Quando
le mie due amiche sposate tra loro si sono chieste chi avrebbe portato avanti
la gravidanza il tema mi si è presentato diversamente: cosa accadrebbe se in una coppia etero ci
si potesse porre la stessa domanda. Io?
Te? Ne facciamo uno per uno? Fosse così l’uomo di certo avrebbe opinioni molto più sensate
sull’aborto, o semplicemente avrebbe dimostrato scientificamente che comunque è
meglio che partorisca la donna. Perché a noi uomini piace governare le vite
degli altri.
È davvero forte l’immagine delle donne ancelle in consiglio
comunale a Verona. (Consiglio a tutti la lettura del libro o almeno la visione
della serie televisiva a cui si ispirano “Il Racconto dell’ancella”di M. Atwood”). Nella storia sono donne costrette alla riproduzione controllata dall’autorità, senza
identità ma solo con uno scopo, accudite e mantenute sane anche contro la loro
volontà, corpi come contenitori.
Ricordo al corso prematrimoniale l’anziana coppia che ci ha
fatto una tirata sull’innaturalità dei procedimenti della fecondazione in
vitro. E poi di quando si è ricreduta visto che l'amato figlio ha avuto problemi a renderli nonni ed è ricorso a ogni trovata della scienza, legale in Italia e oltre.
Ricordo la dottoressa di un grande ospedale pubblico che non dava il proprio nome ai pazienti e fissava appuntamento per un ricovero
“a mezzanotte” a chi chiedeva di poter esercitare il diritto di aborto nei
termine previsti dalla legge.
Ricordo quel pratico ginecologo che spiegava “A Roma… non
saprei. Le mie pazienti vanno tutte a Londra, due giorni, servizio impeccabile,
vicino all’aeroporto, 1500 euro volo incluso. Tutto pulito e legale, si
intende.”
Ricordo anche lo psicoterapeuta che spiegava come - da protocollo - la visita alla donna sia prevista solo prima dell'intervento e che "sarebbe interessante fare qualche studio su come le donne stanno dopo. Forse l'hanno fatto in Svizzera..." Lui, per stare sicuro, prescriveva sia i calmanti che gli antidepressivi.
Ricordo la coppia che usava l'aborto come metodo anticoncezionale,
e la ragazza che ha dovuto farlo come unica via d’uscita da una situazione impossibile e dopo 30 anni ancora elabora il lutto.
Il tema è di una complessità comprensibile solo con l’amore per le donne.
Invece a parlare d’aborto è sempre una gamma di uomini aspiranti alfa col cervello in versione beta, non testato sul mondo reale ma governato solo
sull’algoritmo dei loro desideri.
E l’idea di una “Città a favore della vita” mi ricorda il
ridicolo pronunciamento ormai fuori moda di “Comune denuclearizzato”. Li
ricordo i cartelli in paesini insignificanti: Melegnate, Cuzzolo sul Lento,
Acquastretta, Grullo Superiore tutti ‘denuclearizzati’ perché - si sa - la
radioattività rispetta le delibere, i confini catastali e il voto della maggioranza. E quando le Giuliette e i Romei dei consiglieri comunali avranno bisogno di una interruzione
di gravidanza cercheranno un Comune che si dichiari a 'sfavore della vita' motivando con “la mia situazione è speciale…”, “dipende…”, “è
per il bene della madre…”, "Sono giovani, hanno fatto uno sbaglio," aggiungendo "Posso avere il nome di quella clinica di Londra?"
“I diritti civili non sono nel contratto di Governo” ha
detto giorni fa uno di questi sfascisti, chissà se su quello straccio di carta velina hanno messo la Libertà.
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