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sabato 16 novembre 2013

Classifica e somme dopo il Festival del Cinema di Roma

Il Festival del Cinema di Roma è terminato e comincio a digerire l’usuale indigestione di immagini, idee, punti di vista, provocazioni. È stata una bella festa con un livello medo dei film decisamente superiore all’anno scorso (per dire: non ho abbandonato nessuna proiezione a metà come invece mi è spesso capitato negli ultimi anni)
Persiste l’orribile sigletta iniziale con l’insulsa donnina nuda che si inginocchia e tende l’arco: roba per guardoni cinefili o cinefili guardoni. A seguire però hanno messo uno spot del Governo contro le barriere architettoniche, ma forse era per promuovere l’ospitalità, o per il turismo: talmente pasticciato che tutti lo deridevano
Ricordo il primo festival, otto anni fa, in cui ero in giuria e faticammo per trovare una donna a cui assegnare il premio per la miglior attrice. Chi aveva selezionato allora di certo non sopportava le donne. Quest’anno al contrario impazzavano bellissimi ruoli femminili, ben scritti e pensati. I film erano però affollati di uomini insulsi, disorientati, fatti, sbronzi, spenti che in più di un film non volevano fare figli con donne invece dichiaravano che li avrebbero fatti pure con passanti sconosciuti.

Ecco la mia personale classifica dei film visti:
  1. HER (di S. Jonze). Grandissima prova d'autore sugli incubi della digitalizzazione dei sentimenti. Lui si innamora del nuovo sistema operativo – e fin qui nulla di nuovo – ma le cose diventano interessanti quando il sistema operativo ricambia l’amore. Recitazione, dialoghi e fotografia memorabili. Da far circolare nelle scuole perché si capisca il pericolo insito nella riduzione che separa il diaframma tra la realtà e la proiezione dei propri desideri nel virtuale. 10 minuti di meno e piacerebbe a tutti, ma un po' di lentezza serve a fermarsi e pensare.
  2. CAPO E CROCE - LE RAGIONI DEI PASTORI (di P. Carbini e M. Pani). Meraviglioso documento sulla attuale lotta dei pastori sardi contro politici ottusi, mafie commerciali, disinteresse del mondo alla al loro mestiere e al valore culturale, ambientale e economico che ha per la collettività. Emozionante l'incontro finale con i protagonisti del film presenti in sala. Lo vorrei in prima serata su Rai1. Tornato a casa ho addentato con più gusto quel tocco di grana di pecora di Anglona in agguato nel mio frigo.
  3. QUOD ERAT DEMONSTRANDUM (di A. Gruzsniczki) la Romania del 1985 ci racconta con gelida chiarezza come la libertà di pensiero sia alla base della dignità e il maggior pericolo per la dittature. Tutti hanno un prezzo? Tutti possono essere vittime e delatori? Fidatevi, vi stupirà.
  4. JE FAIS LE MORT (di J. Salomè) spassosa, originale e attuale detective story ambientata sulle alpi francesi. L’attore disoccupato viene mandato dai servizi per l’impiego a impersonificare il morto nelle ricostruzioni della polizia. Una bella spremuta di bel cinema che ha il coraggio di osare una lettura non banale della crisi.
  5. SONG'S E NAPULE (by Manetti Bros) scoppiettante magnifico melodramma pop napoletano. Il poliziotto imboscato appassionato di pianoforte viene infiltrato in un gruppo neomelodico che suonerà al matrimonio del grande camorrista ricercato. Ben recitato, scritto e cantato. C'è più spremuta di Italia lì dentro che in 10 serate di Santoro. Io lovvo Manetti Bros. e Giampaolo Morelli.
  6. L'AMMINISTRATORE (di V. Marra). Sincero e umanissimo spaccato del lavoro meno invidiato del mondo urbanizzato. Intelligente documentario in cui la macchina da presa segue le liti, le furbizie, le lacrimucce e i trucchi di una Napoli struggente.
  7. IL VENDITORE DI MEDICINE (di A. Morabito) la mafia delle industrie farmaceutiche che lucrano sulle nostre malattie. Bravo Santamaria. Film davvero scomodo a rischio insabbiamento prima di arrivare in sala.
  8. UVANGA (di M. Cousineau) la casa è dove è la famiglia, anche al Polo Nord. Suggestivo film canadese di poche parole, grandi paesaggi, timidi sorrisi e sinceri sentimenti.
  9. TAKE FIVE (di G. Lombardi) colorito furto in banca con buco attraverso le fogne in terra napoletana. IL colo riesce ma niente va per verso giusto. Personaggi scombinati e varia umanità in giro per una città che arranca nel riveder le stelle.
  10. THE HUNGER GAMES (di. F. Lawrence). Tachicardico action movie per il quale mi sono alzato alle 6.45. Ti prende le viscere e te le porta avanti nella storia per 2 ore e mezza. Poi, sul più bello ti da appuntamento al terzo capitolo della saga.
  11. PATEMA INVERTED (by ) cartoon giapponese sulla difficoltà di accettare il diverso e l'inverso. Il film stesso è stranamente diverso e piacevole con mezza umanità che viene respinta dalla forza di gravità a cadere verso il cielo. Visto in una sala piena di adolescenti orfani di Zalone, ululanti e timorosi del buio.
  12. HARD TO BE GOD (di A. German) Russo, in bianco e nero, iconoclasta, attesissimo, scatologico, disassato, forse necessario, ispirato, piove tutto il film e io trattenevo la pipì, dura tre ore. Ci hanno messo tredici anni per farlo ma non si capisce perché. Inquadrature e movimenti di macchina stupefacenti. Sputano più che in un derby all’Olimpico.
  13. JULIETTE (P. Godeau) film parigino affollato di giovani confusi e confondenti. Lavoro? Può attendere. Responsabiiltà? Dopo. Futuro? Eterno presente. Ma in un modo o nell'altro cresceranno. Malinconico.
  14. SNOWPIERCER (di J. Bong). Action movie post apocalittico pieno di poveracci che se menano su un treno che pare un fulmine e attraversa una terra ghiacciata. Raggelante e scontato ma denso di feromoni.
  15. L'ULTIMA RUOTA DEL CARRO (di G. Veronesi). Storia sgangherata di un tipo dickensiano che vive a Borgo Pio. Vivacchia e ammicca, come il film. Presuntuosa panoramica tentennante degli ultimi trenta anni in questo paese che sta disimparando a raccontarsi, così come a ascoltarsi.
  16. ENTRE NOS (P. Morelli) il Grande Freddo do Brasil. Gli amici di un tempo si ritrovano dopo 10 anni a leggere delle lettere che si erano autoindirizzare poco prima che uno di loro morisse in un incidente. C’è letteratura, giungla, sopravvivenza a ogni costo e un’amicizia ritenuta sempiterna che non regge la prova del tempo.

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