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lunedì 14 gennaio 2019

Nessuna scusa: andateci!


Mi sono concesso quattro ore per un’infilata di mostre al Maxxi di Roma culminate con: “Zerocalcare – Scavare fossati, Nutrire coccodrilli” e “La Strada – Dove si crea il mondo”.
Andateci, è la parola definitiva.

Perché “Zerocalcare” vi terrà incollati per ore sul senso, le domande, la rabbia di un autore che è quella di tutti noi. Erede di Andrea Pazienza, integro e ironico assieme, modesto e sognatore, di un’intelligenza citazionista riscontrabile solo in Caparezza. L’allestimento poi è magnifico, luminoso e avvolgente. Ricco di centinaia di tavole/poster/striscioni e – soprattutto – con una lettura per storie degli ultimi 20 anni dell’Italia che nessun altro si è permesso di fare. Da tutto si sente il bisogno che Michele ha di comunicare e la sua fede per la sincerità; tutto è così personale da risultare universale. Erano anni che non vedevo tanto interesse del pubblico per le didascalie e le introduzioni, veri pezzi d’arte letteraria anch’essi.

Poi c’è “La Strada”, una mostra che ti sembra di essere all’estero. Finalmente una mostra prodotta a Roma con la dignità di un pubblico internazionale dove Hou Hanru e il team curatoriale del MAXXI hanno fatto un capolavoro. C’è un’idea forte e semplice assieme (La strada, appunto, come luogo dove il contemporaneo nasce e muore) poi opere d’arte, progetti di architettura, fotografie, performance, interventi site specific e video che ti accolgono in un allestimento sontuoso esaltato dall’architettura del MAXXI con una successione di gallerie che formano una strada lunga centinaia di metri. Ridi, pensi, ti turbi, ti stupisci, ti poni domande: cosa volere di più.

Entrambe le mostre dovrebbero essere rese obbligatorie alle scuole superiori e agli universitari perchè si abituino alla complessità; ai politici perchè scendano dal seggiolone e si confrontino con analisi concrete e soluzioni possibili; alle elite vere e presunte e agli intellettuali perchè smettano di raccontare l'ombelico e guardino alla luna; ai curiosi che gongoleranno; ai dubbiosi che ne usciranno ribaltati; ai coraggiosi che ne verranno esaltati; agli innamorati che cementeranno i loro progetti per il futuro di tutti. 

Quattro ore sono il minimo per godere più volte.
Mi è capitato di rado di pensare subito ‘Qui ci devo tornare! E lo devo raccontare a tutti.

lunedì 26 maggio 2014

Voglia d’Europa non di retrocessione.

Prometto, non commenterò mai un risultato del Mondiale 2014 perché del calcio capisco a malapena le regole e non comprendo le ragioni. Sono però un cittadino, faccio politica con le mie azioni quotidiane e dunque non riesco a esimermi dal porre qualche riflessione sul risultato elettorale delle Europee.

