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martedì 18 agosto 2015

Quando la televisione è vuota.

La nomina di sette consiglieri over 60 nel CdA della RAI spinge a una riflessione sulla tv pubblica, sul suo senso e utilità.
Non c’è nulla in televisione” lo sento dire sempre più spesso. Dapprima viene da chi ha solo i programmi in chiaro. Ecco allora l’investimento nei canali a pagamento. “Non c’è nulla in televisione” sbuca dopo poco. Ecco allora l’aggiunta di qualche pay per view, la prossima sarà Netflix. Non ci sarà nulla da vedere neanche lì perché è chiaro come la tv da noi conosciuta negli ultimi 40 anni sia finita.
La sterminata ricchezza di contenuti di Internet è a disposizione di tutti e in particolare di una generazione che li sa trovare, selezionare e apprezzare, avesse anche i soldi per comprarsi la tv non sarebbe poi così interessata a farlo. Le vendite sono infatti in picchiata. Le Smart tv sono l’anteprima di quanto il mercato può offrire ma non bastano neppure a togliersi l’appetito. La loro usabilità è nulla. Il fascino del 50 pollici è però inimitabile e dunque non credo che verrà soppiantato dal computer o dallo smartphone. Piuttosto serve una tv che si comandi come un tablet, che faccia le stesse cose comandata a gesti e parole.
I palinsesti saranno di libera composizione da parte dell’utenza. Per godere appieno il mare magnum dei contenuti si affermeranno degli opinion leader che, come accade su Twitter, segnaleranno le cose che vale la pena vedere e perché. In fondo, già oggi questo avviene per decidere che serie scaricarsi o vedersi su qualche sito pirata. Vi saranno poi gli “eventi”, trasmissioni d’eccezione che varrà la pena vedere in modo sincrono, tutti assieme, attorno al focolare al plasma. Si tratta di Sport ma anche di concerti pop, festival, qualche reality, anteprime e rarità.
L’utenza si segmenterà sui filoni che corrispondono ai desideri,  alle necessità e agli istinti, tra loro anche in parte sovrapposti:
  • Chi vuole capire e informarsi, seguirà programmi e contenuti di approfondimento su un palinsesto infinito
  • Chi vuole divertirsi/svagarsi, avrà a disposizione format e servizi allo scopo, film, serie, …
  • Chi vuole imparare, potrà accedere a tutorial e contenuti di autoformazione, formazione collaborativa, elearning
  • Chi vuole scommettere, accederà a programmi e piattaforme interattive r potrà farlo anche sovrapponendosi ai format precedenti (scommettere in tempo reale sul vincitore del Festival, la squadra di calcio, etc…)
  • Chi vuole socializzare/rimorchiare, avrà ogni modo per farlo (inclusa la telecamera in dotazione a ogni apparecchio).
  • Chi vuole seguire un movimento/religione/partito avrà l’ambiente per farlo attivamente senza alzarsi dal divano  

Tutto questo avrà  senso se funziona, se affascina, se batte la concorrenza di altri device (quella con la realtà è battuta in partenza). La principale scommessa sarà quella sull’usabilità di questi servizi. È lì che bisogna sperimentare e investire qualche trilionata.
Piccoli esempi: guardando un programma sulle vie medievali di Dolceacqua in Liguria posso poter prenotare direttamente un hotel o un ristorante in loco senza interrompere la visione. Dall’ennesimo programma della Clerici in cui si cuociono asparagi alla birra potrò comprare vegetali o prenotarmi per un corso da mastro birraio. Con la stessa facilità si potranno immaginare contenuti su cui costruire sondaggi, sistemi di votazione, quiz, vendite, anche decidere le trame delle fiction a maggioranza.

Quanto ci vorrà? Non credo sia questione di tecnologia quanto piuttosto di cultura del pubblico. Se consideriamo nativo digitale chi è nato dal ’90 in poi, diciamo che la massa arriverà al potere di acquisto di una tv nei prossimi 5 anni. E se la tv non sarà così, le stesse cose si faranno sui pc, smartphone o – peggio ancora – le persone riprenderanno a uscire e a vedersi di persona, pratica, si sa, poco smart e scomoda in generale.

Ecco allora come la RAI e i sui ultrasessantenni al potere fanno quasi tenerezza: soprammobili fuori moda nella stanza di comando.
Se poi, addirittura, qualcuno si ricorda che parliamo di un servizio pubblico, ecco come questo agghiacciante post debba trovare nella società degli anticorpi  che ne sciolgano i poteri eversivi, blocchino i rischi di censura e monopolio delle idee, liberino lo spirito critico nella costruzione di opportunità. Forse allora chi volesse occuparsi di televisione e bene comune potrebbe ripartire dall’educazione alla curiosità, al rispetto per il diverso, all’insegnare a usare il mezzo per arrivare a un fine che si basi su contenuti fatti con/per e i parte da l’utenza e non dagli inserzionisti o dal governo. 

sabato 23 marzo 2013

Un sabato col Pdl in Piazza del Popolo, al mercato delle anime.

