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venerdì 11 ottobre 2013

Aggiungi un posto a tavola che c'è una crisi in più.

Ogni anno vado per 4 giorni agli Open Days a Bruxelles. È un mega evento dove i 4000 partecipanti si confrontano sulle tematiche di maggior interesse per lo sviluppo sociale e economico dell’Europa. Centinaia di incontri si svolgono in decine di sedi differenti. Si studia, si ascolta, si dialoga. Quest’anno a spingermi era la volontà di capire cosa si stia facendo per superare la crisi e come sarebbe intelligente programmare l'uso dei quasi 60 miliardi di Fondi Strutturali che avremo in dotazione in Italia per il periodo 2014-2020.
Vengo direttamente alle considerazioni conclusive:
  • In Commissione Europea non hanno nessuna idea su come uscire dalla crisi, recuperare gli Stati che sono allo sbando, affrontare il tema della disoccupazione giovanile e non. Ma, con incrollabile fiducia, fanno finta di non saperlo. 
  • La loro strategia è quella di dare regole generali per far sorgere le soluzioni dagli Stati Membri, che poi loro le chiedano alle Regioni che, spaesate, le chiedono a noi, uomini e donne di buona volontà. In questo scenario spicca il volto terreo di una Pubblica Amministrazione sinora abituata a eseguire, a cui di colpo è chiesto di pensare e va subito nel panico.
  • Folgorante in tal senso è il caso della “Garanzia Giovani”, la ‘nuova’ politica europea per combattere la disoccupazione giovanile. A oggi si tratta solo di un brand, di un nome a uso dei media per etichettare gli stessi strumenti datati, fatti con gli stessi servizi claudicanti da anni. Nessuna vera attenzione è data alle molte novità possibili e sperimentate in questi anni, ai bisogni mutati, alle aspettative dei giovani. L’importante oggi è dare la sensazione che si farà qualcosa con un nome nuovo. A mia precisa domanda su "Cosa cambia rispetto al passato?" la delegata della Commissione ha risposto "Nulla di concreto ma se definiamo una politica i disoccupati d'ora in poi sapranno che non è una loro colpa essere senza lavoro." Chapeau.
  • Altra chicca è la “Smart Specialisation Strategy”, la strategia che ogni Regione dovrebbe mettere a punto per definire il quadro degli investimenti dei prossimi 7 anni. Utile e stringente in teoria. Si sta compilando sulla base dell’ovvio e della paura di scontentare qualcuno (della serie “La nostra Grande Strategia Regionale si concentra sulla Qualità della vita, la Qualità dell’Ambiente e il Turismo”. Ma de che?) Il livello nazionale prenderà poi le Strategie regionali e le metterà assieme per fare quella nazionale e poi a Bruxelles faranno il puzzle con quelle degli altri Stati per poi riproporla agli Stati come strategia Europea. Loro la approveranno per riproporla alle Regioni che festeggeranno con tarallucci e vino.
  • A Bruxelles ho avuto evidenza tutto in una volta dai termini che segnano la disfatta della vecchia tecnocrazia autoreferenziale: “Call for Ideas”, “Codesign”, “Social Innovation Competition”, “Place based policies”, “Quadruple Helix”  che in apparenza sembrano benedette aperture a contributi originali e utili si traducono tutti con “Da sempre qui si è fatto come ho detto io, politiche e progetti senza relazioni con i bisogni e la realtà. Ma non ha funzionato, non chiedetemi il perché, siate cortesi. Ora non so più cosa proporre, ditemi voi cosa potrei fare”.
  • Il ‘Voi’ di cui sopra è stato sostanziato  e ha assunto la dignità: Stakeholder. Già perché, se non lo sapete ancora, siamo tutti stakeholder, cioè ‘portatori di interessi’. Figo, vero? Anche  disoccupati lo sono e già li immagino più contenti. (Come disse un'importante direttore regionale: "sono stufo di parlare con gli stessi da vent'anni, fate venire qui qualcuno che sappia qualcosa delle cose di cui parliamo e del mondo reale!")
  • é appurato poi che quello che manca nei decisori è il coraggio. Non è previsto nella prassi amministrativa, è sconveniente, insolito quasi. Si preferisce replicare gli errori e con le visioni a corto termine (tipo ammortizzatori sociali) che osare interventi e soluzioni. Per coraggio intendo ad esempio saper dire dei ‘No’ a iniziative non di interesse collettivo, scegliere le idee migliori e non quelle presentate dagli amici, saper dare fiducia a chi la merita, non fare conti elettorali quando si tratta di salvare la barca che affonda. Da Bruxelles hanno aperto a qualche timido tentativo in questa direzione varando  termini come “Social Sperimentation” o “Living Labs” che vi cito ma di cui siete pregati non chiedere esempi reali perché non sono pervenuti.
  • È evidente come si apra una fase nuova nel governo della società, in cui la politica e i tecnici evergreen ammettono per la prima volta di navigare al buio e di aver bisogno delle nostre idee e supporto nell’elaborarle e realizzarle. Finalmente, direte voi. Ancora non si capisce se questo sia destinato a durare o sia solo un effetto del panico, riassorbibile appena le cose vadano meglio. Quello che nei palazzi molti non si aspettano è che sono molti i cittadini, le aziende, gli stakeholder a non aver bisogno della politica, dei fondi regionali, della carità pelosa.  Questo è pericoloso per la tenuta della coesione sociale, prelude alle fughe dei cervelli, all'interesse personale.
  • ‘Fiducia’ è infatti l’anello mancante grazie al quale cui gli stakeholder improvvisamente considerati 'pensanti' possono essere parte della buona politica, contribuire alle strategie di sviluppo, suggerire soluzioni. Però, tra soggetti che si rispettano, se oggi tu – che mi hai tenuto alla porta per decenni elargendomi come elemosina ciò che mi veniva per diritto - mi coinvolgi nel disegno del nostro futuro comune sappi che poi ho il diritto di partecipare alla sua costruzione, vedere premiati solo i progetti utili e migliori, conoscere i criteri di valutazione, controllare l’avanzamento dei progetti finanziati. Altrimenti lasciamo pure perdere.
  • Le buone idee hanno un gran valore. Se non c’è Fiducia, le sole idee in circolazione saranno mercenarie, fornite da consulenti per nulla poi responsabili degli errori che le istituzioni faranno nel cucinarle, nel servirle, nella scelta degli ingredienti, nel capire se soddisfano i bisogni dei clienti. Nel dubbio, molti  nel ristorante non entreranno neppure.
La vedo così. Anche perché non sono tanto capace a arrabbiarmi e preferisco scrivere.

Poi lo so, c’è chi cerca il leader, l’uomo forte, che ventila l’uscita dall’Europa perché ci fa da specchio e ci fa vedere tropo spesso come siamo brutti. C’è chi si è stufato di farsi governare dalle banche e preferirebbe farsi governare da un uomo forte con le idee chiare, magari poche e semplici, a cui poter delegare tutto per continuare a evadere le tasse, evitando di prendere posizione, giustificando ogni propria scelta inquinante di anime e corpi col classico “Tengo famiglia

Questo non sono io e voglio pensare che non siate neanche voi. 

3 commenti:

  1. bravo andrea questo è utile e molto vero

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  2. grazie Andrea, pienamente condiviso! Tra l'altro vale per molte altre situazioni, nazionali e locali...siccome però quel ristorante, come gli altri istituzionali, continuo a pagarli, vorrei resistere ancora un po', lottando e arrabbiandomi se del caso, prima di rinunciare ad entrarci.

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