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venerdì 2 ottobre 2015

Il Giubileo della Misericordia nel costato della città ferita.

Decido a sorpresa di invitare a casa tua 35 milioni di pellegrini e te lo dico con soli sei mesi di anticipo. Lo so, scherzi da prete! L’ultima volta, nel 2000, gli imbucati nella tua città per la mia festa erano solo 25 milioni e ti sei preparato per 4 anni. I tempi sono cambiati, bisogna stupire. Un Giubileo a sorpresa fa tutti felici, è come un democratico gratta e vinci dove la Chiesa stampa e benedice i coupon e tutti vincono, e vengono a grattare a casa tua. 

Tranquillo però: stavolta facciamo una cosa semplice, non voglio niente di ché. Dammi giusto qualche fontanella per l’acqua e due porchettari che spaccino merende; un menù a tarallucci e vino è perfetto. Magari, visto che ci siamo, fammi anche qualche via pedonale che porti di qui a lì, cessi a centinaia, e qualche parcheggio per migliaia di pullman. Per gestire la sicurezza io ci metto le guardie svizzere che spaventano i bambini e spazzano le cicche, tu pensa al resto. Se si ammalano, tengo aperta la Farmacia Vaticana; per il resto confido in te.
   
No, non puoi dire di no, questa non è mica una Olimpiade che prima di assegnartela verificano che tu abbia i requisiti, questa è la croce del Giubileo e devi portarla, ringraziare, sorridere ai pellegrini e darmi pure l'8 per mille.
So che hai un grande cuore. Sì, mi rendo conto che sei una città stremata dal maggior sconquasso accaduto da quando Romolo ha ucciso Remo. E con questo? Pensa positivo, keep calm, guarda avanti anche se la mafia è radicata in tutti i partiti di governo e opposizione; anche noi abbiamo parecchia brutta gente nell'organizzazione però siamo qui da duemila anni e anzi, valorizziamo le debolezze e organizziamo questi mega party per peccatori. 
So anche che hai i servizi di trasporto e la nettezza urbana in ginocchio, spolpati dalla politica, zeppi di dirigenti incapaci, sindacalisti conniventi e popolati dagli estremisti neri, però la festa del mio club è troppo importante. Sì, sanno tutti che i tuoi vigili urbani sono allo sbando e senza credibilità, e quelli dell’ufficio parchi e giardini quasi tutti al gabbio. 
Soldi? Fai tu, mi fido e mi riservo di lamentarmi dopo. Te ne darei anche un po’ se li avessi ma a mia insaputa mi impediscono di pagarti l’ICI sui miei hotel con la Madonna nell’ingresso e la piscina nel parco. 
Però sappi che ho parlato con la Provvidenza e mi ha assicurato che ci dà una mano. Non la conosci? È esattamente come la Protezione Civile, scende dall'altro senza elicotteri e se non fa il suo dovere non la puoi inquisire come Bertolaso.   

Sbrigati, su. Io non faccio parte dell’Unione Europea sai, e dunque se faccio le gare d’appalto uso la trattativa privata e in due settimane assegno i contratti a chi mi pare però, dai, per me anche tu potresti fare uno strappo. Lo so, per fare tutte le gare in regola ci vogliono almeno 12 mesi; accelera e dagli una botta. D’altronde l’hai già fatto per l’Expo di Milano. Ci saranno furti e illeciti? E chi se ne frega, tanto quelli del brand l’hanno chiamato Giubileo della Misericordia e basta una passeggiata sotto le 5 porte sante e i peccati di tutti saranno risciacquati via.

Poi, se proprio hai timore, a fare il capro espiatorio lasciamo Marino, l’utile idiota perfetto. 
Stava pure provando a aggiustare un po’ la città e se non arrivavamo noi col Giubileo Straordinario magari riusciva pure a sistemare questa città sbrindellata. Bell’idea, vero il nostro megaparty? Ci stanno ringraziando in molti. Gli abbiamo attizzato un roseto ardente sotto il Campidoglio: o scappa per il fumo o finisce arrosto. A forza di seminar zizzannia, abbiamo convinto il mondo che lui ha colpa ‘a prescindere’, perché tanto è quasi comunista, se la fa con i gay e non si inginocchia alla comunione, 'sto zozzone.  
La verità è che in realtà nessuna città al mondo potrebbe organizzare un party del genere in sei mesi. Se poi il Giubileo funziona, diremo che è stato un miracolo accaduto nonostante Marino. Qualsiasi casino sarà invece colpa sua.
Eh, bella la mia Roma, vedi, come è facile organizzare giubilei a sorpresa con le città degli altri.