  • Voglia d’Europa. È l’aspetto più chiaro e confortante. Gli italiani vogliono far parte dell’Europa e hanno capito che se c’è futuro questo è lì, con gli altri Stati Membri, nella pace. Fandonie come l’uscita dall’Euro non li tentano. Il PD ha vinto prima di tutto perché aveva la scelta maggiormente europeista, è stato credibile negli atti, nei toni e anche negli slogan. 
  • La legittimazione di Renzi (e Marino). Chi ha a lungo, giustamente, detto che Renzi è stato ‘imposto’ e non votato, da oggi può solo tacere. Allo stesso tempo, questa superlegittimazione diventa un carico di responsabilità storico in merito alle riforme. Non ci sono più alibi. Renzi ha vinto soprattutto contro i suo partito, che lo ha sempre subìto. Vorrei aggiungere che il 42% a Roma deve essere letto anche come un rafforzamento a Marino, inviso a molti PD ma a molta meno popolazione di quanto si pensi.
  • Il partito degli onesti senza idee, M5S. Questo mesi hanno evidenziato come Grillo sia di destra, confuso, senza un programma e – soprattutto – faccia paura. Quest’ultimo elemento l’ho sentito molte volte specie dalle persone anziane che hanno visto il fascismo. Le stesse che reputavano B. una marionetta col parrucchino avevano un timore istintivo di Grillo. La volgarità innata della sua politica ha spaventato i più. Le espulsione, epurazioni, censure dentro e fuori il partito sono state quanto di meno democratico visto in Italia negli ultimi anni. E ha pagato, duramente. Forse la fine è iniziata con la sconfessione dei propri parlamentari sullo ‘ius soli’, i corteggiamenti con Forza Nuova, la non presentazione alle regionali in Sardegna. M5S può rilanciarsi solo se mette da parte Grillo e Casaleggio. E dell’Europa non sapeva neppure la collocazione sulla cartina.
  • L’uscita di scena di B. Berlusconi, patetico e ormai imbarazzante, è riuscito ancora a tenersi accanto la creme degli stipendiati, interessati, evasori, evasi, che in Italia rappresenta un ragionevole 15%. Il ‘liberi tutti’ è alle porte e non credo che il lancio nell’arena della figlia Marina possa essere un’opzione reale, la ragazza mi sembra furba e si terrà lontana.   
  • I fenomeni della Lega. La Lega al 6,2% è un risultato fenomenale che mette assieme gli antieuropeisti veri e duri. RIallacciare il filo della politica con questi cittadini credo sia la priorità per il Nord Italia che vuole essere protagonista nei prossimi anni.
  • Tsipras. Una sinistra dura e pura è necessaria e la avremo, ne sono felice più per il piano europeo che nazionale. In Italia l’esperienza di SEL pare ormai alla fine sia sul piano della cultura politica che della capacità di proporre idee. Qualche cosa di nuovo speriamo succeda presto da quelle parti.  
  • Alfano e NCD. La loro ammissione al consesso aiuta Renzi e lascia un seme sulla possibilità che si vari un centrodestra ‘normale’. Certo che se i travasi dal PdL e la presenza di inquisiti rimane a questo livello, poco ci sarà da salvare anche qui.
  • Meloni e Fratelli d’Italia: non se ne sentiva la necessità e gli elettori lo hanno detto chiaro. Qui neanche il solito Photoshop potrà fare un lifting a idee e numeri.
  • Scelta Civica e IdV: Chi glielo ha fatto fare? Su quali basi pensavano di raggiungere il 4%?  Non pervenuti.

martedì 10 settembre 2013

Si può e si deve fare a meno di Silvio. Concediamoci a una Speranza Laica.

Daremo aria a queste stanza molto prima che sia Natale” afferma Ivano Fossati in ‘Ventilazione’ nel 1984. Ecco, credo che nel 2013 sia ora di dare aria nuova alle stanze dove vivono 60 milioni di italiani e dove l’aria è viziata, viziosa, mafiosa, omertosa,  arresa al fetore emanato da 20 anni di berlusconismo edificati sulle regole della P2.

Un fetore di cui diventi consapevole subito uscendo dal paese. Lì, dove l’aria è diversa. I sogni sono realizzabili. Vige la meritocrazia e l’attenzione ai più deboli. Dove valgono le regole e si pagano le tasse, funziona la sanità e la scuola (con libri, scuolabus, etc) sono sempre gratuite. Dove se un politico per errore paga con soldi pubblici la torta di compleanno della figlia deve dimettersi sotto la spinta del proprio partito.

Nel 2013 il Paese può e deve ricominciare a vivere senza Berlusconi e i suoi cloni e accattoni, i ricatti e i riccastri, i tronisti e gli intronati, le scorte e le escort, le mazzette e i mazzieri, i tricologi e gli stallieri.

Il fatto che uno dei pochi processi che non è riuscito a pilotare, cambiando le leggi o intimidendo la magistratura, sia arrivato a conclusione e lo metta elegantemente ai margini della politica, è una vittoria dello Stato e assieme una sconfitta della Politica. È andata così, non piace neanche a me. Tutti avremmo preferito venisse cestinato dagli italiani, ma troppi italiani hanno un prezzo e alcuni giudici no.

I molti avremmo preferito fosse cestinato dalla sinistra. “No way” dicono a Londra. Non ci sono i presupposti perché troppi a sinistra lo hanno invidiato, mitizzato, studiato (magari per generare un B. ‘buono’ geneticamente modificato).
Mi pare ancora di sentirlo Nanni Moretti che a piazza Navona urla rivolto alle statue di sale di D’Alema e C. “Con questi dirigenti non vinceremo mai.” Non ci siamo spostati di molto ma qualcosa succede anche lì. Spifferi di aria nuova anche in quelle stanze. Se ascolti o leggi (qualcuno lo fa ancora?) Barca, Cuperlo, Civati, Puppato capisci come non tutto il valore della giustizia, della solidarietà, della sussidiarietà, del sogno europeo, sia andato disperso nel silicone che ha modellato le menti in questi anni. 
Se il PD potesse essere certo di sopravvivere senza Berlusconi non avrebbe dubbi al voto sulla decadenza dell'impresentabile evasore fiscale. Qui comunque non è in gioco la sopravvivenza del PD, (diciamo pure ecchissenefrega, i partiti sono mezzi non fini), ma di tutto il Paese. Di noi.
Quel che è certo è che torneremo democristiani per un po’, perché è quello che sono Letta, Renzi, Monti, Lupi, e compagnia bella che resteranno a governare.
Perché i germogli hanno bisogno di tempo per crescere. Perché non credo nelle rivoluzioni, né nella democrazia elettronica. È così. Forse è pure il meno peggio. Me ne farò una ragione. Ma la Speranza non ha il copyright di Bergoglio e mi permetto di averne molta anche io.

