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domenica 25 ottobre 2015

Cos’è e come funziona il Social Eating.

Da più di un anno sono iscritto come cuoco a una piattaforma di Social Eating. Nel mio caso si tratta di www.eatwith.com , nata in Francia, ce ne sono comunque diverse.
Ho fatto finora 6 cene. Sempre due commensali, tranne nell’ultima che erano quattro. Per loro era sempre ‘la prima volta’ in un contesto del genere, età tra i 35 e i 50, benestanti, amanti della convivialità. Si tratta di cenare a casa di sconosciuti di cui si sa qualcosa attraverso i meccanismi di creazione di fiducia tipici dei social, con cui la naturale riservatezza viene compensata dalla curiosità e dalla sensazione di poter vivere qualcosa di unico. Qualcosa di totalmente diverso dal ristorante.  
Adoro cucinare, ho spesso amici a tavola, sperimento anche quando ceno da solo, cerco anche da sempre di capire come il cibo e la convivialità generino dinamiche di relazione, accoglienza, affetto, comprensione. Ovviamente in quei casi  miei invitati sono ospiti, al massimo si presentano con una bottiglia di vino o una vaschetta di gelato (oltre che con un paio di amici invitati a sorpresa).
Nel socia eating invece le persone pagano per mangiare a casa tua. Tu fissi il prezzo e la piattaforma che mette in contatto e gestisce le transazioni ci aggiunge un 10% per il proprio servizio.
Il perché lo fanno e perché, le persone cucinano può a grandi linee dividere il modello in due grandi categorie:

I social chef PULL
Il mio caso. Mi sono iscritto al sito con le mie credenziali social, ho descritto l’ambiente della mia cucina, il fatto che a tavola potrebbero ritrovarsi anche i miei pupetti, ho messo le foto di un po’ di piatti possibili a titolo di esempio. Non faccio nulla di attivo, mi limito a segnare le giornate in cui posso ricevere ospiti. Sono anche disponibile a farli cucinare con me o a ipotizzare un giro mattutino al mercato assieme. Ogni tanto mi arriva un amail “Pascale vorrebbe cenare da te il 27, accetti?”
Se tutto questo (unito alle recensione degli ospiti precedenti) convince qualcuno, mi contattano. Se posso, il profilo di Pascale mi convince, le sue eventuali  richieste sono di senso (es. ben accetti celiaci, astenersi vegani), accetto. Allora discutiamo (poco)  di menù e di quello che vogliono e li aspetto nella sera e all’ora concordata. 
Il prezzo è il costo degli ingredienti per tutti i presenti al tavolo. Siccome poi offro assaggi, grappini etc, il costo è spesso solo una parte del rimborso alla spesa.
I miei ospiti (massimo 4) arrivano assieme e tra loro si conoscono sempre, sanno che sarò a tavola con loro con la mia famiglia a parlar di cinema, di Italia, viaggi, a dare consigli su come godersi Roma, sui nuovi percorsi di Street Art a Roma, a rispondere domande sul costo degli affitti nella mia zona, sulla provenienza dei porcini che ho accoppiato al pesce spada, sui quadri che ho alle pareti.  
Il cibo sarà una sorpresa per tutti i presenti.  
Lo faccio non più di una volta ogni due mesi, perché voglio dare il meglio, perché non è un gioco e loro si meritano l’accoglienza di uno non annoiato, perché la mia famiglia deve vivere la novità dell’ospite con entusiasmo. Sanno infine che faccio tutto questo anche per poter parlare un po’ il francese, difficile da praticare a Roma.

I social chef PUSH
Sono cene più organizzate e che vanno molto di più incontro al mercato. 
Ragionano dunque di comunicazione, programmazione di cene, stagionalità.
Sulla piattaforma, una italiana perfetta allo scopo è anche www.gnammo.it , chi apre la propria casa a ospiti presenta la cena, in una data da sé scelta, per un prezzo da fissato, per un menù esplicitato per intero dal principio. Spesso si tratta di eventi aperti a numeri maggiori (anche fino a 15-20 partecipanti).
Anche in questo caso, la reputazione conquistata con precedenti cene favorisce la scelta e rassicura tutti. L’organizzatore rimanda l’evento creato dalla piattaforma attraverso i propri social e con le proprie mailing list. Vi è dunque un importante lavoro di comunicazione non presente nel caso precedente da cui spesso dipende la riuscita della serata.  
In questa tipologia il padrone di casa è straimpegnato e la regia della serata deve essere più accorta e complessa, dedicando il tempo a tutti, includendo i timidi etc. In molti casi questo è favorito dal fatto che le cene sono a tema, o c’è l’ospite di riguardo (architetto, attore, …), magari qualcuno suona.
Sono cene conviviali, dove i commensali tra loro spesso non si conoscono e, anzi, usano l’occasione per allargare la cerchia delle relazioni, sia in ambito professionale che amicale. Per questa ragione è più bassa la presenza di stranieri, al tavolo si parla spesso italiano.

