Loredana invece mi aveva detto tempo fa che la sua pediatra
indicava di cominciare a ‘insegnare’ il rumeno del papà a Matteo dopo i tre
anni “perché prima non avrebbe senso, neppure capiscono l’italiano.”
Non credo sia necessario sottolineare qui l’importanza e la
ricchezza del bilinguismo, sia per quello che consentono in materia di
relazioni, che delle competenze e di capacità di relativizzare i concetti.
Mi pare invece il momento di fare ordine in questa
importante fase di apprendimento dei bambini della quale nessuno degli inutili manuali
di pedagogia che affollano gli scaffali fa mai cenno.
Mi permetto di farlo perché i miei bambini sono bilingui (italiano
e tedesco) e con loro ci sembra di essere sulla buona strada:
- Per i bambini non ci sono le lingue ma le persone: per loro c’è la lingua di mamma, la lingua di papà, quella del nonno… e non l’italiano, l’inglese, il rumeno. Associano le lingue alle persone. Nella loro testa il passaggio da una lingua all’altra è automatico a patto però che questa identificazione sia totale e senza incertezze. Ecco dunque che i due genitori con i bambini devono parlare SEMPRE e SOLO nella loro lingua, fin dall’inizio (qualcuno sostiene sia meglio farlo fin da quando il bambino è in pancia). Occorre costanza e metodo in questo. Occorre dire “Non capisco” (anche se non è vero) se il bimbo si esprime nella lingua sbagliata.
- Se i coniugi non sono ‘fluenti’ nelle rispettive lingue: capita spesso e per molti è il vero ostacolo. Io, ad esempio, non so quasi il tedesco e dunque non capisco tutto quello che mia moglie dice ai bambini. Negli anni però la percentuale della mia comprensione è salita dal 20 al 70% e a forza di ascoltare faccio costanti progressi. Non fatevi bloccare da questo, prendetelo come una opportunità anche per voi come coppia.
- I bambini non imparano le lingue, semplicemente parlano: non ci sono sforzi, non faticano. Ecco che l’associazione dei visi alle lingue per loro è naturale. Quando i miei erano piccoli, dopo le vacanze in Austria dove parlavano con tutti tedesco tranne che con me, al ritorno in Italia continuavano a fare nello stesso modo (perché ci mettevano qualche giorno per settare il concetto ‘persona sconosciuta’=lingua italiana.) Occorre anche uscire presto dallo schema papà-mamma ma dargli riferimenti in entrambe le lingue già in Italia. Fate sì che abbiano altri bambini con cui giocare e parlare la lingua diversa dall'italiano.
- La quantità è importante: i detti popolari come ‘i bambini sono delle spugne’, ‘ da piccoli si impara più facilmente’ hanno sicuramente una base scientifica. Non ho elementi per valutare; so solo che la lingua si impara per quantità e amore. Se si ascolta tanto tanto tanto da una persona che si ama, si impara naturalmente. A ogni età. Ecco tutto. E dunque occorre costanza e impegno. Ritengo importante che, almeno sinché non sono sicuri in entrambe le lingue, le vacanze vadano fatte nel paese straniero.
- La lingua ‘forte’ e quella ‘debole’, come riequilibrare: una delle due lingue è sempre più presente. Di norma è quella del paese in cui si vive, che spesso diventa anche quella veicolare tra fratelli e sorelle. Ecco allora che occorre difendere e valorizzare quella meno presente. Suggerisco fin da piccoli l’uso sistematico di film e cartoni animati in lingua, l’introduzione di feste tipiche (ad es. noi abbiamo la Martinsfest a Novembre, l’arrivo dei Re Magi, e altre simpatiche ricorrenze con musiche e rappresentazioni), di legare il cibo alla lingua introducendo spesso nel menù italiano piatti dell’altro paese spiegandoli, raccontandoli. Di estrema importanza sono poi i libri e le canzoni in lingua: qui occorre esagerare perché nell’ascolto e nella riproduzione infinita si marchino nei bambini i pattern della lingua.