Il tuo amato Stato del Vaticano


venerdì 4 aprile 2014

L'ombra di Papa Bergoglio sulle ombre di Woytila.

Trovo molto interessanti le riflessioni di Papa Bergoglio sul fatto che lo accusino di ‘essere comunista’ e lui risponda che ‘il cuore del Vangelo è nei poveri’. Le trovo doppiamente interessanti alla vigilia della santificazione di Karol Woytila, il Papa che al comunismo ha dato la spallata finale e inconsciamente ha aperto l’epoca del pensiero debole. In effetti, fino all’89 si era ancora in un’epoca schematizzabile con Peppone e Don Camillo, chiesa da una parte e comunisti dall’altra. Nel dopo guerra, quando sacerdoti e intellettuali come Don Milani, Capitini, Don Gallo provavano a far notare che le distanze tra i due schieramenti erano spesso solo negli occhi di chi li guardava ecco che i crociati papali (fossero democristiani, lefebriani, opus dei o ciellini) impedivano scientificamente il dialogo sui contenuti.

Papa Giovanni Paolo 2° è stato fulcro della svolta. L’apice della vittoria per la chiesa e l’inizio del tracollo.

Karol Woytila è stata ai miei occhi una figura estremamente complessa: un uomo forte, un innovatore nella comunicazione e nel linguaggio, un oscurantista conservatore nei contenuti. L’essere polacco gli ha probabilmente dato motivazione e slancio nel combattere il comunismo ‘alla russa’ ma quella foga ideologica gli ha impedito di comprendere come esistesse una modernità che trovava la chiesa legatasi stretta al palo con le proprie mani.

Nel suo pontificato ogni voce di dissenso è stata epurata, dalle comunità o dei seminari, dai telegiornali e dai pulpiti. I rapporti con le altre religioni cattoliche sono stati rasi al suolo. Il dissenso con Papa Re era proibito.
Lo riconosco, ha fatto quello che poteva: forse non si poteva umanamente dare la spallata definitiva al muro di Berlino e al tempo stesso costruire la Chiesa sulla libertà di coscienza dei fedeli. In quel momento gli serviva una chiesa di combattimento con truppe e movimenti che si muovessero all’unisono. Era un vero crociato. Ricordo nel mio piccolo, in quegli anni ho fatto la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare e l’ambiente più ostile l’ho trovato nella parrocchia, nei preti, negli amici più credenti.  

Ma la sua vittoria è stata la sua sconfitta: crollato il comunismo sono venute meno gran parte delle ragioni per essere religiosi. Perlomeno tutte quelle basate sulla paura, sul ‘noi e loro’, su presunte diversità che erano spesso solo simmetrie. La superstizione e i pregiudizi non bastavano più a credere e di alternative ne sono state costruite poche.

La chiesa non era pronta a camminare sulle sue gambe e a Papa Woytila non interessava, lui aveva vinto. La sua era una spiritualità di certo sincera ma fuori dal tempo, buona per lui ma inaccessibile ai fedeli che, disorientati dalla mancanza di un nemico, si sono trovati nella condizione di dover combattere contro nemici interiori molto più reali dei comunisti ma molto meno facili da affrontare.
Di lui rimane l’insuperabile capacità massmediatica, la figura iconica, l’ostentazione quasi didattica del dolore, il funerale più partecipato della storia dell’uomo, e poco più. Non ne colgo nessuna eredità reale.
Per risalire a un Papa che ha toccato le anima si parla ancora di Giovanni XXIII.
Tra pochi giorni verranno entrambi santificati. Da estraneo a questi processi mi viene solo da dire: Buffo destino il loro, così diversi e ora assieme, chi ha per la prima volta portato la chiesa a guardare avanti col Concilio Vaticano II e chi l'ha riportata alle crociate riaprendo alle messe in latino e chiudendo ogni modernità di pensiero.

