‘Mantenere le distanze’ è il mantra che condizionerà i
nostri comportamenti sociali dell’immediato futuro, specie quelli legati al
turismo, al tempo libero e alla fruizione culturale. Per il 2020, significherà
scegliere destinazioni meno affollate,
prediligere contesti in cui la qualità
dell’esperienza abbia più valore della quantità della relazione.
Sarà una catastrofe per i parchi divertimenti,
hotel, villaggi turistici centrati sull’animazione e le attività a bordo piscina.
Sarà una opportunità per le destinazioni
minori, i borghi e le aree interne, meno affollate, comunque ricche, che
dovranno esaltare la propria differenza
con un’offerta e una narrazione adeguate.
Il turismo
marino patirà molto; è prevedibile invece un rafforzamento del turismo montano, con le sue passeggiate in
solitaria, i grandi spazi e il recupero di quel rapporto con la natura che ci è
tanto mancato in queste settimane.
La lunga
inattività di questi mesi farà sì che anche le abituali due settimane di
chiusura ad agosto si frammentino, sfumino anche nel loro senso di ‘interruzione’.
È dunque il momento di favorire con forza un’offerta con la destagionalizzazione dei flussi turistici,
anche garanzia di minor affollamento.
Il rapporto con gli operatori del settore cambierà.
È probabile una diminuzione di viaggi in gruppo a vantaggio di forme di turismo
esperienziale disegnate su misura. Già il fenomeno era in forte
crescita, favorito dalla disintermediazione delle
piattaforme digitali, ora sarà la scelta prioritaria per chi desidera
sostanza, sicurezza e personalizzazione. In questo settore cicloturismo, cavallo, camperismo e simili vinceranno.
Per
tranquillizzare le ansie degli appassionati di destinazioni culturali e artistiche, sarà utile contingentare le visite negli
attrattori, anche con sistemi di prenotazione più sofisticati degli attuali.
Occorrerà allungare gli orari di apertura, sia per diradare i visitatori che
per sviluppare nuovi format serali, notturni magari, per piccoli gruppi,
famiglie, coppie. Occorrerà far iniziare l’esperienza già prima del viaggio e
farla continuare dopo, trasformando i pochi che la faranno in ambasciatori
verso molti. Sarà un disastro sul piano
della sostenibilità economica però sarà di gran lunga meglio usare i soldi pubblici perché le persone
lavorino tenendo aperte strutture, altrimenti in perdita, piuttosto
che tenerle a casa in cassa integrazione.
Il 2020 sarà
l’anno zero per il turismo
internazionale. Saranno quasi solo gli italiani a muoversi in Italia. È
molto probabile che – un po’ per timore
di contagio e un po’ per tasche molto vuote – l’estate di molti si svolga nella propria area di residenza con
qualche weekend nel raggio di una o due ore di viaggio. Diventerà
vincente la proposta di una riscoperta dei luoghi che guardi anche al
riappropriazione di cultura, memorie e
spazi, soprattutto all’aperto, delle proprie città.
Per
operatori e enti territoriali sarà categorico capire quanto quelle facce pseudoconosciute abbiano però bisogni
nuovi. Le persone vorranno proposte
in linea con i tempi. La sfida sarà portarli oltre l’idea del semplice ‘fuori
porta’ in un viaggio reale in inediti
termini spaziali, comunque un’esperienza di crescita e trasformazione.
I pochi stranieri che arriveranno saranno degli avventurieri o saranno già innamorati dell’Italia. I primi cauti, curiosi e da
affascinare fuori dagli stereotipi del Belpaese. I secondi magari già
proprietari di seconde case in Toscana, Liguria o Sicilia, da coccolare,
festeggiare e trasformare nei nostri ambasciatori
verso il flusso di loro connazionali auspicabile nel 2021 e oltre.
Questo sarà
possibile solo con la capacità di fare
rete nelle proposte, ascoltando e coinvolgendo
l’utenza e con un’efficace infrastruttura
comunicativa e informativa dei luoghi e dell’offerta di servizi, solo ciò sancirà
il successo, prima reputazionale e poi economico delle destinazioni.
In materia di cultura prodotta, molti autori
stanno approfittando di queste settimane per produrre cultura e nuovi format. Tra loro artisti affermati e non, individualità
collegate in/dalla rete, che nella
creazione e nell’innovazione trovano salvezza esistenziale ed economica.
Tutto questo dovrà trovare palcoscenici degni, luoghi di confronto e
dibattito, utili anche a selezionare ciò che esprima valore estetico, politico
e artistico. In tal senso credo che i luoghi della cultura abbiano la
responsabilità e l’opportunità di dare asilo a un contemporaneo finalmente non
dettato solo dal mercato fatto da pochi ma espressione
di bisogni e domande collettive.
In questo contesto
emergenziale la cultura e l’arte stanno definendo e prototipando nuovi format e contenuti. Impazzano le visite
virtuali, le challenge, videotrailer, curatori e direttori che raccontano,
musicisti che suonano in diretta, aste di opere su Instagram. Strepitoso, su
tutti, il format di TussenKunstenQuarantine
ripreso dal Getty Museum come dal Mibact in cui le opere d’arte sono trasformate
in tableux vivants da persone
diventate cosplayer pop.
Di tutto ciò,
quello che funziona e piace rimarrà.
È un punto di non ritorno.
In tal senso
il potenziamento dei servizi digitali
che molti territori e strutture museali e culturali stanno realizzando in
questi giorni è inedito. A volte ancora confuso. Spesso realizzato con coraggio
e inventiva, bassi budget e molte idee, su canali e strumenti finora poco o per
nulla frequentati. In diversi si buttano e hanno capito che, per sopravvivere domani,
oggi è ‘meglio chiedere scusa che
chiedere il permesso’. Ciò sta portando a un ripensamento del ruolo stesso delle istituzioni e dei visitatori
che sempre più spesso diventano generatori di contenuti e veri partner.
Nella logica
empatica del marketing esperienziale, il pubblico si sta a abituando a questi nuovi
linguaggi e modalità di relazione e fruizione. Dai prototipi di queste
settimane nasceranno quelli saranno vincenti in termini audience engagement e
quindi development.
Oggi però,
in tempo di quarantena, tutto ciò ha un costo
non misurabile in quanto è il tempo di professionisti altrimenti inattivi che
non godono di ammortizzatori sociali, o di figure già pagate per altre attività
che non oggi possono svolgere. Domani gli andrà assegnato un valore e un budget, trovato uno spazio in organizzazione, inquadrati
gli obiettivi in una strategia.
Sono molte le
competenze alla ribalta in questi
giorni. Varie le figure che stanno tenendo in vita la relazione tra cittadini e
Beni Culturali e Arti: creatori di
contenuti, community manager, esperti di SEO e comportamenti dell’utenza, data
analyst, esperti di e-commerce in prodotti e servizi, organizzatori di
crowdfunding e parecchi altri ormai da considerare imprescindibili nei
futuri organici di una Sovrintendenza, di un Consorzio di Comuni, di una città d’arte,
dei musei maggiori o reti tra musei minori, di qualsiasi ‘attrattore culturale’
che abbia domani l’ambizione di attrarre
davvero qualcuno.
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