La comprensione di ciò è parte del mio lavoro e su questo mi interrogo di continuo. Oggi ne scrivo per fissare alcune idee e ricevere vostre opinioni in merito.
Seguitemi e mi impegnerò a non deludervi né annoiarvi.
Ho la ventura di frequentare sia i contesti dove si prendono
le decisioni, si fanno le leggi, si pianifica l’uso del denaro pubblico, che i luoghi dove nasce l’innovazione e si buttano le basi del futuro imprenditoriale e sociale del Paese. Capita che nei due diversi ambiti
professionali io mi trovi sempre ai limiti massimi dell’inclusione demografica.
Intendo dire che sono sempre il più giovane in alcuni contesti e il più anziano
in altri, raramente sto nel mezzo.
Sono il più giovane
nei contesti istituzionali. Quando mi devo mettere al tavolo con funzionari pubblici, associazioni
di categoria, il sindacato, l’università, nei luoghi delle decisioni e della
programmazione. Sono ambienti che frequento da vent’anni, e da vent’anni sono
governati dalle stesse persone, oggi solo poco più tristi e arrese, digiune e
impaurite dalla realtà, dal cosa c’è “fuori”. Contesti ancorati a vecchie
soluzioni per nuovi problemi che non comprendono o altri immaginari che non
esistono più, tutti tesi a difendere i diritti dei tutelati e a alzare dighe
perché chi non ha diritti oggi neppure ne
abbia in futuro. Sono ambienti che si autoalimentano di dogmi e procedure,
alieni a obiettivi reali, coraggio di rischiare, curiosità e contaminazioni. Luoghi
di certezze ma senza obiettivi. Ero un ‘giovane di bottega’ quando vi sono
entrato la prima volta e tale sono rimasto, impagliato in un museo di storia innaturale.
Sono il più vecchio nei luoghi dell’innovazione sociale. Popolati da persone che hanno superato il trauma della fine del tempo indeterminato (nel lavoro, nelle relazioni, nei luoghi della vita), usano la potenza della tecnologia per migliorare le nostre vite, hanno la necessità di aprirsi e condividere invece di chiudersi e competere. Vedo cose che molti hanno anche solo timore di immaginare: talenti all’opera solo per aumentare la propria reputazione, prestazioni di altissimo livello (web design, artigiani, project manager, crowdsourcing ad esempio) realizzate e pagate secondo le regole del baratto, prodotti e servizi progettati ‘con’ e non ‘per’ i beneficiari, manager che si pongono in discussione e costruiscono piattaforme collaborative ammettendo la necessità dell’altro, professionisti che credono sia l’innalzamento delle competenze dei clienti a creare i mercati e che la comunicazione serva prima di tutto a sviluppare economie consapevoli e sostenibili. Tutti abituati a scambiare opportunità e talento concedendosi all’imprevisto. Nessuno che possieda certezze ma solo sogni e obiettivi versi i quali si cercano i percorsi nel buio, per i quali si cercano conferme.
L’essere il più vecchio tra i giovani e il giovane tra i più vecchi
non so se mi allungherà la vita. Forse mi confonde. Di
certo mi rende evidenti i punti di forza e di debolezza dei due mondi, iperstimola le sinapsi e porta a interrogarmi su come una società così
diversamente polarizzata nei comportamenti, negli obiettivi e nei valori,
rischi una degenerazione della politica e della socialità ben oltre la attuale,
al punto da poterne essere travolta.
Bisogna costruire dei ponti.
Voglio costruire dei ponti. Dobbiamo farlo. Perché è tra chi ha età e esperienza che trovo più spesso serenità e senso di comunità, conferme alle ragioni che ti fanno fare figli, a credere che le cose possano durare, che possa valere la pena stringere i denti ora per raccogliere tra dieci anni magari. Troppo sovente chi ha idee, energia e capacità di rischiare è anche un apolide dei sentimenti e della memoria e poco ci mette a trapiantarsi altrove lasciando illusioni e deserti dietro di sé.
Sì, è complesso ma fondamentale e occorrerebbe parlarne parecchio prima di decidere l'indirizzo da dare al nostro Paese.
Voglio costruire dei ponti. Dobbiamo farlo. Perché è tra chi ha età e esperienza che trovo più spesso serenità e senso di comunità, conferme alle ragioni che ti fanno fare figli, a credere che le cose possano durare, che possa valere la pena stringere i denti ora per raccogliere tra dieci anni magari. Troppo sovente chi ha idee, energia e capacità di rischiare è anche un apolide dei sentimenti e della memoria e poco ci mette a trapiantarsi altrove lasciando illusioni e deserti dietro di sé.
Sì, è complesso ma fondamentale e occorrerebbe parlarne parecchio prima di decidere l'indirizzo da dare al nostro Paese.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNon e' la specie piu' forte a sopravvivere, neanche la piu' intelligente. Sopravvive la specie piu' predisposta al cambiamento.
Elimina-Charles Darwin-
Questa volta ho messo le doppie V.