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mercoledì 17 settembre 2014

Mangio o son desto?

Nella città di A. si mangia mediamente male, i ristoranti sono sciatti, i camerieri impreparati e spocchiosi. Servono vini autoctoni di cui vanno molto orgogliosi e non si capisce il perché. Come in almeno altri 10 capoluoghi di provincia, ripetono che la loro pizza è tra le migliori di Italia (e questa come bufala è di certo migliore di quella che usano sulla pizza). Nei dintorni di A. per tutta l’estate fioriscono le sagre paesane il cui livello medio di igiene, olio e qualità è esente da controllo delle ASL perché in caso di ispezione il sindaco e il parroco ne farebbero rimuovere all'istante il direttore sanitario.

La città di A. non è la sola città italiana segnata da una disarmante pochezza in tavola. Anche a C. si mangia davvero male. In nessuna delle due città puoi trovare qualcuno disposto ad ammetterlo: credo sia il coming out più temuto dall'opinione pubblica.
A F. credono, chissà perché, di saper cucinare il pesce; contraddirli in blocco sembra maleducato e ti accorgi che un'opinione papillare potrebbe danneggiare i rapporti di amicizia.
A I., borgo del centro Italia, invece hanno una cripta protoromanica affrescata con 4 evangelisti dalle lunghe barbe e un presepe policromo su legno del '700 che stenderebbero Stendhal ma gli abitanti vanno invece fieramente orgogliosi solo di alcuni dozzinali insaccati troppo salati e di un tipo di lenticchia farinosa senza ragione di esistere a cui alcuni chef prezzolati hanno dichiarato amore mercenario.

L’intera regione L. non ha praticamente un vino che valga la pena di essere stappato ma dirlo è una eresia e l’assessore di turno invece di sviluppare il turismo culturale pompa milioni di soldi pubblici per incentivare l’export di ciofeca a 12 gradi alcoolici verso ignari bevitori cinesi  o kazaki già alticci.

Fuori dall'Italia poi ci sono intere nazioni la cui cucina non troverebbe posto in classifica neppure tra le nostre mense ospedaliere.

Eppure tutti questi, senza eccezione non riescono a esimersi da lodare banali polpette di manzo o pseudopiadine con i fagioli che diventano prelibatezze da non perdere. Per non parlare dell'olio d'oliva di cui sempre più fanfaroni si dichiarano esperti e litigano sul quale sia il migliore d'Italia. E non ne posso più di depliant turistici, siti web, discorsi sul treno, dove sembra che si viaggi, ci si emozioni, si alzino gli occhi dagli smartphone solo per mangiare. Basta coltelli di ceramica scelti per non ossidare la verdura! Obietto a regali di nozze che includono termometri per l'arrosto, wok, spremiaglio, robot multifunzione, pesciera, sempre destinati a arruginire nelle loro scatole originali. Aborro i cake designer, immorali conformisti e irrispettosi della vera destinazione d'uso del cibo.

Ed è raro trovare qualcuno che cucini, e magari sappia descrivere la differenza che provano le dita a fare gli gnocchi con o senza l'uovo nell'impasto. Questo anche se una moltitudine si inebria più volte la settimana delle gesta celebrate degli chef televisivi (il che è confrontabile al fare davvero sesso piuttosto che masturbarsi guardando YouPorn)

Lo penso. Volevo scriverlo. L’ho fatto.

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