"Gli Sdraiati" di Michele Serra me lo hanno regalato a Natale e l’ho molto gradito. Il nesso
tra il sottoscritto e i temi del libro sono i due pupetti che mi scorrazzano
per casa e che presto saranno adolescenti e dunque, secondo Serra, “sdraiati”.
Saranno sdraiati sui divani, sulla vita, senza nerbo, ambizioni, voglia di condividere, senza sentimenti e emozioni riconoscibili. Saranno abituati a pretendere, schiavi delle mode e dei
media, disattenti e disimpegnati.
Serra racconta bene e con fantastici spunti di cinico umorismo gli adolescenti visti da un padre spiazzato. La sua è una visione esterna e li osserva come si farebbe
con gli alieni. Li racconta mutati e mutanti, talmente lontani dall'impronta genetica originale (lui, intellettuale di sinistra, con l'etica del lavoro e della socialità) da rifiutare schifato di assumersi ogni
responsabilità sulla loro natura.
Nei fatti racconta il suo fallimento come padre attribuendo però ogni colpa al web, all’Ipad, al tempo, al caso, all'ineluttabile.
È fantastica la descrizione di come il figlio passi la
notte in coda per accaparrarsi una felpa da 300 Euro, esclusiva, appena
arrivata a Milano da New York. È patetico il suo reiterato tentativo di portare
il figlio in montagna a scarpinare nell’alba sulle vette, ed è commossa la
sua reazione quando infine lo scopre più allenato di lui. È geniale nel
rappresentare la separazione tra i due mondi, raffigurati come due eserciti contrapposti con i Giovani che non
possono che vincere alla fine sui Vecchi perché altrimenti ne andrebbe della specie
umana. Insomma, sdraiati e vincenti.
Soprassiede del tutto però al fatto che suo figlio, l'alieno incomprensibile amato scostante, pur essendo nullafacente sia inondato di
soldi. Nasconde tra le righe l’assenza dei genitori e mai in tutto il libro viene
citata la madre e il presumibile divorzio (o forse è morta, ma non credo) che ha escluso la
donna dal panorama umano, educativo e letterario del Serra.
E' rumoroso il silenzio dei "No" mai detti, quasi richiesti dal figlio che senza i quali non può che sdraiarsi e attendere la prossima ricarica di telefonino e di bancomat.
L’abilità dell’autore è quella di ribaltare sul lettore il
proprio fallimento e le proprie insicurezze di padre, convincendolo che la
storia dell’umanità non può che andare così, di come gli adolescenti
contemporanei siano portatori di un virus senza antidoti conosciuti e preso
senza colpa dei padri. Lo senti bene, alla fine, autoassolto e nell’intimo fiducioso.
Non capisci però di che sia fiducioso. Immagini già il figlio in
questione attaccato al borsellino di papà fino ai 30 anni, per poi posteggiare
il vecchio Michele in un ospizio per giornalisti relativisti, e nel frattempo dilapidare
le finanze familiari tra casinò e minorenni tailandesi.
A meno che il padre, in un sussulto di orgoglio educativo in backflip (ossia, all'incontrario... ma l'inglesismo non può mai mancare ad un vero intellettuale moderno e modernista) decida lui di dilapidare le finanze familiari tra casinò e minorenni tailandesi.
RispondiEliminaAl giovane in questione non resterebbe dunque che sfruttare la sua bocconiana laurea per aprire una piadineria a Bangkok... ;-)