Sai quella sensazione di quando hai un post in canna ma non
è mai il momento giusto per scriverlo? Ecco, ogni tanto, al supermercato, mi
viene spontaneo “Ora su questo scrivo un post. Così, per pensarci sopra e
sfogare un po’ di frustrazione”. Poi non lo fai. Poi viene una giornata di
pioggia estiva e, siccome in casa nessuno apprezzerebbe eventuali lumache mi
limito a scrivere quel famoso post rimasto appeso alle dita.
Premetto che faccio spesso la spesa e poi cucino le cose che
compro. Frequento i supermercati, i negozi di via, discuto ai banchi del
mercato e scambio consigli con le matrone che mi dicono la loro sul destino
migliore per un carciofo o per l’arzilla.
Mi irritano i prezzi farlocchi, i prodotti tarocchi anche se
di marca, quelli davanti ai quali ti senti preso per il culo.
Ne metto in fila alcuni, per una minigogna che leggerete in non più di 7, alienati dalla calura d'agosto.
Vorrei qui BANDIRE:
a) il Nespresso e lo zucchero della stessa
marca. Il Nespresso è creatura della più azzeccata campagna di marketing
degli ultimi anni. Trattasi di 20 gusti di caffè tutti identici dentro a cialde
irriciclabili dai colori metallizzati così improbabili che neanche la Volkswagen li tiene in catalogo. Ma
soprattutto è una truffa da 50 centesimi circa a tazzina (contro i 6-7 centesimi
di un espresso normale), e se usi la bustina di zucchero brandizzata Nespresso
devi sapere che stai usando un sottoprodotto della barbabietola che vale circa
43 euro al chilo. Della serie: date ‘purghe ai pirla’.
b) la
pasta quando costa più di 60 centesimi
a pacco (arrivo a 90 cent per quella di
qualità): è provato il cartello che i produttori fanno regolarmente tra loro (e i
milioni di euro di multa che hanno pagato per questo, ma i giornali ne parlano
poco perché hanno le mani in pasta). E poi c'è la pasta di design, quella piccolina che cosa di più, le eliche o le magagne che costano il triplo, tutta roba per analfabeti del cibo.
c) gli jougurtini per bambini. In primis
della Danone ma anche degli altri produttori. Sono dei ditali colorati talvolta
con fumetti o faccine sulla confezione che contengono lo stesso identico
prodotto di quelli per adulti e costano una fortuna. A conti fatti arrivano a
10-12 euro al chilo quando un chilo di jogurt normale va via per 2-3 euro al
massimo. Mi irritano perché giocano sul target “bambino”, proiezione delle
nostre ansie, ricettacolo di cibi di alta qualità estetica, paraculi in grado
di farsi infinocchiare da un leoncino sull’etichetta peggio dei loro padri che
si fanno fregare da una gnocca qualsiasi nella pubblicità del dopobarba.
d) il latte a 1,80 euro e più al litro che
ti viene da invocare il licenziamento dei manager che li mettono sul mercato.
Come fa la Mila a distribuire a Roma
un latte buonissimo prodotto in trentino
a 1,20 euro e quelli della Centrale di Roma non riescono a stare sotto
il 1,80? E quando ci scrivono “Alta Qualità” non è una presa per il culo? La
risposta non mi interessa, licenziateli e basta. Assumete degli stambecchi
trentini che sono di certo meglio.
e) i
Pampers: sono i pannolini più cari, più
fashion e colorati. Per venderli a genitori coi sensi di colpa, ogni tanto se ne inventano una per metterti ancora più in crisi: un anno sbucano fuori quelli per maschietti
diversi da quelli per femminucce, l’anno dopo quelli da giorno diversi da
quelli da notte. Sono una marea di cazzate. Criteri per la scelta di un
pannolino: quelli che costano meno. Fine, tutto il resto è marketing.
f)
il pane a oltre 4 euro
al chilo: ora, tutti conoscono il prezzo della farina, acqua e lievito e
anche uno scarso in addizioni dovrebbe sentire puzza di bruciato. E si trovano
fantastici pani tra 1,80 e 2,50 euro al chilo. Fuori chi non sa stare sul
mercato e prova a convincerti che prezzo alto corrisponde a pane migliore,
fesserie da boutique pariolina.
g) L’olio extravergine di oliva italiano a
meno di 3 euro al litro. Semplicemente è una truffa (e la magistratura
inquisisce regolarmente i maggiori produttori italiani, le famose ‘grandi
marche’, ma i telegiornali sono oliati a sufficienza per non parlarne). Di
nuovo semplici regole aritmetiche dimostrano che non può costare meno di 4 euro
al litro se viene dal sud Italia e almeno 6,5 euro se prodotto al nord. Vigilate, perchè non sapete né il giorno né l'ora in cui sarete fregati.
h) Le
acque minerali, e qui mi si accappona la
pelle. Prodotto tra l’inutile e il dannoso, di norma peggiore dell’acqua dei nostri
rubinetti, necessario più di ogni altra cosa a vendere la bottiglia e a far circolare qualche migliaio
di TIR sulle nostre strade. Tanto per dirne una a caso: qualcuno pensa che l’acqua
estratta da una falda dalle parti di Scorzé (Venezia), a due passi dalla
tangenziale di Mestre, in una delle aree più inquinate del paese possa essere
potabile? Bene, dicono che lo sia, la etichettano come “San Bernardo” e pure
come “Guizza” (misteri del marketing) e la vendono con la rondinella sulla
bottiglia.
i)
Infine vorrei bandire l’idea che il supermercato convenga rispetto ai cosiddetti ‘negozietti’ o
mercati rionali. Il supermercato vince ormai solo sui prodotti di grandissima
distribuzione (pasta Barilla, Olio Carapelli, Kinder Brioss e cose così) su cui
può andare sottoprezzo per drogare il mercato. Perde invece per KO su tutto il
fresco ma anche sul confezionato di qualità. Ogni tanto per farsi bello infila in
cassetta della posta le famose offerte 3x2 o simili, falsi ideologici. Il
modello del supermercato vince però, in modo schiacciante, sulle modalità della
spesa: progettate ad hoc per clienti fintamente social che vogliono evitare il
contatto umano, non parlare con nessuno, non rendere conto dei propri gusti se
non alla cassiera e a qualche migliaio di analisti del comportamento che, osservandoli, stanno
già progettando il packaging del prossimo panettone di Natale.
e poi ci sono quelli che come me non vanno al super ma ordinano la spesa via web ... mi dedichi un punto tutto mio?
RispondiEliminaP.S. negli anni ho provato almeno 6 diversi tipi di "gas.2" per carne e verdura a km 0 o con brand altoatesino (che mi fa sentire a casa!). Al super vado a vedere i prodotti che poi (come per i libri su Amazon) compro on-line. E poi mi lamento della globalizzazione.
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