La santificazione passerà come tutti i riti.

Rimane poi Bergoglio.
Bergoglio sta a Woytila come una rondine agli abissi marini.
Si tratta ora di capire se la chiesa preferirà volare o inabissarsi ancora.

giovedì 6 febbraio 2014

Di reliquie, di santi e di superstizione.

Ci sono coincidenze che paiono ideate a tavolino da uno sceneggiatore un po’ alticcio a corto di soluzioni narrative.
Recentemente mi ha colpito sentire Giovanardi parlare della figlia che si è messa con un rasta sposato con un altro uomo. Bella anche quella del bancario americano che ha trovato per terra una carta di credito emessa dalla propria banca, che era proprio di una sua ex,  e che si sono ritrovati e infine hanno sparso il Wyoming di fiori d’arancio.
Ma la più bella l’hanno raccontata in pochi.
Si tratta qui di reliquie e reliquiari.
A distanza di pochi giorni:
  • è morto Carlo Mazzacurati, regista de “La Lingua del Santo”,
  • in una chiesetta a L’Aquila alcuni sbandati hanno rubato un reliquiario contenente un drappo insanguinato del vestito di Papa Woytila.
Nel bel film di Mazzacurati due ladri sempliciotti penetrano di notte nella basilica del Santo a Padova e rubano quasi per caso la preziosa reliquia di Sant'Antonio. Poi, resisi conto del valore del malloppo, decidono di chiedere un forte riscatto.  Il film peraltro era ispirato a un fatto vero, avvenuto nella notte del 10 ottobre 1991, quando le reliquie del mento e della lingua di Sant'Antonio da Padova furono trafugate dalla basilica del Santo da parte della Mala del Brenta per ricatto nei confronti dello Stato, e furono ritrovate due mesi dopo in circostanze misteriose vicino a Roma.

Quello che è successo vicino a L’Aquila il 25 gennaio è molto più reale e parodistico assieme. Questi tre balordi entrano in chiesa per cercare qualcosa di valore trovano il contenitore che pare d’oro, o comunque prezioso. Lo prendono. Quando, nel garage antisismico di uno di loro, capiscono che è una patacca, buttano tutto quanto, stoffa non meglio identificata compresa.
Il mondo intero, 50 poliziotti, passano 6 giorni a cercare la stoffa mancante e – tautologicamente – un miracolo la fa trovare. Da un importante e attendibile sito nazionale riporto che subito:  “… la Polizia Scientifica si mette a disposizione per ricomporre definitivamente la reliquia e attende una risposta dall’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, che la prende in consegna. Il frammento è stato ricostruito in mattinata dal vescovo ausiliario dell’Aquila, Giovanni D’Ercole. Da fonti della curia si apprende che la reliquia, potrebbe non tornare nel santuario in quell’area della montagna tanto cara a Giovanni Paolo II. La Chiesa aquilana potrebbe chiedere una nuova reliquia alla Postulazione della causa di canonizzazione del pontefice che sarà proclamato Santo il 27 aprile. Reliquia ricomposta o nuova potranno comunque essere accolte nella chiesetta solo dopo l’installazione di sistemi di sicurezza: attualmente il suggestivo luogo sacro, infatti, è totalmente incustodito.


Lo ammetto, questi conati di medioevo mi trovano distante e estraneo. Paradossalmente coloro che hanno dimostrato maggiore realismo in tutta la storia sono proprio i tre balordi che la cui la voglia di droga ha cancellato superstizioni e idolatrie. Ma questo non mi consola di certo. Vorrei quasi non credere che a qualcuno interessino amuleti e feticismi correlati, vorrei vivere in una società dove le tuniche macchiate di sangue o si lavano o si mandano al macero, dove la religione abiti nei cuori e non negli abiti, dove all’alienazione dei giovani in cerca di denaro per una dose vengano date risposte vere, una città ricostruita e non un cratere senz'anima, fatti e non pistolotti paternalistici.