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martedì 12 febbraio 2013

Il Papa si dimette ovvero la fine del tempo indeterminato.

Credo che per molto tempo nulla potrà avere la forza simbolica delle dimissioni del Papa. Più inaspettate delle Torri Gemelle, più eversive di cento Wikileaks, superabili in impatto forse solo da uno sbarco alieno.

Al di là delle ragioni personali, fisiche  e spirituali che l’hanno determinata, mi colpisce la contemporaneità della decisione. È apparentemente  paradossale che un pontefice conservatore, anticonciliare, medievale quasi, abbia avuto tale sussulto di modernità (e umanità).  Ha raso al suolo proverbi centenari (Morto un Papa se ne fa un altro. Ogni morte di Papa), ha ridotto la nostra campagna elettorale al pigolare di un pollaio. Ha sancito una volta per tutte come il tempo indeterminato sia ormai una eccezione.
E qui si è andato a infilare nel cantuccio di Darwin.
Nella società agricola, e anche industriale, il tempo indeterminato era un obbligo, elemento del patto sociale, una necessità di sopravvivenza. I matrimoni sancivano la fusione dei patrimoni e delle terre per sempre, le classi sociali erano determinate alla nascita per la vita, il possesso di una casa ti legava alla terra per generazioni. Il tempo degli impegni e delle relazioni, dei diritti e dei doveri, era indeterminato per necessità. 
C’erano pochi pastori (tra cui il Papa) e un vasto gregge consapevole di essere tale, che scambiava fedeltà con protezione e reddito (con la Chiesa, il Partito, l’Impresa).

Da parecchi anni è evidente come per galleggiare occorra essere sempre pronti a cambiare. Il conformismo non è più stare in gregge ma in stormo, in una situazione in cui non sai chi guida, dove si va e, se ti distrai, in un attimo puoi ritrovarti ai margini del gruppo. Soprattutto è evidente come la precarietà non sia una emergenza ma una condizione strutturale, forse inevitabile. 
Sì perché non conviene più il tempo indeterminato. Nel lavoro rischia di rendere obsolete le competenze nell'attesa che la mia azienda chiuda per ragioni di mercato; non c’è più la necessità economica o sociale che i matrimoni durino (diventa solo una questione di scelta, da rinnovare di frequente); perfino i mobili non devono durare più delle ragioni per le quali sono stati comprati. 
La mobilità è un condizione necessaria per accedere alle opportunità.
Non tutti però sono attrezzati per la sfida, politici e intellettuali sembrano affascinati da un mondo che non esiste più e respingono la necessità di confrontarsi con queste sfide. Se una diffusa solidarietà planetaria, unita a una seria analisi dei fenomeni, non prendono piede non mi parrà inappropriato scomodare Darwin e le sue ipotesi sulla sopravvivenza delle specie in cui si salveranno i più adattabili, non i più forti o i più intelligenti.
Chi dunque ambisce a partecipare in modo attivo deve comprendere e governare tale complessità facilitando i processi, orientando i comportamenti, specialmente se la vita gli ha dispensato ha le doti o il ruolo di leader.   E questo Papa, per ragioni sue, ha passato la mano, esercitando una libertà di scelta fuori dagli schemi che ricorda più slogan del '68 che canti liturgici, lasciando al suo stormo la responsabilità inaudita di trovare una destinazione degna e nuova e motivate ragioni di volo.

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