Pagine

lunedì 15 giugno 2020

7 Consigli ai formatori ‘tradizionali’ che vanno online


L’anno scorso ho fatto almeno 60 giornate d’aula con adulti in presenza. A febbraio ero già a quota 15. Poi ecco il Covid e la mia agenda si svuota da marzo a settembre in un colpo solo. Quelli sono stati i giorni più difficili da interpretare, stratificati di paure e incertezze.
Ecco che alcuni corsi si piantano dove sono. Molti sono cancellati. Alcuni - i primi - osano lo sbarco online. Mi si propone da subito lo IED di Venezia, il Master della Link, il Living Lab del Comune di Sassari, ad esempio.

Poi, in aprile, la pressione dell’utenza e degli enti di formazione fa saltare la regola che obbliga la formazione finanziata dal Fondo Sociale Europeo alla presenza. Tutto riparte in pochi giorni solo in webinar. È urgente formare storyteller digitali, progettisti, agenti di sviluppo, manager. Ovunque. Le telefonate tipiche che ricevo sono “Vorremmo chiederle uno dei suoi moduli formativi sul tema XY. Mi spiace dirlo ma senza il virus non avremmo mai potuto permetterci un docente da Roma.

Di colpo ecco Bolzano, Udine, Perugia, Cagliari, Reggio Calabria, Trieste. Un ottovolante in una stanza. Per settimane è stato un intenso mettere a punto, argomentare, tentare, sbagliare, ascoltare, ritentare, raccogliere. Dopo due mesi mi lancio nel razionalizzare quello che ho fin qui imparato:

  1. Ripensare l’obiettivo formativo: è stata la mia bussola. Mi sono chiesto ogni giorno “Perché qualcuno deve rinunciare a ore della sua vita per seguirmi davanti a uno schermo nella sua camera mentre intorno il mondo cade a pezzi?”. Che le prime studentesse, a marzo, mi perdonino, gli insegnavo a progettare la promozione di un territorio quando – impauriti - neppure potevamo uscire di casa. Imparavo facendo, evadevo insegnando. “Mi seguiranno solo  se gli servo, nel breve, oggi”, ho deciso che dovesse essere. L’utilità è la motivazione più forte on line, la teoria viene dopo, la suspense lì è difficile da creare, la teatralità vacilla. Occorrono praticità, esempi, scorciatoie sinaptiche che spazzino come fulmini nel buio. E dunque tante storie che spingano all’azione, smontino pregiudizi, attivino e educhino.
  2. Progettare l'Empatia: il primo mese è stata una prova per docenti e studenti. Dopo un po’ è stato chiaro a tutti che non poter stare assieme portava a dover costruire empatia dentro il webinar però nessuno è a suo agio a dichiarare il propri obiettivi a una webcam, quasi tutti lo fanno volentieri al coffe break. Ecco allora come il fare domande, raccontare e dar spazio a racconti, talvolta alla battuta, serviva a tutti. Anche se i presenti erano tanti, chiedere e stimolare risposte in chat diventava il filo che ci rendeva reali. Ho notato poi un cambiamento anche nei corsisti e da inizio maggio qualsiasi cosa chiedessi, in breve la ricevevo. “Mandatemi un progetto per la prossima volta”, “Girate un video di un minuto” o altro tutto era fatto con slancio nel minore del tempo. I ‘compiti’ diventavano necessari testimoni del contatto.
  3. Sincrono e asincrono: siamo partiti col sincrono. È la cosa che noi vecchi formatori sappiamo fare meglio e  quella che presuppone meno preparazione, anche perché c’era fretta e nessuno ci pagava il ripensamento dei modelli. Piano piano abbiamo adattato le slide. Poi creato i quiz. Girato piccoli video. Poi gestito piccoli word café in sottogruppi. Oggi la video chiamata comincia ad andarmi stretta. Voglio dare di più perché gli studenti vogliono di più. Dobbiamo studiare (indovina cosa sperimenterò quest’estate?) perché – ad esempio- la vera FAD con l’integrazione a Moodle o simili diventi la regola.  
  4. Organizzare un Backoffice: è importantissimo quando vi rivolgere a tante persone. Diciamo se sono più di una dozzina non puoi avere il polso del gruppo tramite un video. Serve un assistente attento che raccolga le domande, lanci i quiz, suggerisca dei link, ti faccia presente se le slide non si vedono o l’audio saltella. Un buon backoffice consente al docente di rimanere concentrato e diventa il suo sesto senso. È l’equivalente funzionale del tutor d’aula (che però nelle aule vere è spesso inesistente)
  5. Curare la posizione. Non voglio parlare di sfondi e scenografie, ciascuno la pensa differentemente e penso solo che devono 'vestirti' come desideri. Mi fa piacere però raccontare come con i webinar di Digital Generation abbia iniziato a intervenire da in piedi. All’inizio non ero sicuro poi l’ho trovato ovvio! Il pc posizionato in cima al portaCD e tutta  la libertà di muovermi, usare al meglio il diaframma, far cadere le spalle per liberare il respiro, ossigenare tutto e moltiplicare le sinapsi accese. D’altronde in aula sto sempre in piedi. Ormai quando devo insegnare per non più di 2-3 ore on line, sto in piedi. Tutto (soprattutto il cervello) funziona meglio.
  6. Battere il tempo: Ogni 15-20 minuti occorre cercare e creare il contatto. (anche solo per verificare che la linea non sia caduta ). Sono pochi quelli che si lanciano e interrompono, spesso anche le chat sono poco frequentate per cui occorre tirare fuori le osservazioni, anche col gioco.
  7. To be continued…: il momento peggiore per me è la fine, quando ritorni nella tua cameretta con la funzione inversa al teletrasporto che interrompe il collegamento. Mai come online mi viene naturale dire “ritroviamoci su Linkedin, scrivetemi nel gruppo, questa è la mia mail,” diventano tutti prolungamenti basati sulla conoscenza e la fiducia che nascono in lezione e misurano la tua capacità di essere stato utile e dunque la reputazione di cui potrai godere. Non vedo l’ora di incontravi di persona.


3 commenti:

  1. Grazie Andrea, condivido subito con colleghi

    RispondiElimina
  2. Ma se ricominci muoverti e ti capita di passare dalle mie parti, vediamoci, mi piace ascoltarti dal vivo!!

    RispondiElimina