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lunedì 15 ottobre 2012

Io e Walter Veltroni

Mi sono trasferito a Roma nel ’98, ci sono venuto per lavorare e nulla mi aspettavo oltre a una bellissima città un po’ decadente abitata da persone indaffarate, rumorose e gaudenti. Come infatti trovai. Nel 2001 venne eletto Veltroni e per otto anni circa fu il mio sindaco.
In queste ore in cui ha deciso di non ricandidarsi in Parlamento in molti ne parlano, sbeffeggiandone i tic, il mal d'Africa, la messianicità, il buonismo. Io vorrei invece ringraziarlo di cuore.
Gli anni con Veltroni sindaco di Roma sono stati anni importanti per questa città. È cambiata molto, in meglio. E forse a causa di questo anche io sono cambiato in meglio.
Veltroni sindaco era l’impersonificazione del sogno possibile di una Roma diversa. Come infatti è stato il larga parte. Non era buono o buonista, era rigoroso e responsabile. Credeva nel primato della politica e come nessun altro politico aveva le idee chiare su quali fossero i punti di forza e di debolezza della città, e di come le opportunità andassero create e colte. Dialogava e molto spesso portava a casa i risultati che desiderava. 
Nonostante la sistematica opera di smantellamento fatta a arte, ancora oggi salta all’occhio salta l’impressionante mole di iniziative che lui e la sua squadra hanno voluto e sviluppato che, ancor prima che portare in città milioni di turisti, e centinaia di imprese, hanno ridato ai romani l’orgoglio di vivere in questo posto benedetto dagli dei.
La sua risaputa attenzione maniacale per il consenso era per me la parte migliore di una tensione continua volta a realizzare un’idea di città in cui tutti fossero soddisfatti e felici. Bambinesco? Naive? No, eroico secondo me.
Ho avuto modo di constatare direttamente il suo amore per Roma e i romani. L’ho sentito più volte parlare a braccio davanti a scolaresche, imprenditori e premi nobel con lo stesso entusiasmo e con la stessa rara capacità di stimolarne domande e azzardare risposte.    
Di certo ha anche dovuto accettare e ricercare alcuni compromessi  (specie con la razza vorace dei palazzinari e con quell’anima nera di Roma che parte dall’Olimpico, passa per gli attici e finisce in Vaticano) ma, negli anni, ha avuto la forza per portare dalla sua molti scettici e distratti anche di sponda avversa.
A Roma si è vissuto per anni in un clima di apertura, di tolleranza, di accoglienza, di curiosità culturale che nessuno in buona fede può disconoscere e che ora ci manca assai. In quegli anni non avevamo davvero nulla da invidiare a Parigi, Barcellona o New York.  La sua politica di sviluppo e riqualificazione dei quartieri sopravvive ancora, così come sono amate le sue intuizioni come il Viaggio della Memoria a Auschwitz, la rinnovata Estate Romana, l’Auditorium, le timide pedonalizzazioni, gli eventi, il Gay Village, la Metro e i tram, il Festival del Cinema. 
Non si può accostare il progetto di Veltroni – inclusi i suoi errori - con l’inedia, la debolezza e l’opacità del sindaco attuale che vive con l’incubo della propria incapacità di essere anche solo confrontabile col predecessore e, come Nerone, preferirebbe bruciare questa città piuttosto che continuare a specchiarvi la propria inettitudine.
L’unica cosa che non ho mai del tutto perdonato a Veltroni è stata la sua candidatura del 2008 alle politiche, da sognatore stavolta un po’ ingenuo dove, come un Don Chisciotte contro i mulini a vento, pur portando il suo partito ai massimi storici si è fatto martirizzare da un avversario di tale spessore affaristico e criminale che per essere battuto avrebbe avuto bisogno di scontrarsi con un Paese dotato di ben altri attributi e anticorpi.
Ora che avrà di certo un’agenda più libera mi piacerebbe invitarlo per cena, presentarlo ai  miei figli, magari cucinargli qualcosa di etnico o di genovese, parlare con lui di musica ma anche di futuro, di progetti, di innovazione, di globalizzazione. Sento che sarebbe utile e bello. Forse non avrebbe lo scanzonato accento di un giovane toscano in cerca di autore ma di certo avrebbe sempre qualcosa di sensato da dire.

1 commento:

  1. Veltroni mi ha sempre dato l'idea di essere un uomo di cultura. Non un furbo, ma colto. Mi piacerebbe che in politica ci fossero meno furbi e piu' poeti.

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