Quello che maggiormente impressionava era l’organizzazione: ogni aspetto era stato concepito in funzione dell’evento televisivo.
Tutti gli ingressi erano presidiati in modo da fornire bandiera, cappello, e bottiglia d’acqua a chi entrava. A coloro i cui reumi lo permettevano veniva anche dato un cartello a scelta tra una decina di prestampati con testi piagnoni da innalzare a beneficio di telecamera. Le persone erano poi concentrate a forza nella parte di piazza davanti al palco; dietro invece si stava belli larghi e molti figuranti ne approfittavano per sedersi e non rischiare una inutile flebite.

martedì 5 marzo 2013

Su Barbara Palombelli, le lingue sempre a sinistra e i portafogli ben a destra.

Si può fare un post ad personam? Quanto è intellettualmente onesto?
Non mi piacciono gli sfogatoi ma analizzare esempi pessimi per la collettività può dare chiavi di lettura del contemporaneo. Che poi è l'obiettivo di un blog come il mio
Poi, in molti mi dicono che sono troppo sempre contro Silvio B. e dunque adesso: sotto un altro. Più donna e più a sinistra, per un simulacro involontario di par condicio.
Forse oggi, 5 marzo, c’è stata la goccia che ha fatto traboccare il contenitore di sciocchezze che posso ascoltare da una singola persona, soprattutto se pubblica, soprattutto se è pure considerata un’opinion leader (e dunque le sue sciocchezze sono per molti legittimate dal ruolo).
Lei, l’impresentabile, è Barbara Palombelli, giornalista radiofonica di una qualche gloria che da decenni ammorba di banalità e falso moralismo chi ha l’incautezza di leggerla o ascoltarla.
La signora si colloca in quella sinistra col portafoglio tutto a destra, più moderata della curia vaticana, sprofondata nel cachemire della vita, ispirata da Karol Wojtyla, Berlinguer e Dolce&Gabbana.

domenica 22 aprile 2012

Palinsesto pubblicitario a delinquere.

Guardo poco la tv, davvero il minimo necessario per soddisfare qualche curiosità culturale, risciacquarmi il cervello con alcune fiction ben fatte e tenermi ben aggiornato su 'ciò che la gente guarda' per avere qualche elemento in più per capire cosa la gente pensa e di cosa ha paura.
E nel mio poco permanere davanti allo schermo riesco ancora a irritarmi per l'usanza becera, irrispettosa, mai discussa e mai condannata che ha il duopolio Rai/Mediaset di sincronizzare gli intervalli pubblicitari per scoraggiarti dal cambiare davvero canale.

Sei su Rai2, il tuo investigatore preferito sta per scoprire perchè il cinese defunto ha un microchip nello stomaco, e lo spot dell'auto coreana che sprizza allegria entra col jingle deficiente; tu reagisci spostandoti su Italia1 per una mesta occhiata alla triste allegria delle Iene ma prima di te un'auto francese si è sostituita alla carrozzeria della signora Totti per sottolineare come nel traffico le francesi sputacchino meno anidride carbonica; vai a pisciare, ti prendi un bicchiere d'acqua, torni e c'è una birra allegra come un'auto coreana; skippi allora sul Rai1 sperando che ci sia una pubblicità di biancheria femminile e invece ci trovi Bruno Vespa che gobbeggia intorno a un serial killer; allerta! è il segnale che ovunque gli spot sono finiti in quel momento esatto, torni su Rai2 e del microchip hanno però già parlato, hai perso il filo delal storia e l'investigatore sale su un taxi e dice "insegua quell'auto".

Ecco, l'auto che ci insegue su tutti i canali è l'obiettivo primo del mezzo televisivo. Corre, l'auto, su inesistenti strade nel verde, con inesistenti autisti sorridenti, felici di portare la propria gioia di possesso verso divani sconosciuti. E, nel frattempo, l'impossibilità di sbirciare cosa fa la concorrenza durante quella pausa spot diventa un grande disincentivo a cambiare canale; specularmente, la certezza che quando c'è la pubblicità essa sia ovunque ci tranquillizza sul fatto che ovunque ci sia anche la stessa triste programmazione afona. La tv ormai esiste perchè esiste lo spot e il palinsesto risponde solo alle esigenze di riempire gli spazi tra uno spot e l'altro.
Ci tornerò, c'è molto da dire su questo tema, non sulla televisione, non mi merita, ma sul dominio del mercato sulla realtà.