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sabato 25 luglio 2015

Beati coloro che ne capiscono sempre e comunque, perché di essi sarà il miglior posto nei talk show.

Il largo dibattito intorno al referendum in Grecia mi ha trovato silenzioso. 
Non stavo con il “sì”  e neppure con il “no”. Mi è parso ridicolo e furbesco lo stesso referendum che – come si è visto a posteriori – ha comunque portato a un drammatico e inevitabile accordo. La materia è estremamente complessa e io non ne so abbastanza. Se parliamo di servizi per l’impiego, di politiche dell’Unione Europea, animazione di comunità e territori, di cinema, cibo, figli, funghi e poche altre cose posso esprimermi per competenze e esperienze, e spesso lo faccio con foga, ma sulla Grecia, bho?
So che negli anni ho imparato a evitare i partner greci nei progetti in quanto totalmente inaffidabili nella forma e nella sostanza, ma questo vale anche per alcune regioni italiane. Non ho davvero idea di come possano fare a ripagare il debito (matematicamente impossibile in questo millennio) e mi pare legittima anche la posizione di chi ha dato alla Grecia più soldi che l’intero Piano Marshall e ora vuole garanzie. In generale credo che ci sia chi è pagato e ha pure la passione per immaginare soluzioni in materia, che ci mettano la testa, che lavorino sodo.

Un altro bel tema su cui me ne sto sempre zitto è la TAV. Leggo tutto, provo a capire. Non sono un geologo, né un esperto di trasporti. Mi piacciono le montagne e vorrei un’Europa connessa. Vedo alre decine di tunnel che si fanno allegramente e poi gli scontri in Val di Susa. Delego anche qui perché altrimenti sarei ridicolo. Direi solo sciocchezze degne di uno speciale di Studio Aperto.

Tacqui anche molto in relazione alla tragedia delle Torri Gemelle. Ricordo benissimo la mia prima timida impressione: “Gli americani se la sono cercata.” Dopo cinquant’anni di guerre fatte o fomentate qui e là, qualcuno li aveva presi in contropiede. Non capita di certo alla Svizzera o al Canada. Secondo la stessa legge del taglione che loro stessi hanno ingegnerizzato, quello che accadde era proporzionato a quello che loro facevano nel mondo. Ero schifato dal mio cinismo e volevo quasi che toccasse alla logica e non alla violenza rispondere. Poi c’era la posizione di chi riteneva la forza il vero strumento di pace, eccetera. Lì non mi sono mai avventurato nell’appello di chi fossero i buoni e i cattivi. (devo però aggiungere che l’accordo tra USA e Iran di questi giorni, se avrà futuro, è di gran lunga la cosa più interessante successa in geopolitica dalla caduta del muro di Berlino)  

In assoluto la prima volta in cui il mio ego, comunque tuttologo come quello di molti, si è arreso alla complessità è stato con la Guerra dei Balcani. Quella guerra la ricordo straziante per il coinvolgimento di popolazioni povere e innocenti e anche perché nonostante fosse a due passi da casa nostra non si capiva nulla, niente buoni e cattivi, solo un nodo intricato di interessi, sadismi, nazionalismi, mafie, poveracci, religioni. Tutto era così intricato che la mia speranza era solo che chi avesse più intelligenza e visione potesse definire obiettivi di pacificazione e raggiungerli.

Non mi sono mai espresso anche sui temi sportivi ma lì, lo ammetto, all'incompetenza aggiungo l'incapacità di capire la ragione stessa dello sport agonistico.

Questo era il coming out di inizio estate.


Lo so, non è nulla di che, a me però è serve scrivermi (che è la ragione principale per cui questo blog è attivo)

mercoledì 8 luglio 2015

Come trovare il lavoro anche se si ha la laurea.

Nei giorni scorsi il Governo ha fatto timido passo nel codificare come non tutte le università siano uguali. 
La proposta, in sintesi, era che nei concorsi pubblici si assegnino più punti a chi ha fatto una facoltà meno di manica larga con i voti. Immediata è stata la reazione dei rettori e, tra tarallucci e limoncello, l'ipotesi si è sciolta nella calura.
Sebbene ciò riguardi solo l’ammissione a un piccolo gruppo in via di estinzione (i dipendenti pubblici assunti per concorso), secondo me l’argomento è tutt’altro che di importanza residuale per un paese. Si incunea con forza nei tentativi di valutare e essere valutati, di rendere conto del proprio lavoro o ritenersi sopra le leggi della logica e del mercato, di rispondere a chi con le tasse ti paga lo stipendio.
La proposta del Governo forse era zoppicante ma chi si è già premurato di affossarla non ha certo intenzione di presentarne una migliore.
Sì, perchè come ogni famiglia e azienda sanno per esperienza diretta, l'Università italiana è più che adeguata al XXI secolo trasmesso su Rai 1.
Però ci sono molti posti al mondo (es. Inghilterra) dove non vige il valore legale del titolo di studio.
È dunque utile fermarsi e inquadrare la questione.
Parlando poi di mondo reale, anche in Italia l valore legale del titolo riguarda ben pochi e il settore privato ha da decenni introdotto forme di ranking spietato (e non scritto) verso le università.

Nel mio piccolo ricordo bene quando, dopo il terzo candidato con 110 e lode che non sapeva leggere un istogramma, diedi indicazione di cestinare preventivamente tutti i curriculum provenienti dalla Lumsa di Roma, pur sapendo che così mi sarei forse perso qualche perla rara. Ho però valutato che il tempo della mia organizzazione valesse di più. Ci sono poi facoltà risapute come  ‘facili’, atenei ‘chiusi alle novità’ che ripropongono da decenni le stesse visioni del mondo, i diplomifici on line e off line costruiti per accedere ai concorsi pubblici o poter scrivere “Dott.” sul biglietto da visita e acquisire punti agli occhi della mamma o di un cliente sprovveduto.
   
In generale da un laureato ci si aspetta che sia sveglio, capace di dare letture trasversali, abbia delle passioni, una vita e non abbia solo studiato. Di certo deve saper scrivere e far di conto.
Spesso non ci si aspetta molto in termini di competenze specifiche, non perché i giovani non studino ma perché le università hanno poca chiarezza sul cosa serva insegnare loro.
Meglio se qualcosa di concreto abbia comunque imparato a farlo, magari nel tempo libero.

Sempre più spesso mi accorgo che i selezionatori desiderano sentirsi dire dai candidati cosa potrebbero fare nell’azienda. Non perché siano pigri o distratti ma perché per loro la selezione del personale diventa  un canale per portare in azienda innovazione: nuove persone sono nuove e inaspettate competenze per nuovi prodotti, processi, mercati, soluzioni…

Per capire il concetto, consiglio di leggere i requisiti di questa selezione lanciata da Casa Netural a Matera, uno dei santuari dell’innovazione sociale in Italia: “Non ci interessa ricevere curricula, i candidati devono possedere pochi requisiti: curiosità, voglia di lavorare in team, passione per il proprio lavoro e una voglia irrefrenabile di sperimentare nuove soluzioni!
Senza dubbio sono più molto interessanti i candidati che abbiano fatto l’Erasmus e ragionato su tesi con impatti sul mondo reale. Se hanno già lavorato, meglio; se non sanno solo l’inglese, meglio; se non si spaventano davanti alle responsabilità, più che meglio.

Con buona pace della Conferenza dei Rettori, nel mondo reale il valore legale del titolo di studio è ormai nei fatti prossimo argomento per tesi di Storia del Diritto.