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domenica 8 marzo 2015

Quali negozi aprono, quali chiudono e quali ammiccano a un futuro sconosciuto.

Adoro le dinamiche di apparizione e chiusura dei negozi nel quartiere. Seguono leggi di mercato, sogni di improvvisati negozianti, la disperazione di altri. 
Come in uno zoo metropolitano, le vetrine diventano aperture sulle vite e metafora di cosa succede nella società.
Guardo, annoto, mi stupisco. Voglio socializzarlo perchè dalle vostre parti succedono di certo cose simili (o completamente diverse), in ogni caso fatemi sapere.

Questa è una panoramica delle apparizioni negli ultimi 6 mesi, dalle mie parti, in un quartiere come tanti di Roma:
  • Sale scommesse: 6 aperture nel raggio di un chilometro. Ambienti di impostazione ambulatoriale frequentati da musi lunghi, facce tese, frasi smozzicate, voci basse, da una popolazione di ansiosi che si aggira per queste sale dispensatrici di illusioni. Sono tutte arredate in modo essenziale, vere sale d’attesa che qualcosa accada mentre la vita si prosciuga.
  • Mescita di vino: 3 aperture nel raggio di un chilometro. Direttamente da cilindri d’acciaio in bottiglie di plastica riciclate, ogni tipo di vitigno si concede ai bicchieri del quartiere. Se ti metti in ascolto, senti franare sulle ginocchia le poche enoteche di zona che provavano a fare cultura alcolica e oggi si trovano a combattere contro la Falanghina a 1,90, l’Aglianico a 2,20 il Prosecco a 3 Euro il litro. Prosit e Amen.
  • Forniture all’ingrosso per estetisti e parrucchieri: 2 aperture. La sensazione è che gran parte della parruccheria avvenga ormai nelle case, con tecniche fai-da-te, in saloni occulti evadi-le-tasse. Belli e possibili.
  • Fruttivendolo Alimentari Bangladesh: 2 aperture. Gentili e ordinati, gli unici a ricordare il nome dei miei figli, con un bell’italiano cantilenante. Hanno skype acceso in un pc sul retro del negozio, puntato su qualche villaggio a seimila chilometri posto a pochi centimetri sopra il livello degli acquitrini. Frutta e ventura.
  • Bar tavola calda Siciliana: 2 aperture. Quello della ristorazione regionale sta diventando un fenomeno interessante e di grande piacere per la gola. La Sicilia in questo stravince, anche per la ricchezza oggettiva della propria offerta;    
  • Auto lavaggio a mano: 2 aperture. Basta un ex negozio in disuso e un rubinetto per lanciarsi in questa attività che per 10 euro ti lustra l’auto. La sensazione è che siano basi per lo spaccio di qualcosa…
  • Gelaterie: 2 aperture. Entrambe ‘diverse’ dal solito. Una strabio, con gusti di tendenza come la ‘mela annurca con miele di gelsomino e cannella delle Egadi”, fighetta e nel complesso ingannevole. L’altra del tutto senza personale, con macchine che erogano in automatico gusti plastificati, topping colorati e cancerogeni. A entrambe diamo al massimo un anno di vita.
  • Pellicceria: 1 apertura. Fantascienza pura. Direttamente dagli anni ’80 ha aperto una pellicceria. Non so se sia uno scherzo, una copertura della Digos, la tana di un nostalgico dello zibellino annoiato. Operazione talmente bizzarra che credo sia già nei tabelloni di scommesse delle Sale di cui sopra.  
  • Alimentari Italiano: 1 apertura. È uno spazietto che ricorda un negozio cuneese anni ’70 con l’omone in grembiule bianco, la pasta sugli scaffali e gli affettati sono il grande vetro del bancone. Se taci, senti già le asfaltatrici dei supermercati attorno caricare i serbatoi per annientarlo in allegria.
  • Scuola di cucina, piano strada: modaiola e colorata, con l’aula cucina che si vede dalla strada. È per lo più vuota, ed è presto per dire se possa funzionare. Ci sono corsi base di questo e di quello, anche per bambini con le mani in pasta. La sensazione è che le persone guardino in tv i Masterchef perchè il tempo del pornosoft è finito e, così come Gloria Guida era un'icona irraggiungibile, anche le ricette acrobatiche di questi cinghialoni vestiti da chef rimangono un esercizio teorico. Scuola di cucina, piano strada, anche per te la vita sarà dura.


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