Voglio coltivarla per me, i miei figli, le persone con cui lavoro, a cui voglio bene, e per quelli che non conosco ma che guardano a un futuro assieme in un mondo sostenibile anche politicamente. Insomma, una bella Speranza Laica di cui andare orgogliosi, con cui illuminare la strada per schivare le buche e trovare nuovi compagni di viaggio.

Non sono un romantico. So che per quarant'anni almeno sentirò dire "Quando c'era B. le cose andavano meglio. Si scopava pure le crepe nei muri ma aveva tolto l'Imu" (che sta a Mussolini come "ha fatto qualche errore ma non fondo ha migliorato il paese"). Li lascerò parlare perché sono per la libertà di espressione e perché il positivo senza il negativo non si percepisce neppure. Spero invece che la libertà dalla Casa delle Libertà faccia nascere una destra degna del XXI secolo.
Non sono un figlio dei fiori. La mia Speranza che l'Italia cambi si fonda sui talenti e sulle idee, che in gran parte ci sono, che già si incontrano, che già la politica la fanno. C’è già chi questa società la sta innovando, nonostante l’ignavia di chi ci governa oggi. C’è chi fa impresa schifando gli incentivi pubblici, chimere per i ‘soliti noti’. Chi nelle scuole si batte per portare libertà di pensiero e capacità di integrazione. Sono in molti a sperimentare nuovi modelli di vita, di acquisto, di educazione, di incontro, di arte, di partecipazione.
Loro stessi hanno timore della portata delle loro azioni, spesso pensano che afferiscano al loro ‘privato’ e non realizzano che spegnere una luce inutile è già fare politica.

Spegniamo dunque le luci inutili, accendiamo la voglia di fare e diamo aria a queste stanze molto prima che sia Natale.     

