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domenica 27 maggio 2018

Come l'andare o meno in Turchia diventi un fatto di coscienza.


Ci sono delle possibilità teoriche che quando si verificano mettono in discussione i fondamenti del pensiero.
Non so voi ma io ho dei luoghi dove non vado e non andrei per una forma di obiezione passiva a quello che lì succede. Sono ben conscio che di paradisi in terra non ne esistano e che l’Italia è l’ultimo posto a qualificarsi come tale, tuttavia ci sono contesti dove l’ingiustizia è talmente istituzionale e conclamata che anche il solo fatto di recarmici come turista mi darebbe disagio e imbarazzo, quasi fosse una connivenza con chi quel sistema organizza e da quel sistema si arricchisce.

Questo valeva, ad esempio, per il Sudafrica ai tempi dell’apartheid; vale tuttora per Israele e la sua politica; mi impedisce di considerare la Cina una destinazione ludica; vale da un po’ di anni per la Turchia dove un regime dittatoriale rade al suolo i diritti del proprio popolo e di molti attorno.
Tutto è limpido finché di questo ne faccio una riflessione teorica, tanto per supporre, poi accade che… un amico caro che non vedi mai e con cui vorresti tanto passare più tempo ti propone “Ho un posto libero per andare assieme 5 giorni a Istanbul, in un hotel storico, è già tutto pagato, devi solo dire di sì.  

Lì comincia il mal di pancia: mai stato a Istanbul, desideroso di passare tempo con l’amico, affascinato dall’Oriente e dalla cultura bizantina, sento già i profumi e il bel rumore dei mercati.
Ci si aggiunge che durante una docenza incontro una corsista turca a cui confido il mio disagio nel rispondere all’invito. Lei obietta con un dolcissimo sorriso,  Ma in questo modo isoli le persone. Il turismo ci fa vivere ed è il nostro unico contatto col mondo esterno. Noi non siamo Erdogan.”
E il mal di pancia continua, qualcosa è lì bloccato senza andare né su e né giù. So che la complessità della geopolitica è tale da non poter mai considerare le cose del tutto bianche o nere. Un altro amico mi obbietta che Erdogan è l’unica soluzione ragionevole ai problemi di quella regione ben diversi dai nostri. So anche che però questo accomodare tutto con la ragioni pura rischia di creare un alibi a tutto.

Alla fine ho detto di no, ringraziando di cuore per l’invito. Le mie vacanze possono essere avventurose, e ne ho fatte parecchie di quel tipo, però non ignave. 
Non sei un giornalista né un fotoreporter, né ci devi andare per lavoro, mi sono detto. 
Lì non si divertono, e io non mi divertirei a scattare foto e comprar souvenir.
La parte più egoista di me se ne è pentita il giorno stesso che ho deciso, la parte più riflessiva si è compiaciuta, giacciono tristi e sconsolate. 

Mi sento a volte come uno che così giudica senza conoscere, poi mi convinco che la conoscenza non debba essere solo quella diretta, sempre e comunque parziale; poi mi dico che tutto è sempre parziale e soggettivo; poi aggiungo che vista la quantità di giornalisti e scrittori tenuti illegalmente nelle carceri turche, la mia rinuncia alle magnifiche moschee del Bosforo è il minimo sindacale per manifestare la mia opposizione a quel regime.

Insomma sono qui a lacerar la mia giacchetta comoda, e anche solo per scrivere questo post ci ho messo un mese. Però serviva a capirmi, per chiedere aiuto a chi sulla complessità abbia per caso qualche idea utile a fare delle scelte.

domenica 13 maggio 2018

Acquisti e non acquisti al Salone del Libro 2018


È difficile oggi mettere a fuoco i concorrenti del libro
Gli e-book si sono rivelati un'alternativa molto poco adatta, non rilevante in termini di impatti e fatturati e comunque hanno riguardato solo chi leggeva già. Il CERN di Ginevra cerca da anni l'ereader che abbia aumentato di almeno 1 il numero dei lettori nel mondo senza trovarlo.
Le statistiche 2017 dicono invece che il 58% degli italiani non legge niente, mai. E questa non è una battuta mal riuscita