Responsabilità, fiscalità, rapporti con i vicini di casa? E’ tutto poco definito nel dettaglio. Sia chiaro: non si fa ristorazione ma si invitano persone a casa. 
Finché non c’è guadagno in chi ospita, si tratta di un contributo al costo della spesa. Per chi invece guadagna e lo fa spesso esistono i commercialisti, le leggi e la propria coscienza. 
Come per AirBnB, si stanno sviluppando forme assicurative ad hoc.
Come molte pratiche di Sharing Economy, il social eating intercetta bisogni e necessità reali e la realtà è anni avanti alla normativa, agli interessi corporativi, ai vuoti discorsi su certo turismo ‘esperienziale’ fatti dagli esperti di fuffa. Porta turisti nelle periferie e riempie di ricordi i carnet di viaggio. È bello, e mentre lo fai ti rendi conto che è intelligente, utile e mischia le idee generandone di nuove.   

venerdì 16 ottobre 2015

Vi racconto l'imperdibile Maker Faire a Roma.

We are Makers since the Big Bang” dichiarano i due cartelloni scritti a mano posti fuori dalla chiesa de La Sapienza per attrarre all’interno qualcuno dei 100.000 visitatori attesi quest’anno. Credo da sempre che i seminari formino i migliori copywriter sul mercato e anche questi non fanno eccezione. La passione e la voglia di cambiare il futuro, per i visitatori, hanno comunque qualcosa di messianico.
Per la prima volta all’interno della cittadella universitaria, la Maker Faire è colossale.  Era pienissimo di gente e oggi Venerdì 16 ottobre era solo il primo giorno.
Si tratta di circa 600 stand che presentano pavimenti che suonano se li calpesti, bici fatte di bambù o tagliate al laser, droni di ogni dimensione che svolazzano qui e là, orti idroponici da appartamento, stampanti 3D capaci di realizzare gioielli o case, tessuti in fibra di legno, tutori intelligenti, sensori che apprendono, una rock band di robot (stonata ma scenografica), una scatola nera per il trasporto di opere d’arte, robot per fare modellazione 3D degli spazi catacombali, specchi che portano il sole nel buio anche negli scantinati, macchine per scrivere sulle pappardelle. Poi robot che annusano, spostano, aiutano anziani, programmabili da bambini, realizzati con lego, gli scarti, la gomma.

A cosa serve tutto questo?

Non si sa, non è chiaro neppure agli espositori, e proprio per questa ragione è bellissimo. È necessario. È energia e sogno. È magmatico e si ridefinisce continuamente. 
In posti così capisci che il futuro è adesso. Se si trattasse di prodotti per il mercato la fiera sarebbe solo noia e grosse cravatte su giacche blu. Ogni stand è una sorpresa, ti accende neuroni, ti stupisce.
Sì, alcuni sono destinati al fallimento, altri meno, altri sono figate pazzesche: in questi casi è il tutto che acquisisce valore perché valgono tutti lo stesso rispetto e proprio dai fallimenti nasceranno le più grandi fortune.

Percepisci anche la distanza di quell’accozzaglia di cervelli dalle istituzione e dalla politica. Amici politici, andateci, almeno 4 ore, potrebbe cambiarvi la vita e dare ossigeno ai vostri neuroni. Anche l’Università che l’ospita sembra un guscio vuoto, e i palazzi diventano quinte polverose per  un dinamismo dimenticato tra quelle mura che è forse quello che ha fatto, centinaia di anni fa, nascere l’idea stessa degli studi superiori.

La curiosità è la leva che sposta le persone lì, la collaborazione è il pilastro che le cementa, la fiducia un prerequisito naturale all’essere lì. Il talento l’indicatore di reputazione.
Mi ha colpito la forte presenza femminile in tutti gli stand che leggo secondo due direttrici: più donne nelle facoltà scientifiche, nei gruppi di coding e nei fab lab, così come (finalmente!) la presa d’atto che la tecnologia senza l’umanesimo magari sviluppa mercato ma non ha impatto sulla società e lascia l’Italia sempre più in fondo alle classifiche.
In quei vialoni, oggi ho sentito davvero forte il senso della tanto declamata Social Innovation e di cosa voglia dire progettare con e non per.
Grande la presenza di designer. Intendo dire che le cose presentate erano spesso molto belle, molto più di quello che ti aspetteresti da un nerd o da chi pensa che le soluzioni siano responsabilità delle procedure. Grande attenzione quindi alla esperienza d’uso.
Mi ha sorpreso come gli stand delle grandi aziende come Google, Telecom o Microsoft elemosinassero visitatori a suon di gadget. Se li filavano in pochi, così come le loro soluzioni ‘chiavi in mano’ reperti di una preistoria fatta di SMAU e saloni del genere. A generare la ressa erano invece gli stand che abilitavano gli utenti a fare cose nuove, a esplorare strade, non a applicare procedure codificate in California per essere usate da Tivoli a Tahiti.  

