È interessante ascoltare il cardinal Bagnasco quando, rivolto
alle volpi e alle faine che hanno svuotato i pollai, e lo ascoltano sorridenti in prima fila, li ammonisce “Che l’immoralità e il
malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un
motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a
sottovalutare”. Intristisce quanto non vi sia un briciolo di senso del pudore
in chi, come lui e i suoi colleghi, avrebbe potuto dire o fare qualcosa in
questi ultimi anni – anche solo indignarsi davvero - ma si è limitato a
incassare i dividenti dell’investimento in governi che ne hanno garantito i
flussi finanziari e pochi ipocriti provvedimenti di facciata.
Del disastro culturale e valoriale in cui siamo caduti ciò
che mi fa più male è la constatazione che ormai non vi è nessun moto di indignazione credibile, solo pochi proclami
brontoloni, ingenui e ininfluenti su Facebook, il Pasquino del terzo millennio.
Molti sono convinti
che quello che è accaduto, e continua a accadere, sia inevitabile e così,
in fondo, si autoassolvono di un peccato che sanno che essi stessi avrebbero
commesso se fossero stati messi nella posizione di Lusi, Fiorito e maialame
vario clonato dall’unto. Perché è lì che siamo arrivati: alla fine della
coscienza morale intesa come la capacità di distinguere il bene e
il male e di agire di conseguenza.
Tutto è permesso fuorché uccidere, e la pervicacia con cui
non si vuole una legge per dare dignità alla ‘fine della vita’ sembra quasi la
foglia di fico per non dire che davvero tutto è permesso a chi è clone, o
aspira a diventarlo.
L’opera di
ricostruzione non in questo caso non può coincidere con l’equivalente
sforzo necessario in un dopoguerra, in cui ‘la meglio gioventù’ si chiama a
raccolta per riannodare i fili spezzati, dare speranza sviluppare opportunità
per tutti, ma non può che essere una
dichiarazione di guerra all’ignoranza, all’egoismo, alla partigianeria,
all’arroganza, alla paura, al nepotismo, all’ipocrisia, fatta da singoli che si
riconoscono reciprocamente autoimmuni dal virus che ha danneggiato il dna di
milioni di persone, specialmente giovani. E si organizzano, e hanno pazienza, e
coraggio, e idee e sogni. Per ricostruire fiducia e coesione sociale. Per
liberare l’Italia dalle catene che gli italiani si sono lasciati mettere a patto che fosse in diretta tv.
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