Li ammiro i pubblicitari, i creativi, gli sceneggiatori, non
demordono e inseguono il cliente senza fermarsi davanti a nulla: mitizzano la
sfiga se serve, trasformano il disagio (altrui) in (loro) opportunità, cambiano
la semantica dei termini, sorridono a chi annega nel fango sperando così di
portargli sollievo. In tempo di crisi i consumatori sono disoccupati e, certo,
duro diventa il loro lavoro se il disoccupato gli si deprime, se non spende più
per trastulli inutili, rinuncia al prodotto di marca, non aggiorna le app dello
smartphone o l’auto, smette pure di farsi lo spritz e di scommettere sui goal
dell’Albinoleffe.
Il fatto che un paio di generazioni non comprino come e cosa
si è deciso per loro li mette in crisi.
Ecco allora che il genio si accanisce sul disoccupato per convincerlo che 'disoccupato è bello' e pure fascinoso, e evitare di diventarlo lui stesso.
“UNEMPLOYED OF THE YEAR” è la nuova campagna di Benetton per
vendere magliette e calzini. In Benetton, ovviamente, non si capacitano del
fatto che i disoccupati stiano diventando consumatori imperfetti e preferiscano
rattoppare la mutanda piuttosto che comprare l’underwear e considerino i jeans
ereditati dal cugino un dono del cielo. Per questa pubblicità hanno preso
attori a cui hanno assegnato la parte dei finti disoccupati in completino
mistolana e camicetta noironing, e inneggiano alla fortuna di essere a spasso
perché così si ha il tempo di partecipare tutti a un concorsino per vincere
5.000 euro, giusto quanto serve a cambiare il guardaroba.
Come il disoccupato sia incastonato nel cuore dei media e
nel mirino degli inserzionisti è evidente anche in “THE APPRENTICE”, il nuovo
reality in cui Flavio Briatore, improbabile leader senza macchia e senza paura,
icona di coloro che hanno finora consumato il presente dei giovani per dare un
futuro a se stessi, taglia teste a baldi
volontari lampadati che vorrebbero lavorare per lui (e già per questo
andrebbero comunque puniti).
Si percepisce la necessità di aver un bel disoccupato tranquillo,
pulito, integrato e pettinato, del cui benessere preoccuparsi, disposto a tutto
per essere all’altezza di ciò che chi ha pianificato il suo futuro si aspetta
da lui, voglioso di essere adottato ma non progettato per essere rispettato.
Sembra opportuna l’istituzione di un cavalierato anche per
il non lavoro. Già ne posso immaginare la celebrazione, con Emanule Filiberto
che consegna il titolo di Cavaliere del Non Lavoro a Pino da Perugia che si è
comprato il Freelander coi soldi della pensione dei nonni e a Sara da Pordenone
che ha raggiunto l’invidiabile primato di 30 stage non retribuiti.
Sì, del
disoccupato ne propongo la nomina da parte dell’Unesco a Patrimonio
della Pubblicità.
Caro Andrea,
RispondiEliminaanch'io ho speso qualche parola sulla campagna in questione.
Puoi trovare il mio articolo qui: http://www.silviolorusso.com/home/unemployee-of-the-year-benetton-e-la-precarieta/
Un saluto,
Silvio Lorusso