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lunedì 30 settembre 2013

I bambini e il bilinguismo (caso 11)

Al parco ho incontrato Kate. È italoamericana, è la mamma di Marta, una pupetta di 4 anni con i capelli corti e gli occhi grandi. Era furiosa. “Le maestre della scuola materna mi hanno detto di non parlare a Marta in inglese altrimenti si confonde, e quando loro le parlano in italiano lei non capisce.” Le pareva paradossale, come in effetti è.
Loredana invece mi aveva detto tempo fa che la sua pediatra indicava di cominciare a ‘insegnare’ il rumeno del papà a Matteo dopo i tre anni “perché prima non avrebbe senso, neppure capiscono l’italiano.”
Non credo sia necessario sottolineare qui l’importanza e la ricchezza del bilinguismo, sia per quello che consentono in materia di relazioni, che delle competenze e di capacità di relativizzare i concetti.
Mi pare invece il momento di fare ordine in questa importante fase di apprendimento dei bambini della quale nessuno degli inutili manuali di pedagogia che affollano gli scaffali fa mai cenno.
Mi permetto di farlo perché i miei bambini sono bilingui (italiano e tedesco) e con loro ci sembra di essere sulla buona strada:
  • Per i bambini non ci sono le lingue ma le persone: per loro c’è la lingua di mamma, la lingua di papà, quella del nonno… e non l’italiano, l’inglese, il rumeno. Associano le lingue alle persone. Nella loro testa il passaggio da una lingua all’altra è automatico a patto però che questa identificazione sia totale e senza incertezze. Ecco dunque che i due genitori con i bambini devono parlare SEMPRE e SOLO nella loro lingua, fin dall’inizio (qualcuno sostiene sia meglio farlo fin da quando il bambino è in pancia). Occorre costanza e metodo in questo.  Occorre dire “Non capisco” (anche se non è vero) se il bimbo si esprime nella lingua sbagliata.
  • Se i coniugi non sono ‘fluenti’ nelle rispettive lingue: capita spesso e per molti è il vero ostacolo. Io, ad esempio, non so quasi il tedesco e dunque non capisco tutto quello che mia moglie dice ai bambini. Negli anni però la percentuale della mia comprensione è salita dal 20 al 70% e a forza di ascoltare faccio costanti progressi. Non fatevi bloccare da questo, prendetelo come una opportunità anche per voi come coppia.
  • I bambini non imparano le lingue, semplicemente parlano: non ci sono sforzi, non faticano. Ecco che l’associazione dei visi alle lingue per loro è naturale. Quando i miei erano piccoli, dopo le vacanze in Austria dove parlavano con tutti tedesco tranne che con me, al ritorno in Italia continuavano a fare nello stesso modo (perché ci mettevano qualche giorno per settare il concetto ‘persona sconosciuta’=lingua italiana.) Occorre anche uscire presto dallo schema papà-mamma ma dargli riferimenti in entrambe le lingue già in Italia. Fate sì che abbiano altri bambini con cui giocare e parlare la lingua diversa dall'italiano.
  • La quantità è importante: i detti popolari come ‘i bambini sono delle spugne’, ‘ da piccoli si impara più facilmente’ hanno sicuramente una base scientifica. Non ho elementi per valutare; so solo che la lingua si impara per quantità e amore. Se si ascolta tanto tanto tanto da una persona che si ama, si impara naturalmente. A ogni età. Ecco tutto. E dunque occorre costanza e impegno. Ritengo importante che, almeno sinché non sono sicuri in entrambe le lingue, le vacanze vadano fatte nel paese straniero.  
  • La lingua ‘forte’ e quella ‘debole’, come riequilibrare: una delle due lingue è sempre più presente. Di norma è quella del paese in cui  si vive, che spesso diventa anche quella veicolare tra fratelli e sorelle. Ecco allora che occorre difendere e valorizzare quella meno presente. Suggerisco fin da piccoli l’uso sistematico di film e cartoni animati in lingua, l’introduzione di feste tipiche (ad es. noi abbiamo la Martinsfest a Novembre, l’arrivo dei Re Magi, e altre simpatiche ricorrenze con musiche e rappresentazioni), di legare il cibo alla lingua introducendo spesso nel menù italiano piatti dell’altro paese spiegandoli, raccontandoli.  Di estrema importanza sono poi  i libri e le canzoni in lingua: qui occorre esagerare perché nell’ascolto e nella riproduzione infinita si marchino nei bambini i pattern della lingua.
È facile, molto più di quanto sembri, per i bimbi e per i genitori.



