo’ intendo che ho ancora la percezione esatta di
cosa vedevo, facevo, toccavo, odoravo in quel momento. Il film di ieri sera ha
riacceso tutto questo per la Sicilia e quegli anni.
La morte di Falcone a Capaci mi lasciò stordito. In quei
mesi insegnavo in una scuola superiore per pagarmi un po’ gli studi e cercare
di riempire di senso l’inizio dell’età adulta. Ero un supplente non ancora
laureato, con nessuna preparazione specifica all’insegnamento. È stata quella
prima volta nella vita (ce ne sono state altre, tutte dolorose) in cui ho deciso di chiamare i presenti a un minuto di silenzio. Con loro ho parlato di chi fosse quel magistrato, ancora oggi non
so dove trovai le idee e la forza. Ricordo che mi guardavano, indecisi se
quella storia fosse meglio o peggio del tempo perso dalla lezione di informatica. Loro
avevano 15 anni e da me si aspettavano una mattina di certo differente. Ricordo bene che quasi nessuno dei ragazzi ne aveva parlato il giorno prima con i genitori
a cena.
Una sera d’estate di poche settimane dopo chiamai a casa per
avvisare che rimanevo al mare a mangiare una pizza per evitare il traffico del
weekend. Mio padre mi informò della strage di Via D’Amelio. Ricordo la cabina
telefonica a cui mi appoggiai, mi tornò vivida alla mente la faccia seria di Borsellino, annegai di colpo nel caldo di una serata
di inizio estate che altrimenti sarebbe stata bellissima, le discussioni con
gli amici diventarono una sfida alla pizza che proprio non andava giù.
Quattro anni dopo frequentai V.. Era di Palermo, aveva gli stessi
occhi blu e capelli biondi della ragazza di Pif nel film. Abitava in un
appartamento signorile del centro città presidiato da un paracadutista della Folgore
col fazzoletto rosso e il mitra più grande che avessi mai visto. Attraverso i
suoi occhi ho imparato a amare la Sicilia.
E' ripensando a V. e al suo sorriso mentre, camminando per le strade di una città presidiata dalle autoblindo dell’Operazione Vespri Siciliani, mi diceva “Da quando c’è l’esercito in città, i miei mi fanno finalmente uscire da sola” che faccio scendere i titoli di coda sul mio film personale.
Concedetemelo, anche se non ho un nome d'arte bello come quello di Pif.
E' ripensando a V. e al suo sorriso mentre, camminando per le strade di una città presidiata dalle autoblindo dell’Operazione Vespri Siciliani, mi diceva “Da quando c’è l’esercito in città, i miei mi fanno finalmente uscire da sola” che faccio scendere i titoli di coda sul mio film personale.
Concedetemelo, anche se non ho un nome d'arte bello come quello di Pif.
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