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venerdì 21 dicembre 2018

Nel 2018, la Prima Volta che…


Esistono snodi rilevanti nel percorso professionale di un consulente. 
Tra tutti, le ‘Prime Volte’ rappresentano punti di svolta che spesso segnano un nuovo filone di attività, l’emersione di un bisogno di mercato, l’intuizione di cosa succeda sul territorio, e che hai una certa età, e che ‘senior’ significa anche che devi essere utile altrimenti quello che fai è tempo perso.

Più di altri, il 2018 è stato per me un anno ricco di Prime Volte professionali. 
Credo abbia senso raccontarle, sia per confrontare gli input di mercato che colgo, sia per sentirmi magari proporre “Anche io mi muovo in quella direzione, facciamo qualcosa assieme?

Nelle molte cose fatte e pensate spiccano per novità:
  • Sviluppo e realizzazione di un percorso formativo nuovissimo su “Politiche e strumenti collaborativi per lo sviluppo sostenibile del territorio.” In verità, non credevo che avesse un mercato: quando mi sono trovato l’aula piena di funzionari entusiasti ho pensato a come il mondo sia molto meno peggio di quello che ci immaginiamo. Peace and codesign.
  • La scrittura di un’intera campagna di videospot, 12, per raccontare in una storia la filosofia di un marchio, la sua differenza, i vantaggi che crea, la forza dei suoi dipendenti. E pure scrivere un cortometraggio di 12 minuti per una multinazionale che lo userà per formare i propri dipendenti in tutto il mondo ai rischi sul lavoro. Storie che diventano immagini che creano azioni
  • È stata la prima volta anche per un webinar in diretta streaming a oltre 600 funzionari pubblici sullo sviluppo di servizi per l’impiego adatti alle necessità di lavoratori e aziende nel  XXI° secolo. Parlare ad uno schermo sperando di mantenerli svegli…
  • Per la prima volta ho insegnato in un singolo corso per adulti (di storytelling digitale) per oltre 30 giornate. Tantissime per i normali standard. Ho però così la rara fortuna di partecipare all’intero percorso di scoperta, consapevolezza, azione da parte di donne e uomini fantastici in cammino verso la propria autorealizzazione. (… e non è finita ancora…)
  • Ho poi progettato e messo in pratica una piccola offerta di Turismo Esperienziale a Roma per capire come funziona, come si inserisce nei flussi, come contribuisce allo sviluppo, cosa vuole il turista, quali competenze include, cosa significa erogare esperienze e conversazioni. Vorrei che a questo seguisse un libro…
  • Per la prima volta mi hanno scelto come Valutatore di progetti in diversi posti in Italia. È un’esperienza segnata dall’età, occasione preziosa per contribuire alla crescita del sistema e per capire cosa manca sul piano della visione, della capacità di analisi, di progettazione, di lettura dei bisogni. C’è tanto da fare, credetemi. Il livello medio è ancora troppo basso.
  • Ho partecipato assieme a molti pischelli a hackathon dove i cervelli si nutrono uno dell’altro e le cose accadono meglio di come te le saresti mai immaginate (ok, qui non era la prima volta, lo ammetto, ma ogni volta è come se fosse la prima)
  • Ho concluso la scrittura due biografie personali. Quella di Nino (78) e quella di Pina (92), eroi a prescindere, ormai zii acquisiti, capace di aprirmi la mente sul futuro concedendomi l’accesso al loro passato. La scrittura portata a un livello di utilità mai provato prima.
  • Un giorno di novembre, mi sono ritrovato in una assolata città del sud a fare il fratello maggiore a quindici ragazzi in lotta, che vorrebbero un mondo diverso per avere una vita e una famiglia normale. Sono diventato per un attimo il loro specchio, la loro voce e la loro penna. Da allora li ho con me e ascolto attonito la rappresentazione fiabesca che la politica vuol dare della realtà.
  • Sono sbarcato su Instagram. Non un passo memorabile forse, piuttosto un avamposto che diventa una sfida riempire di senso. Portarvi contenuto vitale è come seminare nel deserto.
  • Infine è stato l’anno in cui all’improvviso in molti mi chiedono di essere relatore alle tesi dei master dove insegno, anche là dove faccio una sola lezione. Mi hanno detto che porto ossigeno, forse è un complimento. Forse ho più domande che risposte, e questo serve sempre tanto.

