È stata senza ombra di dubbio una delle più sensazionali
settimane della mia vita.
Il Comune aveva lanciato un bando pubblico per costituire la
giuria
del 1° Festa del Cinema di Roma. Si trattava di vedere e commentare 8
film. Partecipammo in più di 3000. Venimmo preselezionati in circa 300. A
gruppi di 30 alla volta fummo convocati per un colloquio collettivo con giochi
di ruolo.
Lì incontrai per la prima volta Ettore Scola. Ci accolse uno per uno, assistette curioso ai nostri tentativi impacciati di passare la selezione. Osservava e prendeva appunti con i suoi assistenti.
Lì incontrai per la prima volta Ettore Scola. Ci accolse uno per uno, assistette curioso ai nostri tentativi impacciati di passare la selezione. Osservava e prendeva appunti con i suoi assistenti.
Poche settimane dopo ricevetti la notizia: ero tra i 50
prescelti.
All’epoca dirigevo un’azienda piuttosto grossa e rampante.
Faticai abbastanza a ottenere una settimana di ferie in novembre. Poi il circo ebbe inizio.
Ci muovevamo sempre in gruppo per 12 ore al giorno.
Tre-quattro proiezioni, più le riunioni di giuria per stabilire i criteri e
votare. Spesso raggiungevamo le conferenze stampa con gli attori, ci perdevamo
in interminabili discussioni tra di noi. Sì, ogni accesso al mondo esterno era
precluso, incluso giornalisti e familiari.
Ettore Scola era con noi, sempre col polso della situazione,
carino quando poteva esserlo, fermo quando le ambizioni cinefile di qualcuno
soverchiavano la logica o le regole della buona educazione. Indagava i nostri
punti di vista e misurava curioso la distanza che ci separava, come generazioni,
culture, punti di vista.
Ci furono due incidenti gravi in giuria (un piede e un
braccio rotti), varie influenze anche serie (incluso io), ma nessuno mollava. I
feriti ritornarono ingessati dopo poche ore all’ospedale e la Tachipirina
scorreva a fiumi e giorno dopo giorno la convinzione di essere fortunati di
sommava alla responsabilità dell’essere giusti e concentrati.
Gli aneddoti sarebbero mille, inclusa la cena notturna al
Bioparco riservata alla giuria, dopo la visita alle tigri. Ricordo una bella
discussione con Veltroni-cinefilo, l'incontro imbarazzato con la bella attrice francese che pochi minuti prima avevo visto sullo schermo in posizioni ginecologiche, l'orchestra di Santa Cecilia che suona il motivo di Star Wars, il silenzio di tutti quando in sala faceva buio.
Dal giovedì pomeriggio cominciò a montare la tensione legata
all’assegnazione dei premi. Lì fu chiaro che tra la maggioranza dei giurati e
Scola c’era pochissima identità di vedute. E si discusse, allo sfinimento, fino
a dover chiedere alla sicurezza di rimanere oltre l’orario di chiusura dell’Auditorium.
Andammo a oltranza per ore.
Solo la discussione per il premio alla Miglior
Attrice trovò tutti concordi: erano tutte scarse e votammo la meno peggio in
pochi minuti.
Di Scola porto con me un insegnamento di assertività e
autorevolezza assieme che ho sempre presente quando devo gestire dei gruppi.
Ancora ricordo la sua attenzione al risultato, rispettando ogni pensiero di noi pischelli, onorando allo stesso tempo la sua esperienza e l’incarico.
Votammo dunque convinti lo Shakespeare in
chiave russa Izobrajaya Zhertvy di Kirill
Serebrennikov (credo mai uscito in Italia) inventammo un premio speciale
della Giuria a This Is England di Shane Meadows che
uscì dopo molti anni e che trovò doppia giustizia nella bella serie prodotta in
questi anni. Premiammo poi Giorgio Colangeli come miglior attore per L'aria Salata di Alessandro Angelini dando visibilità a un grande attore.
Facemmo quello che nessuno di noi 50
avrebbe mai pensato di fare nella vita e lo facemmo, con sicurezza e passione,
accompagnati da Ettore Scola.
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