Andateci, lasciatevi stordire, guardatevi intorno, fatelo per voi stessi e poi – chissà – darete anche voi vita a qualcosa di buono per tutti.

venerdì 2 ottobre 2015

Il Giubileo della Misericordia nel costato della città ferita.

Decido a sorpresa di invitare a casa tua 35 milioni di pellegrini e te lo dico con soli sei mesi di anticipo. Lo so, scherzi da prete! L’ultima volta, nel 2000, gli imbucati nella tua città per la mia festa erano solo 25 milioni e ti sei preparato per 4 anni. I tempi sono cambiati, bisogna stupire. Un Giubileo a sorpresa fa tutti felici, è come un democratico gratta e vinci dove la Chiesa stampa e benedice i coupon e tutti vincono, e vengono a grattare a casa tua. 

Tranquillo però: stavolta facciamo una cosa semplice, non voglio niente di ché. Dammi giusto qualche fontanella per l’acqua e due porchettari che spaccino merende; un menù a tarallucci e vino è perfetto. Magari, visto che ci siamo, fammi anche qualche via pedonale che porti di qui a lì, cessi a centinaia, e qualche parcheggio per migliaia di pullman. Per gestire la sicurezza io ci metto le guardie svizzere che spaventano i bambini e spazzano le cicche, tu pensa al resto. Se si ammalano, tengo aperta la Farmacia Vaticana; per il resto confido in te.
   
No, non puoi dire di no, questa non è mica una Olimpiade che prima di assegnartela verificano che tu abbia i requisiti, questa è la croce del Giubileo e devi portarla, ringraziare, sorridere ai pellegrini e darmi pure l'8 per mille.
So che hai un grande cuore. Sì, mi rendo conto che sei una città stremata dal maggior sconquasso accaduto da quando Romolo ha ucciso Remo. E con questo? Pensa positivo, keep calm, guarda avanti anche se la mafia è radicata in tutti i partiti di governo e opposizione; anche noi abbiamo parecchia brutta gente nell'organizzazione però siamo qui da duemila anni e anzi, valorizziamo le debolezze e organizziamo questi mega party per peccatori. 
So anche che hai i servizi di trasporto e la nettezza urbana in ginocchio, spolpati dalla politica, zeppi di dirigenti incapaci, sindacalisti conniventi e popolati dagli estremisti neri, però la festa del mio club è troppo importante. Sì, sanno tutti che i tuoi vigili urbani sono allo sbando e senza credibilità, e quelli dell’ufficio parchi e giardini quasi tutti al gabbio. 
Soldi? Fai tu, mi fido e mi riservo di lamentarmi dopo. Te ne darei anche un po’ se li avessi ma a mia insaputa mi impediscono di pagarti l’ICI sui miei hotel con la Madonna nell’ingresso e la piscina nel parco. 
Però sappi che ho parlato con la Provvidenza e mi ha assicurato che ci dà una mano. Non la conosci? È esattamente come la Protezione Civile, scende dall'altro senza elicotteri e se non fa il suo dovere non la puoi inquisire come Bertolaso.   

Sbrigati, su. Io non faccio parte dell’Unione Europea sai, e dunque se faccio le gare d’appalto uso la trattativa privata e in due settimane assegno i contratti a chi mi pare però, dai, per me anche tu potresti fare uno strappo. Lo so, per fare tutte le gare in regola ci vogliono almeno 12 mesi; accelera e dagli una botta. D’altronde l’hai già fatto per l’Expo di Milano. Ci saranno furti e illeciti? E chi se ne frega, tanto quelli del brand l’hanno chiamato Giubileo della Misericordia e basta una passeggiata sotto le 5 porte sante e i peccati di tutti saranno risciacquati via.

Poi, se proprio hai timore, a fare il capro espiatorio lasciamo Marino, l’utile idiota perfetto. 
Stava pure provando a aggiustare un po’ la città e se non arrivavamo noi col Giubileo Straordinario magari riusciva pure a sistemare questa città sbrindellata. Bell’idea, vero il nostro megaparty? Ci stanno ringraziando in molti. Gli abbiamo attizzato un roseto ardente sotto il Campidoglio: o scappa per il fumo o finisce arrosto. A forza di seminar zizzannia, abbiamo convinto il mondo che lui ha colpa ‘a prescindere’, perché tanto è quasi comunista, se la fa con i gay e non si inginocchia alla comunione, 'sto zozzone.  
La verità è che in realtà nessuna città al mondo potrebbe organizzare un party del genere in sei mesi. Se poi il Giubileo funziona, diremo che è stato un miracolo accaduto nonostante Marino. Qualsiasi casino sarà invece colpa sua.
Eh, bella la mia Roma, vedi, come è facile organizzare giubilei a sorpresa con le città degli altri.

Il tuo amato Stato del Vaticano