Credo che Amazon e Co. siano grandi competitor delle librerie, e anche che abbiano i libri in catalogo solo per vendere videogiochi, telefonini, calzini coi puffi e sigarette elettroniche.
Ultimamente ho visto però clienti di librerie puntare l’app di Amazon sul libro che avevano in mano per comprarlo on line e riceverlo poi a casa, con lo sconto e l'oltraggio al libraio incorporati. 
Direi però che i competitor diretti dei libri (e del teatro e del cinema e del …) siano ormai le serie tv. Sono magnifiche, ben scritte, ruffiane, creano dipendenza, immergono in mondi, risucchiano il tempo delle serate e dei momenti finora dedicati alla cultura e spesso ti danno l’impressione di essere parimente inteligente a vederle. Ne puoi fin parlare nei salotti né più e né meno dei libri, con maggiori possiblità che chi annuisce davanti a te l'abbia davvero seguita.

Con idee confuse ecco allora come mi sia atteso qualche illuminazione dal Salone del Libro di Torino. Giovedì scorso ci sono andato. Gli editori erano piuttosto confusi e nel complesso senza strategie e tantomeno soldi. I piccoli sono di appassionati sognatori, i medi boccheggiano e i grossi sono troppo grossi per fallire. Qualcosa di nuovo sta forse nascendo in alcune nicchie e molto è su binari morti. 
Ho pure speso con gioia un mucchio di soldi in libri.
Ho soprattutto capito come occorra dire BASTA a:
  • Tutti i libri -centinaia - i cui protagonisti crescono/cambiano/diventano adulti nel corso di una calda estate, peggio se in meridione, peggio ancora se in Puglia (la Puglia ci ha sfinito, ditelo a chi di dovere)
  • Tutti i romanzi - decine - con occhi in copertina, anche con la parola ‘occhi’ o ‘sguardo’ nel titolo;
  • Tutti i romanzi in cui titolo includa le parole ‘mistero’, ‘biblioteca’ ‘perduto’ 'segreto' 'sentiero' e qualsiasi combinazione tra esse
  • Tutti i libri - milioni - che ti spiegano come si… vive / riordina / cucina / cura il cancro / nutrono i bambini / scoprono i tuoi talenti nascosti (che se ti serve un libro per capirlo vuol dire che... vabbé non te lo dico).
  • Tutti i libri che sono ‘la mia storia/biografia‘ a 20 anni come youtuber / influencer / rapper / trapper / fancazzista mantenuto e paraculo che però da giovane ho tanto patito e ora ho il mio meritato successo.
  • Tutti i libri illustrati per bambini, perfetti e eleganti per sedurre i genitori. Libroni cartonati che per 30 euro spacciano storie così pallose e così ben disegnate/acquarellate/xilografate che i bambini se le rollerebbero all'istante se la carta non fosse patinata.
  • Tutti i libri che ti spiegano come si scrive un libro, si trova l’ispirazione, si pubblica in barba a quelle brutte e cattive case editrici che invece di pubblicare i tuoi libri pubblicano quelli che ti spiegano come scriverli
  • I romanzi che raccontano di un/una giovane che ha dei poteri che non conosce e che poi li conosce e allora poi va in una scuola/posto/deserto/pianeta dove si fa degli amici/apostoli e impara a combattere il male che potrebbe distruggere la terra e far sparire ogni cosa inclusa la ricetta magica delle tagliatelle di nonna Pina (dal Vangelo a  Harry Potter a Percy Jackson in poi)

Quello che rimane forse ha senso, non occupa molto spazio sui vostri scaffali e se è brutto godetevelo comunque tra i rischi del lettore esperto.