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venerdì 8 marzo 2013

Cartoline da Perugia: pensieri per l’8 marzo dedicati a donne speciali.

L’altro ieri ero a Perugia per lavoro. Tenevo un modulo di formazione sui social media a un simpatico gruppo di professioniste che per ascoltarmi rinunciavano pure alla pausa pranzo. Avevamo già riso del mio status di unico uomo nella stanza e delle pizzette esibite a centro tavola che avrebbero avuto solo dopo la formazione. Di colpo molti telefoni hanno cominciato a squillare. Uno, due, tre, e la prassi di non rispondere quando sei in aula è stata travolta da un’ondata di preoccupazione che ha mutato d’improvviso i loro sguardi, fino a quel momento coinvolti, interessati e a tratti divertiti.
Lo stupore per quelle telefonate si è trasformato presto in agghiacciante silenzio e poi in urla, lacrime, abbracci, parole e parolacce, crolli sulle sedie e brividi di paura: due donne, due lavoratrici, ben conosciute e amiche di molte delle presenti, dipendenti della Regione Umbria, erano appena state uccise a sangue freddo da uno squilibrato entrato nei loro uffici con una pistola carica e la voglia di uccidere e uccidersi.


In quegli stessi uffici gran parte delle presenti si recavano più volte la settimana per sbrigare normali pratiche legate al loro lavoro. Delle due funzionarie conoscevano i sorrisi, la professionalità, e qualche nota personale scambiata con la dolcezza di cui voi donne siete così più capaci di noi.
Eravamo tutti lì, bloccati, e dopo una decina di minuti le tv locali e poi nazionali hanno riportato la diretta dal palazzo della strage a poca distanza da dove eravamo. Le ho viste: guardavano lo schermo che parlava di stragi, di donne morte ancora sdraiate sul pavimento al quarto piano, riconoscevano i funzionari sotto shock, e si guardavano tra di loro, quasi per capire quale e dove fosse la realtà.
Mentre facevano e ricevevano telefonate per dire ai cari che loro no, non erano sul luogo della strage  e che, sì, stavano bene, abbastanza, decine di domande senza risposta rimanevano aperte sul baratro della follia spalancato da quei proiettili. Io mi sono appiattito alla parete e non volevo si scusassero con me per l’interruzione come continuavano a fare: avrei voluto essere un pilastro di cemento per non ingombrare quel lutto collettivo di cui ero indegno e inaspettato testimone.
Sono successe altre cose nelle ore successive, in loro, me, in un’intera città, e forse ne scriverò ancora.
Oggi i miei pensieri oggi vanno da soli a Margherita Peccati e Daniela Crispolti, vittime di una strage insensata, ai loro familiari, e allo splendido staff di Forma.AZIONE per il quale d’ora in avanti  tutto sarà diverso  (e che spazzando via i cocci dell’innocenza perduta troverà la forza per reagire e continuare a dare risposte ai tanti che grazie a loro possono cambiare le proprie vite, in meglio).  

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