Istat ci dice oggi che
quest’anno il numero dei matrimoni civili ha superato il numero di quelli
religiosi.
A ruota c’è l’economista che sottolinea come ci si sposi
meno in chiesa perché c’è la crisi economica e manchino i soldi per festoni di
dubbio gusto; il prete dice invece che la società si secolarizza; l’opinionista
richiama ai bamboccioni e dei choosy che non se ne vogliono andare di casa.
Presto ci sarà chi darà la colpa alle allergie ai pollini dei bouquet, qualcuno
porrà il problema dell’estinzione dei wedding
planner, o sosterrà che per impennare la religiosità basterebbe non far
pagare l’IMU alla chiesa cattolica.
Secondo me il succo sta più nel fatto che una volta ci si
sposava in chiesa per tradizione e consuetudine e che oggi, vivaddio, chi lo fa
magari ci crede un po’ di più, nonostante la Chiesa stessa. Forse questa si
chiama ‘secolarizzazione’.
Non posso trattenermi però dal commentare la “barriera all’ingresso” rappresentata
dai corsi prematrimoniali obbligatori, che è anche specchio di molte delle
ragioni per cui si esita a sposarsi in chiesa.
Oggi le coppie di promessi sposi si consigliano a vicenda i
preti che “ti mettono un timbro e via”, a cui basta una chiacchierata distratta
per darti l’autorizzazione o fanno i corsi-weekend negli eremi umbrotoscani con
wellness centre incluso.
Io, nell’entusiasmo della decisione matrimoniale, ho preferito
invece seguire un corso in 14 puntate obbligatorie nella parrocchia vicino a
casa. L’ho fatto un po’ per capire se io o la Chiesa fossimo cambiati
dall’ultima volta da cui me ne ero allontanato, e un po’ per “conoscere gente
del quartiere, della nostra età, con interessi simili”.
- A tenere il corso era un prete coadiuvato da quattro coppie di diverse fasce di età. La loro saggezza e comprensione della realtà cresceva cogli anni e se la coppia più giovane era di integralisti talebani e irresponsabili, la coppia settantenne aveva la lucidità per porsi delle domande e, talvolta, di ascoltare anche le nostre opinioni.
- Infatti, la regola era che siccome eravamo 12 coppie non avevamo diritto di parola perché “Se qui ognuno dice la sua non svolgiamo il programma e il tempo (14 fantozziani incontri 14) non basta”.
- Il programma, appunto, tutto incentrato sulla metafora evergreen del ‘cammino’ che aveva in Abramo il camminatore modello. Per 6 incontri su 14 ci hanno parlato solo di Abramo e delle sue camminate, tralasciando del tutto temi ritenuti ovvi o secondari come l’educazione dei figli, la responsabilità dei coniugi, il rapporto coi suoceri, le difficoltà della vita a due.
- Ci sembrò di essere tornati alla realtà una sera quando, esausti dopo le camminate di Abramo, c’era in agenda ‘Quale è il regime dei beni più idoneo al matrimonio?’. Senza indugi, con le certezze tipiche e razionali del kamikaze nipponico, ci è stato romanticamente consigliata la ‘comunione’ dei beni perché “la parola stessa suona meglio”. Ma a qual punto eravamo a metà del percorso e andarsene metteva a rischio la possibilità stessa di sposarsi.
- Esilarante fu l’incontro sulla procreazione responsabile in cui delle diapositive raffiguranti le mirabolanti evoluzioni elastiche del muco vaginale, vennero usate per raccontare quella dell’ape e del fiore a un gruppo di coppie 30-40 enni che nella maggior parte convivevano da anni, un paio avevano già matrimoni alle spalle, figli sparsi, e una allattava direttamente durante gli incontri.
- Surreale l’incontro sulla sessualità in cui il solo fatto che molti di noi praticassero da decenni la materia con slancio, soddisfazione, rispetto, fantasia e scarsa attitudine alla procreazione irresponsabile ci ha rubricato tra i materialisti e i peccatori. Solo la necessità di avere ‘il pezzo di carta’ ci ha a quel punto impedito di mandare la sacra truppa evangelizzatrice a svolgere attività in luoghi più oscuri e maleodoranti..
In quel cammino penitenziale di avvicinamento al matrimonio l’atteggiamento ‘didattico’ è forse
stato quello che maggiormente ha urtato molti di noi. Lo stesso che poi ci
ritroviamo tutti i giorni, di chi ti tratta come un bambino non vedendo il
trave nel proprio occhio, e parla ponendosi su un piedistallo immaginario noto solo lui (e sembra più un fissato che nega le evidenze della vita
che un profeta (poi magari sono la stessa cosa)).
Altro che i 200 anni richiamati dal Cardinal Martini:la Chiesa è lontana anni luce dalla quotidianità. IOR ed IMU a parte, s'intende... Luca
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