Raccolgo la sfida.
Qualche anno fa ho scritto “People from IKEA” (FBE Edizioni), una raccolta di racconti sulla
Generazione Componibile che è diventato anche un bello spettacolo a cura delTeatro della Tosse di Genova.
In questi giorni Podemos ha presentato il suo programma elettorale per le prossime elezioni in Spagna secondo il riconoscibilissimo format del catalogo IKEA.
Qualche simpaticone ha stuzzicato sui social network la mia
opinione in merito.
Siccome da diversi mesi il mio lavoro di consulente e autore
mi porta alla comprensione e allo sviluppo di schemi per il business storytelling, raccolgo convinto
la sfida.
Anticipo subito che su
questa provocazione di Podemos dò 10 e lode per forma, contenuto e comprensione di sogni e bisogni del proprio elettorato potenziale.
(Come per il catalogo IKEA) leggere il programma di Podemos diventa
un piacere per gli occhi e va dritto allo scopo. Spiazzante con simpatia
all’inizio. Apparentemente surreale. Poi, lentamente, iperreale. Poi
semplicemente pop perché l’identificazione tra l’elettore, le proprie istanze e
candidati del partito diventa più naturale pagina dopo pagina e benché siano
186 non te ne accorgi (come capita per i film sopra le due ore di lunghezza
quando sono ben fatti).
L’oggetto costruisce empatia per il partito grazie ai suoi
molteplici livelli di lettura.
Intanto si rivolge a una platea che sa e può ridere di sé
stessa anche quando ha le pezze al culo e rivendicazioni forti. Poi intercetta
i molti che leggono e comprendono solo il catalogo dell’IKEA, molti ovunque. Guarda
a chi nella precarietà esibita dei prodotti e delle ragioni precarie che ti
spingono a comprarli della multinazionale svedese trova una metafora chiara ma
consolante della propria esistenza. Poi sono riusciti a riprodurre anche
quell’aria di “non è casa mia ma potrebbe esserlo” che nel mondo dei mobili ti
fa sperare di mettere finalmente ordine nel tuo 40 metri quadri e nel mondo dei
grandi di fa sperare di mettere ordine nelle ingiuste disuguaglianze e nelle
rendite di posizione. Nelle immagini
hanno umanizzato e avvicinato i politici candidati che paiono davvero a loro agio
in quella casa loro che potrebbe essere casa nostra.
L’immagine pop e i colori caldi stridono alla perfezione col
rigore delle centinaia di proposte: tutte chiare e comprensibili nel linguaggio
e negli obiettivi (anche per uno come me che non ha mai studiato lo spagnolo). Poi,
per certificare che non stanno scherzando, in fondo c’è una nota economica che con
dati e grafici mette a confronto le
diverse politiche e proposte.
Poi i miei motivi di ammirazione sono molti, uno per tutti:
Podemos ha un programma e non ne leggevo uno così organico, carico
di concretezza e di speranze da anni. Quando sono arrivato a punti come
“Trasparenze e controllo democratico della Difesa” o “Un centro di servizio
sociale ogni 20.000 abitanti” o “Piano nazionale di Transizione Energetica” mi
sono quasi commosso.
Come elettore prossimo a doversi esprimere al ballottaggio
di Roma intorno a programmi che al massimo dello sforzo evocativo propongono di
tappare le buche e di raccogliere la monnezza mi sono sentito bidimensionale, influente col mio voto nei destini della città meno dell’omino delle istruzioni sul pieghevole dello scaffale BILLY.
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