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mercoledì 15 maggio 2019

Il Salone del Libro di Torino per chi non c’era: dalla A alla Z


  •  A – Alberto Angela, presidente del consiglio dei saggi per acclamazione, atteso da una fila immensa. Evocato già dai perquisitori (quelli che all’ingresso ti tolgono le bottiglie d’acqua perché tu possa comprare l’acqua nei bar interni). Sbrilluccicante negli occhi glitterati delle signore phonate. Santo subito.
  • B – Bella Ciao, password popolare che apriva l’accesso alle teste altrimenti rinchiuse nella paura di un forte fascismo percepito. Era scritta sulle spilline indossate dagli editori, appesa agli stand, fischiettata nei bagni e nei corridoi. Mi son svegliato.
  • C – Code, una costante nel paesaggio. Migliaia di bipedi disposti a aspettare per ore in coda la presentazione di Salinger Jr., la dichiarazione di Saviano, la battuta di Pannofino. Code per mangiare, pisciare, pagare. Code.
  • D – Disegnetto, è il miglior modo di vendere libri se fai l’illustratore. Vati del gesto creativo seriale sono Zerocalcare, per avere il di cui disegno su un di cui libro occorreva prendere il numero e attendere qualche ora peggio che allo sportello Equitalia, e Leo Ortolani che invece amava veder la fila davanti a sé; fila così lunga da favorire la nascita di amicizie e amori.  
  • E – Ebook, scomparsi dai radar, schifati dal mercato, hackerati come avenger, sopportati da pochi editori, espulsi da altri. Nessuna traccia, nessuna convenienza. Fino ad alcune case editrici serie che, se proprio lo scrittore vuole, gli fanno l’ebook se se lo paga lui.
  • F – Fascismo, respinto, rimbalzato, esorcizzato, schiacciato da pile di libri e da suole inarrestabili, soprattutto da idee e buon senso che nel salone esondavano fluenti. Chi aveva pubblicato anche solo la biografia del nonno nato in quel periodo la esponeva come feticcio e parafulmine. La forza delle idee vs. la forza  contro le idee.
  • G – Giovani. Tanti, ovunque, in parte scarrozzati da professori, in parte impegnati in progetti di alternanza scuola/lavoro centrati sull’intervistare, scrivere, creare, gestire. Tanta curiosità esibita. Alla ricerca di voci sintonizzate sulle loro orecchie, e di orecchie sintonizzate sulle loro voci, che sono poche.
  • H – Haiaiai a chi pensava di trovare un posto comodo e democratico dove ricaricare il telefonino…
  • I – Ipocrisia. Un mare di editori a pagamento che nel Salone esibiscono verginità e serietà a danno degli allocchi. Stand enormi di sigle neppure distribuite in libreria. Robe così.
  • L – Libraccio. Un enorme stand del Libraccio che stravende testi scontati di un po’ tutti, di molti marchi presenti. Code alle casse. Migliaia in cerca dello sconto con gli editori lì accanto che fanno la fame con gli stessi volumi a prezzo pieno. Toglietelo di mezzo! È concorrenza scorretta, non vi pare? E abbassa di molto la percezione del valore dei testi. Un brutto spettacolo.    
  • M – Mangiare, code infinite e qualità da luna park di provincia. Hot dog, hamburger, pizza molliccia. Al Salone è meglio nutrire l’anima.
  • N – Novità, tante e varie.
  • O – Ohhh, facevano tutti davanti all’enorme cilindro di libri altro oltre 10 metri
  • P – Podcast, diversi gli stand interessanti che cercano di trovare la via italiana al podcast. Da Amazon a Storielibere.fm, in diversi fanno capolino in un mercato che trova molte delle sue ragioni nell’invecchiamento della popolazione, nella pigrizia dei lettori, nella diffusione dell’uso degli auricolari, nella qualità dei nuovi prodotti, nei nuovi home assistant (“Alexa leggimi 50 Sfumature di”). Da tenere sott’occhio.  
  • Q – Quando non ne potevo più di stare in piedi mi sono infilato in uno stuzzicante confronto sul western italiano da Tex a Red Redemption 2, da trame elementari a narrative non lineari. Per nerd della scrittura.
  • R – Regioni, hanno fatto i loro stand, molti grandi e grossi, e costosi. Luoghi senz’anima con l’attrattività di una bancarella bulgara di merce contraffatta nella periferia di Stoccarda. Puglia, Marche, Calabria, Sardegna, con libri dal valore dubbio  e la qualità risibile appoggiati su banconi, oscuri funzionari leggenti al massimo gruppi su whatsapp. Da evitare.
  • S – Spritz. Lo stand dello spritz molto pop e gettonato a tutte le ore. 5 euro per gradire. Intellettuali alticci, inebriati dall’arancione. Poco ‘Hare Krishna’, molto ‘... e dove ceniamo stasera?’
  • T – Torino, splendente ed efficiente, che ci ha stupito con la nuova passerella che collega Stazione Lingotto direttamente col Salone. Così si fa.
  • U – Undici i libri che mi sono comprato con la complicità del POS presente in ogni stand, tra cui: “Viviamo in acqua” di J. Walter e “Doppler – la vita con l’alce” di E. Loe di cui non sapevo nulla e contino a non sapere nulla, acquistati solo perché passavo di lì e gli editori sono stati convincenti
  • V – Visitatori. Tanti tantissimi, eterogenei, hipster e nonne, sognatori e fan, aspiranti qualsiasicosa, lettori incalliti e perdigiorno. Continuiamo così, facciamoci del bene.
  • Y – Youtuber, editori di grandi dimensioni che raddrizzano i bilanci con improbabili biografie di sedicenni spettinati che raccontano l’ombelico a una generazione che non ha occhi per vedere la luna. Giovani creature figlie di un’altra generazione che li ha convinti che mai andranno sulla luna, perché neppure esiste ed è stata messa lassù da Photoshop.
  • Z – Zero scuse: leggere fa bene a tutto.


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