Ora è Natale, sono un po’ stanco e bisognoso di letargo, stupore, cioccolato, coccole e formazione.

Ci leggiamo nel 2019. Auguri a tutti!

mercoledì 15 giugno 2016

Di come e perché Podemos sfida la precarietà della politica imitando il catalogo IKEA.

Raccolgo la sfida.
Qualche anno fa ho scritto “People from IKEA” (FBE Edizioni), una raccolta di racconti sulla Generazione Componibile che è diventato anche un bello spettacolo a cura delTeatro della Tosse di Genova.
In questi giorni Podemos ha presentato  il suo programma elettorale per le prossime elezioni in Spagna secondo il riconoscibilissimo format del catalogo IKEA.
Qualche simpaticone ha stuzzicato sui social network la mia opinione in merito.
Siccome da diversi mesi il mio lavoro di consulente e autore mi porta alla comprensione e allo sviluppo di schemi per il business storytelling, raccolgo convinto la sfida.

Anticipo subito che su questa provocazione di Podemos dò 10 e lode per forma, contenuto e comprensione di sogni e bisogni del proprio elettorato potenziale.

(Come per il catalogo IKEA) leggere il programma di Podemos diventa un piacere per gli occhi e va dritto allo scopo. Spiazzante con simpatia all’inizio. Apparentemente surreale. Poi, lentamente, iperreale. Poi semplicemente pop perché l’identificazione tra l’elettore, le proprie istanze e candidati del partito diventa più naturale pagina dopo pagina e benché siano 186 non te ne accorgi (come capita per i film sopra le due ore di lunghezza quando sono ben fatti).
L’oggetto costruisce empatia per il partito grazie ai suoi molteplici livelli di lettura.


Intanto si rivolge a una platea che sa e può ridere di sé stessa anche quando ha le pezze al culo e rivendicazioni forti. Poi intercetta i molti che leggono e comprendono solo il catalogo dell’IKEA, molti ovunque. Guarda a chi nella precarietà esibita dei prodotti e delle ragioni precarie che ti spingono a comprarli della multinazionale svedese trova una metafora chiara ma consolante della propria esistenza. Poi sono riusciti a riprodurre anche quell’aria di “non è casa mia ma potrebbe esserlo” che nel mondo dei mobili ti fa sperare di mettere finalmente ordine nel tuo 40 metri quadri e nel mondo dei grandi di fa sperare di mettere ordine nelle ingiuste disuguaglianze e nelle rendite di posizione.  Nelle immagini hanno umanizzato e avvicinato i politici candidati che paiono davvero a loro agio in quella casa loro che potrebbe essere casa nostra.
L’immagine pop e i colori caldi stridono alla perfezione col rigore delle centinaia di proposte: tutte chiare e comprensibili nel linguaggio e negli obiettivi (anche per uno come me che non ha mai studiato lo spagnolo). Poi, per certificare che non stanno scherzando, in fondo c’è una nota economica che con dati e grafici  mette a confronto le diverse politiche e proposte.
Poi i miei motivi di ammirazione sono molti, uno per tutti: 

Podemos ha un programma e non ne leggevo uno così organico, carico di concretezza e di speranze da anni. Quando sono arrivato a punti come “Trasparenze e controllo democratico della Difesa” o “Un centro di servizio sociale ogni 20.000 abitanti” o “Piano nazionale di Transizione Energetica” mi sono quasi commosso.


Come elettore prossimo a doversi esprimere al ballottaggio di Roma intorno a programmi che al massimo dello sforzo evocativo propongono di tappare le buche e di raccogliere la monnezza mi sono sentito bidimensionale, influente col mio voto nei destini della città meno dell’omino delle istruzioni sul pieghevole dello scaffale BILLY.