Quando posso vado al Gay Pride. Ci sono riuscito tre o
quattro volte negli ultimi dieci anni.
Ci vado perché lo reputo un termometro
attendibile di cosa accade nel paese, perché mi ubriaca di bellezza e
esagerazione, perché obbliga a pensare, perché è giusto farlo.
Vado al Gay Pride, e vado pure al Family Day e alle manifestazioni politiche di molte bandiere. Il
Pride è l’unico che non è mai contro qualcuno ma è per il diritto
ai propri diritti, alla propria esistenza, all’ovvio. La differenza è tanta.
La mia prima volta è stata per il
World Pride del 2000, concomitante al Giubileo a Roma. Quella volta ero al ciglio della strada, sorridevo e facevo foto. Era poco tempo prima prima che uno dei
miei migliori amici facesse coming out, prima di conoscere le due ragazze innamorate
che da poco si sono unite con l’ipocrita formula italica e hanno avuto un
figlio, e i due amici che quel matrimonio l’hanno fatto davvero a Barcellona. Tutti loro, le loro storie, la loro vicinanza mi hanno fatto capire perchè dal bordo della strada occorra entrare nella sfilata.
Da queste giornate assorbo sempre un’esplosione di energia senza pari. E l’energia è
il tratto distintivo di ogni Pride.
È un’energia diversa, da vivere, che attraverso le maschere
di un carnevale arcobaleno, spesso allegorico porta
assieme la bellezza di ciascuno dei partecipanti e la difficoltà che nella vita quotidiana accompagna le vite di molti.
assieme la bellezza di ciascuno dei partecipanti e la difficoltà che nella vita quotidiana accompagna le vite di molti.
Dovete vederle, assieme e orgogliose, le famiglie omosessuali; contare i
gruppo di impegno; ricordarvi che esistono ancora, e sono molti, i
sieropositivi che lottano per combattere i pregiudizi; vanno guardate negli
occhi le ragazze che si tengono per mano sorridendo e si amano. Quest'anno c'erano sia l'Associazione Nazionale Partigiani che i gay israeliani, un capolavoro di pace e di forza che a Roma non si riesce a vedere neppure il 25 aprile.
Le donne oggi erano tante, secondo me più del solito. A
mio parere, a Roma, grazie anche alla lotta e alla testimonianza di molti, negli anni scorsi si è molto stemperato il pregiudizio verso le coppie di uomini; ora è il momento di
prendere atto con della felicità che provano le coppie di donne e della naturalezza con cui vorrebbero, come ogni altra coppia, condividerla. Era il tempo che accadesse.
prendere atto con della felicità che provano le coppie di donne e della naturalezza con cui vorrebbero, come ogni altra coppia, condividerla. Era il tempo che accadesse.
Mi ha molto colpito la normalizzazione che su
molti piani l’economia sta facendo assai meglio della politica: c’era il carro
dell’American Express, nutrite le delegazioni della Gillette e della Dash, della Tim e di tante
altre grandi aziende (molte delle quali già consentono, ad esempio, la licenza
matrimoniale alle unioni civili). L’acqua Vitasnella ha fin fatto la bottiglia
arcobaleno; l’Inghilterra e il Canada avevano i loro carri musicali per
convincere i turisti a passar da loro le vacanze.
La città poi era al massimo della bellezza, e gli arcobaleni
dappertutto andavano verso il tesoro rappresentato da tutte quelle persone che
esistono, vivono, amano e lavorano e che si sono sentite offese quando un
neoministro ha dichiarato che le famiglie omosessuali non esistono.
“Io esisto!” era infatti lo slogan più ripetuto, quasi
parossisticamente, da decine di migliaia di persone in carne e ossa. “Meno
male,” aggiungo io.
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