Per chi volesse approfondire alcuni casi precedenti:                     

3 commenti:

  1. Avevo scritto un lungo commento ma il sistema me l’ha cancellato: sarà l’occasione per scriverne uno più breve! Come madre di tre che sto crescendo bilingui sono d’accordissimo con quanto scritto. La docente di scuola dell’infanzia e la pediatra citate nel post evidentemente non conoscono la letteratura in tema di bilinguismo: le lingue si apprendono vivendole e prima è meglio è.
    Del resto è così che si apprende la lingua madre: una lunga fase di esposizione, dal primo giorno di vita, in un ambiente affettuoso, una lunga fase silente, poi i primi gorgheggi, le sillabe infine le parole e le frasi. Come sa qualunque genitore, in tutta la fase silente il bambino comprende via via sempre di più, anche quando ancora non parla. Perché allora aspettare?
    Una lingua è un regalo bellissimo che un genitore può fare ad un figlio. Lo può fare direttamente o indirettamente (in quest’ultimo caso servendosi di un altro adulto, come una tata straniera o di una scuola straniera). In tutti i casi, più la situazione è naturale e il metodo è comunicativo e più la lingua diverrà –alla fine- parte integrante della persona, che sia la seconda o addirittura la terza lingua non importa.
    Elisabetta
    www.educazioneglobale.com

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  2. E poi Andrea, in Italia siamo gia' tutti bilingue perche' tutti conosciamo almeno un dialetto. Se un pediatra o una maestra mi dicessero cosi' , io li cambierei subito. Se sono ignoranti fino a questo punto chissa' che altre sorpresine avranno in serbo.

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  3. Ciao

    Anch'io cerco di darmi da fare per il bilinguismo dei miei figli ma faccio un fatica tremenda e se avete un po' di pazienza vi spiego il perché.
    Nella nostra famiglia lo straniero sono io, il papà. Con la mia compagna ci siamo conosciuti "in italiano" e ora che abbiamo figli facciamo fatica a insegnare loro lo spagnolo. All'inizio provavo a parlare spagnolo in casa ma è stato difficile perché nessuno capiva. La mia compagna ha studiato spagnolo per conto suo (prima di conoscermi) e con gli anni ha migliorato molto, quindi ora riusciamo a conversare in casa ma ormai il figlio grande va alle elementari e anche se capisce molto lo spagnolo, non si può dire che sia bilingue.
    Ora stiamo cercando di parlare più spesso lo spagnolo in casa, ma è dura.

    Ho fatto la mia tesi di laurea sulla traduzione e mentre la preparavo ho letto che di solito sono le madri a trasmettere la lingua, non ci sono numeri a comprovare questa tesi ma dall'osservazione si evince che la lingua spesso scompare se è "solo" paterna, in quanto i figli la capiscono ma tendono a non parlarla. Come vi dico sono solo teorie e io vorrei un po' invertire questa tendenza (se esiste).

    Spesso mi fanno tanti esempi di famiglie bilingui, ma quando faccio notare dagli stessi esempi che di solito sono le mamme ad essere bilingui mi dicono che non cambia niente. Io credo che invece cambi qualcosa. Qualcuno conosce qualche papà nella mia situazione?

    Un saluto

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