Pagine

mercoledì 15 aprile 2020

Ipotesi di lavoro per il Turismo Culturale nell’immediato dopo Covid-19


‘Mantenere le distanze’ è il mantra che condizionerà i nostri comportamenti sociali dell’immediato futuro, specie quelli legati al turismo, al tempo libero e alla fruizione culturale. Per il 2020, significherà scegliere destinazioni meno affollate, prediligere contesti in cui la qualità dell’esperienza abbia più valore della quantità della relazione.

Sarà una catastrofe per i parchi divertimenti, hotel, villaggi turistici centrati sull’animazione e le attività a bordo piscina. Sarà una opportunità per le destinazioni minori, i borghi e le aree interne, meno affollate, comunque ricche, che dovranno esaltare la propria differenza con un’offerta e una narrazione adeguate.
Il turismo marino patirà molto; è prevedibile invece un rafforzamento del turismo montano, con le sue passeggiate in solitaria, i grandi spazi e il recupero di quel rapporto con la natura che ci è tanto mancato in queste settimane.

La lunga inattività di questi mesi farà sì che anche le abituali due settimane di chiusura ad agosto si frammentino, sfumino anche nel loro senso di ‘interruzione’. È dunque il momento di favorire con forza un’offerta con la destagionalizzazione dei flussi turistici, anche garanzia di minor affollamento.

Il rapporto con gli operatori del settore cambierà. È probabile una diminuzione di viaggi in gruppo a vantaggio di forme di turismo esperienziale disegnate su misura. Già il fenomeno era in forte crescita, favorito dalla disintermediazione delle piattaforme digitali, ora sarà la scelta prioritaria per chi desidera sostanza, sicurezza e personalizzazione. In questo settore cicloturismo, cavallo camperismo e simili vinceranno.   

Per tranquillizzare le ansie degli appassionati di destinazioni culturali e artistiche, sarà utile contingentare le visite negli attrattori, anche con sistemi di prenotazione più sofisticati degli attuali. Occorrerà allungare gli orari di apertura, sia per diradare i visitatori che per sviluppare nuovi format serali, notturni magari, per piccoli gruppi, famiglie, coppie. Occorrerà far iniziare l’esperienza già prima del viaggio e farla continuare dopo, trasformando i pochi che la faranno in ambasciatori verso molti. Sarà un disastro sul piano della sostenibilità economica però sarà di gran lunga meglio usare i soldi pubblici perché le persone lavorino tenendo aperte strutture, altrimenti in perdita, piuttosto che tenerle a casa in cassa integrazione.

Il 2020 sarà l’anno zero per il turismo internazionale. Saranno quasi solo gli italiani a muoversi in Italia. È molto probabile che – un po’ per timore di contagio e un po’ per tasche molto vuote – l’estate di molti si svolga nella propria area di residenza con qualche weekend nel  raggio di una o due ore di viaggio. Diventerà vincente la proposta di una riscoperta dei luoghi che guardi anche al riappropriazione di cultura,  memorie e spazi, soprattutto all’aperto, delle proprie città.
Per operatori e enti territoriali sarà categorico capire quanto quelle facce pseudoconosciute abbiano però bisogni nuovi. Le persone vorranno proposte in linea con i tempi. La sfida sarà portarli oltre l’idea del semplice ‘fuori porta’ in un viaggio reale in inediti termini spaziali, comunque un’esperienza di crescita e trasformazione.

I pochi stranieri che arriveranno saranno degli avventurieri o saranno già innamorati dell’Italia. I primi cauti, curiosi e da affascinare fuori dagli stereotipi del Belpaese. I secondi magari già proprietari di seconde case in Toscana, Liguria o Sicilia, da coccolare, festeggiare e trasformare nei nostri ambasciatori verso il flusso di loro connazionali auspicabile nel 2021 e oltre.
Questo sarà possibile solo con la capacità di fare rete nelle proposte, ascoltando e coinvolgendo l’utenza e con un’efficace infrastruttura comunicativa e informativa dei luoghi e dell’offerta di servizi, solo ciò sancirà il successo, prima reputazionale e poi economico delle destinazioni.

In materia di cultura prodotta, molti autori stanno approfittando di queste settimane per produrre cultura e nuovi format. Tra loro artisti affermati e non, individualità collegate in/dalla rete, che nella creazione e nell’innovazione trovano salvezza esistenziale ed economica. Tutto questo dovrà trovare  palcoscenici degni, luoghi di confronto e dibattito, utili anche a selezionare ciò che esprima valore estetico, politico e artistico. In tal senso credo che i luoghi della cultura abbiano la responsabilità e l’opportunità di dare asilo a un contemporaneo finalmente non dettato solo dal mercato fatto da pochi ma espressione di bisogni e domande collettive.
In questo contesto emergenziale la cultura e l’arte stanno definendo e prototipando nuovi format e contenuti. Impazzano le visite virtuali, le challenge, videotrailer, curatori e direttori che raccontano, musicisti che suonano in diretta, aste di opere su Instagram. Strepitoso, su tutti, il format di TussenKunstenQuarantine ripreso dal Getty Museum come dal Mibact in cui le opere d’arte sono trasformate in tableux vivants da persone diventate cosplayer pop.

Di tutto ciò, quello che funziona e piace rimarrà. È un punto di non ritorno.
In tal senso il potenziamento dei servizi digitali che molti territori e strutture museali e culturali stanno realizzando in questi giorni è inedito. A volte ancora confuso. Spesso realizzato con coraggio e inventiva, bassi budget e molte idee, su canali e strumenti finora poco o per nulla frequentati. In diversi si buttano e hanno capito che, per sopravvivere domani, oggi è ‘meglio chiedere scusa che chiedere il permesso’. Ciò sta portando a un ripensamento del ruolo stesso delle istituzioni e dei visitatori che sempre più spesso diventano generatori di contenuti e veri partner. 

Nella logica empatica del marketing esperienziale,  il pubblico si sta a abituando a questi nuovi linguaggi e modalità di relazione e fruizione. Dai prototipi di queste settimane nasceranno quelli saranno vincenti in termini audience engagement e quindi development.
Oggi però, in tempo di quarantena, tutto ciò ha un costo non misurabile in quanto è il tempo di professionisti altrimenti inattivi che non godono di ammortizzatori sociali, o di figure già pagate per altre attività che non oggi possono svolgere. Domani gli andrà assegnato un valore e un budget, trovato uno spazio in organizzazione, inquadrati gli obiettivi in una strategia.

Sono molte le competenze alla ribalta in questi giorni. Varie le figure che stanno tenendo in vita la relazione tra cittadini e Beni Culturali e Arti: creatori di contenuti, community manager, esperti di SEO e comportamenti dell’utenza, data analyst, esperti di e-commerce in prodotti e servizi, organizzatori di crowdfunding e parecchi altri ormai da considerare imprescindibili nei futuri organici di una Sovrintendenza, di un Consorzio di Comuni, di una città d’arte, dei musei maggiori o reti tra musei minori, di qualsiasi ‘attrattore culturale’ che abbia domani l’ambizione di attrarre davvero qualcuno.

Nessun commento:

Posta un commento