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mercoledì 9 gennaio 2013

Vorrei un Ministero Contro la Semplificazione

Ho sempre trovato di orwelliana memoria l’immagine di Calderoli, Ministro della Semplificazione, mentre brucia pire di norme da lui definite obsolete, per poi impiegare mesi a tappare i buchi che tale semplificazione ha lasciato nella normativa.
Semplificazione è oggi il Papa cinguetta su Twitter come una bianca colomba, Berlusconi che si avvale di 2000 volontari per la gestione dei propri cip cip, milioni di dita famose e meno mentre compongono parole da lasciare nel vento. Come ogni generatore di profezie che si autoavverano, anche questo social network dà la sensazione di esistere e di disporre di opinioni proprie, di avere abbastanza ragioni per renderle pubbliche.

Twitter con i suoi 140 caratteri è perfetto per informare il mondo che “I carrammatini dell’esercito kirmiscio hanno invaso l’Eurandia e io mi cago sotto” che “Per il bene del Paese salgo in politica tenendomi di lato” che “Dio c’è. Vendo Papamobile bianca quasi nuova” . Nella sua schematicità è opportunamente inadatto a articolare pensieri non banali, magari utili al dibattito e alla comprensione del reale. È dunque perfetto per un Paese come il nostro che ha da tempo coscientemente abdicato alla comprensione delle complessità.

La complessità del mondo ne definisce la bellezza.
Trovo semplificare, riassumere, sintetizzare, termini pericolosi che quando applicati falsano il contenuto trasformando il falso in vero,  il vero in nulla, il bello in standard, il drammatico in asettico, l’utile in innocuo, il soggettivo in oggettivo. L’elaborazione del pensiero diventa così una funzione assimilabile a un dispenser di frasi fatte (fatte per riempire il tempo, per fare bella figura, per dire qualcosa basta che sia, per giustificare la propria pigrizia e incapacità).  Magistrali in questo senso sono i giornalisti che chiedono di analizzare “in breve” le ragioni di un suicidio a un parente del morto.

Tutto come se non avessimo abbastanza tempo per fermarci a capire, a ascoltare, a confrontare. Palle.

È vero, ammettere e affrontare la complessità è difficile e richiede impegno.
Ricordo con dolore la guerra nei Balcani, non solo per le atrocità che si portava dietro, ma perché non si capiva chi fossero i buoni e quali i cattivi. Tra serbi, bosniachi, croati, mussulmani  e soldati Nato, era impossibile parteggiare per qualcuno come da decenni i film patriottici americani ci avevano diligentemente insegnato. Mi arrovellavo nel capire qualcosa, leggevo, ascoltavo, parlavo con chi c’era stato, spesso ne uscivo confuso ma mai arreso. Lo stesso vale per la ricerca e comprensione delle cause-effetti-pericoli-opportunità legate a questa fase di crisi profonda del nostro sistema economico e sociale, in cui arrendersi equivale a subirla senza speranza.

Il ciclo su San Matteo nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, un robottino su Marte, una piramide maya in Belize, le pitture rupestri, un vigneto sul Reno, la pace nel mondo, un vestito sartoriale, un endecasillabo, il motore di una Ducati, la riforma del mercato del lavoro, il fermacapelli di mia figlia, un raviolo a vapore, un pen drive, un film di Radu Mihăileanu, sono molto oltre quello che vediamo, tocchiamo o le stelline che gli assegna chi è pagato per pensare in vece nostra. Sono invece storia, ingegno, rimandi, umori, contaminazioni, avventure, amore, paura, esorcismo, invidia, esperimenti, fallimenti, seduzione, spirito e materia. Tutto assieme.
È solo nella comprensione di questa complessità che può essere efficace l’innovazione e il cambiamento, qualsiasi altra modalità di azione genera danni.
La sostanza  è nei dettagli, nelle sfumature e la semplificazione rende errate scelte e decisioni.

Occorre impegnarci perchè il rispetto e la comprensione della complessità siano il primo obiettivo dell’Educazione e un prerequisito essenziale a ogni Politica.

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