lunedì 15 ottobre 2012

Io e Walter Veltroni

Mi sono trasferito a Roma nel ’98, ci sono venuto per lavorare e nulla mi aspettavo oltre a una bellissima città un po’ decadente abitata da persone indaffarate, rumorose e gaudenti. Come infatti trovai. Nel 2001 venne eletto Veltroni e per otto anni circa fu il mio sindaco.
In queste ore in cui ha deciso di non ricandidarsi in Parlamento in molti ne parlano, sbeffeggiandone i tic, il mal d'Africa, la messianicità, il buonismo. Io vorrei invece ringraziarlo di cuore.
Gli anni con Veltroni sindaco di Roma sono stati anni importanti per questa città. È cambiata molto, in meglio. E forse a causa di questo anche io sono cambiato in meglio.
Veltroni sindaco era l’impersonificazione del sogno possibile di una Roma diversa. Come infatti è stato il larga parte. Non era buono o buonista, era rigoroso e responsabile. Credeva nel primato della politica e come nessun altro politico aveva le idee chiare su quali fossero i punti di forza e di debolezza della città, e di come le opportunità andassero create e colte. Dialogava e molto spesso portava a casa i risultati che desiderava. 
Nonostante la sistematica opera di smantellamento fatta a arte, ancora oggi salta all’occhio salta l’impressionante mole di iniziative che lui e la sua squadra hanno voluto e sviluppato che, ancor prima che portare in città milioni di turisti, e centinaia di imprese, hanno ridato ai romani l’orgoglio di vivere in questo posto benedetto dagli dei.
La sua risaputa attenzione maniacale per il consenso era per me la parte migliore di una tensione continua volta a realizzare un’idea di città in cui tutti fossero soddisfatti e felici. Bambinesco? Naive? No, eroico secondo me.
Ho avuto modo di constatare direttamente il suo amore per Roma e i romani. L’ho sentito più volte parlare a braccio davanti a scolaresche, imprenditori e premi nobel con lo stesso entusiasmo e con la stessa rara capacità di stimolarne domande e azzardare risposte.    
Di certo ha anche dovuto accettare e ricercare alcuni compromessi  (specie con la razza vorace dei palazzinari e con quell’anima nera di Roma che parte dall’Olimpico, passa per gli attici e finisce in Vaticano) ma, negli anni, ha avuto la forza per portare dalla sua molti scettici e distratti anche di sponda avversa.
A Roma si è vissuto per anni in un clima di apertura, di tolleranza, di accoglienza, di curiosità culturale che nessuno in buona fede può disconoscere e che ora ci manca assai. In quegli anni non avevamo davvero nulla da invidiare a Parigi, Barcellona o New York.  La sua politica di sviluppo e riqualificazione dei quartieri sopravvive ancora, così come sono amate le sue intuizioni come il Viaggio della Memoria a Auschwitz, la rinnovata Estate Romana, l’Auditorium, le timide pedonalizzazioni, gli eventi, il Gay Village, la Metro e i tram, il Festival del Cinema. 
Non si può accostare il progetto di Veltroni – inclusi i suoi errori - con l’inedia, la debolezza e l’opacità del sindaco attuale che vive con l’incubo della propria incapacità di essere anche solo confrontabile col predecessore e, come Nerone, preferirebbe bruciare questa città piuttosto che continuare a specchiarvi la propria inettitudine.
L’unica cosa che non ho mai del tutto perdonato a Veltroni è stata la sua candidatura del 2008 alle politiche, da sognatore stavolta un po’ ingenuo dove, come un Don Chisciotte contro i mulini a vento, pur portando il suo partito ai massimi storici si è fatto martirizzare da un avversario di tale spessore affaristico e criminale che per essere battuto avrebbe avuto bisogno di scontrarsi con un Paese dotato di ben altri attributi e anticorpi.
Ora che avrà di certo un’agenda più libera mi piacerebbe invitarlo per cena, presentarlo ai  miei figli, magari cucinargli qualcosa di etnico o di genovese, parlare con lui di musica ma anche di futuro, di progetti, di innovazione, di globalizzazione. Sento che sarebbe utile e bello. Forse non avrebbe lo scanzonato accento di un giovane toscano in cerca di autore ma di certo avrebbe sempre qualcosa di sensato da dire.

sabato 6 ottobre 2012

Se gli studenti leggessero di più quello che scrivono…


Ieri sono scesi inpiazza gli studenti in varie città d’Italia. È una novità di cui si èsentito poco parlare perché non è ancora stata catalogata.
Si è trattato di numerose e frammentate manifestazioni, forse limitate nella partecipazione, confuse negli obiettivi, piuttosto aspre, senza un piattaforma o richieste di confronto, senza grande collante tra loro forse escluso quello dei cellulari e dei social network (“A Torino hanno sfondato il cordone di Polizia, facciamolo anche noi!”).
A me è sembrato il warm up prima di una prova vera e propria che potrebbe venire ereditata da chiunque vinca le elezioni in primavera, se non avverarsi prima.
Nonostante fosse strategicamente messa di venerdì (giorno  prediletto dagli scioperi dei padri) questa galassia di manifestazioni non riesco a catalogarla come la classica giornata di svago on the road. Si sta forse facendo largo una voglia di aprire gli occhi sul mondo che non appartiene di certo ai loro genitori?
Lo spettacolo indegno a cui sono spettatori, fatto di cuori culi anime comprati e venduti in cambio di brevi attimi di notorietà o ricchezza forse finalmente cozza contro il sogno adolescenziale - e tutt’altro che ingenuo - di un mondo migliore e giusto.
È in questo senso sempre istruttiva la lettura di manifesti e volantini: destra e sinistra usano le stesse parole, scrivono fin nello stesso modo. Magari una parte usa i caratteri gotici e l’altra il curier ma il resto è identico: “Non vogliamo pagare noi la crisi che avete generato voi”, “Vogliamo un futuro”, “Scuola e università di qualità e per tutti”, “Via i politici ladri e porci”.
Ok, non volano alti (devono ancora capire cosa voglia dire) ma questa identità generazionale mette nell’angolo tutti i partiti e, se qualche ragazzo perdesse tempo a leggere le rivendicazioni degli 'avversari', finirebbe pure per accorgersi di quanto siano vicini su questi argomenti pre-politici, e di quanto potrebbero essere efficaci se ragionassero assieme e non divisi dai modelli degli stessi padri che vogliono contestare.
Qualcosa comunque sta per succedere. Ma sì, beato il popolo che ha ancora giovani in cui specchiarsi.
E beati coloro che vorranno volare alti. Nonostante.